L’infausto weekend di Coppa Davis ha visto un solo italiano trionfare: Diego Nargiso. Commentando la disfatta italiana in Kazakistan Diego ha alzato l’asticella dello sciovinismo su SuperTennis TV. Diego pensava di stare seduto in panca vicino a Barazzutti ma invece aveva un microfono davanti a sé
Avevamo finito di elogiare uno straordinario Adriano Panatta non più tardi di un mese fa, dopo averlo ascoltato nel suo scanzonato commento nelle fasi conclusive dell’Australian Open per Eurosport. Seguendo la tre giorni di Coppa Davis su SuperTennis TV abbiamo però scoperto un altro fuoriclasse assoluto del commento: Diego Nargiso. Nel ruolo di spalla a Fares, Nargiso ha dispensato buone analisi tattiche e spiegazioni tecniche, ma si è segnalato soprattutto per il tifo sfrenato per gli italiani. E che c’è di male, diranno alcuni. Niente. Se si è sul divano di casa o in tribuna. L’ex 67 del mondo, mai vincitore di un titolo Atp (due finali perse), all’epoca era famoso anche per giocare con la Alto e per essersi rifatto il naso, oltre che per le buone prestazioni fornite in doppio in Coppa Davis, specialità che prediligeva e che giocava con Camporese e Gaudenzi. Proprio in questa specialità raggiunse anche il numero 25 della classifica, perdendo una finale Davis contro la Svezia a Milano nel 1998. Diego ha concluso poi la sua carriera tentando la vita politica, candidandosi prima con Forza Italia e poi con Alleanza Nazionale. Sempre non eletto.
Tornato nell’ambito tennistico, con la International Tennis Academy, dove cura i suoi giovani (prima di accettare, su suggerimento di Novak Djokovic, il serbo Filip Krajinovic, partnership però conclusasi proprio in questi giorni), è approdato anche su SuperTennis TV, ostello di ex tennisti italiani di seconda fascia al commento. Noi e il grande pubblico avevamo imparato a conoscerlo in occasione della finale di Coppa Davis fra Svizzera e Francia del 2014, dove Diego sembrava il capo ultras della curva dei tifosi di Roger Federer. Tifava l’elvetico spudoratamente, e quando vide Chiudinelli alzare la coppa al cielo, fra sé e sé sicuramente masticò amaro, ripensando ai suoi compagni di squadra dell’epoca. Ad ogni modo a Diego tremava la voce quasi mentre commentava i gesti di Roger. Emblematico quando il suo idolo sbagliò una comoda volée alta a rete, con Diego che si lasciò andare in un “Noooo” che era pura disperazione da fan. Ma torniamo ai giorni nostri.
Questa volta Diego ha potuto superarsi. L’occasione infatti era quella ghiotta: commentare un match degli italiani in Davis, la specialità dove il Carneade può esaltarsi, unico ambito in cui il giocatore di seconda fascia può battere quello di prima. Fin dai primi commenti sul match di Bolelli opposto a Kukushkin, Diego si è adagiato nel suo ruolo di commentatore TV come se fosse nella clubhouse del circolo. Quando Bolelli, dopo aver lottato nel primo set, sprofonda nel punteggio contro Kukushkin, quando tutti hanno capito che il match è praticamente finito proprio perché abbandonato dallo stesso giocatore, Nargiso ha la soluzione: “Se solo Bolelli inverte un pochino gli errori, con qualche punto in più. Forza Simone, credici“. Subito, d’ufficio, un premio #GAC. Nel match di Seppi, il suo atteggiamento da commentatore compassato, quello dall’aria competente e dall’eloquio misurato, dura pochi minuti. Ben presto cominciano ad arrivare gli “Alé” e i “Forza”, arrivando poi letteralmente a gufare un doppio fallo di Golubev, stemperandolo – si sarà ricordato improvvisamente del suo ruolo di commentatore televisivo per qualche migliaio di spettatori – con una risatina che sembra quella di Mentana quando si autocompiace nell’imitazione di Crozza.
Il tono della sua voce è monocorde, dimesso, attenuato. Non riesce a far percepire a chi magari lo ascolta distratto i vari cambi di momento dell’incontro. A tratti, Diego ha l’entusiasmo di Auro Bulbarelli all’epoca dei commenti sulle gare di biliardo, quando invece da lui ci si aspetterebbe un po’ di brio per compensare il misurato entusiasmo di Fares. Anche quando lancia i suoi “Andiamo!”, Diego non è convincente. Sembra sempre artificioso, mai naturale, anni luce distante dal Santo Patrono dei commentatori TV per i match italiani di Coppa Davis, San Giampiero Galeazzi. Insopportabile poi quando si autopromuove. Il leitmotiv incessante parte sempre così: “Questa è una cosa che insegno ai miei ragazzi…”. Lo ripete come un ossesso, come a dire che lui sa quello che va fatto, come ogni ex giocatore, aggiungendo poi come si carica una palla senza peso o quale colpo andava eseguito in quella situazione.
A offrirci ristoro fra un commento e l’altro arrivano gli spot di Supertennis. Ma la situazione non migliora. Si passa dall’inquietante tizio dall’occhio alla Paul Newman e dallo sguardo allucinato che consiglia di aprire un bar nel circolo sotto casa, ad alcuni spettatori del Foro Italico 2014 che raccontano le loro emozioni sul torneo, con il tutto che termina con un tizio che si produce nel banale evergreen “Federer è il tennis”. Gli spot, praticamente tutti autopromozionali senza grandi sponsor esterni, sono ipnotici. Si lasciano apprezzare in fasi di montaggio più che altro per la colonna sonora, che adopera senza problemi pezzi Heavy Metal (“Kingdom Come” dei Manowar) e addirittura Black Metal (“Alsvartr The Oath” dei norvegesi Emperor).
Il giorno del doppio Nargiso è ancora più carico: è pur sempre la sua specialità. Frasette e banalità arrivano subito: “Sono un campione delle distorsioni io”; “Il primo break in doppio di solito è molto importante”; “I ragazzi sono presenti, si parlano, è molto importante avere questo atteggiamento in doppio”; “Le tattiche in doppio diventano fondamentali”. Intanto si va sotto nel punteggio, i kazaki arrivano a setpoint e lui: “Così non va”. Poi dice: “Con una formazione ad I si gioca così, con le finte”, non spiegando minimamente cosa sia questo schema (i due giocatori allineati al momento della battuta). Barazzutti si mette le gocce. Mistero? Lo risolve il detective Nargiso: “Si vede che avrà qualche problema agli occhi”. Nel lungo tiebreak del terzo set, vinto dai kazaki 15 a 13, Nargiso si sbilancia: “È il tiebreak dell’anno”. Ci mette un po’ a imparare il nome di Nedovyesov, con Fares che arriva spesso in soccorso. E ancora, mentre un inviperito Barazzutti lancia asciugamano e bottigliette per il recupero subito da 4 a 1 a 4 pari nel tiebreak, ci pensa Diego a tranquillizzare tutti da Roma: “I nostri sono tranquilli e calmi”. Poi inquadrano il capitano italiano con un filo di barba e Diego ride divertito.
Nargiso continua a spiegare nel dettaglio la tattica del doppio, spiegando come ci si posiziona e cosa andrebbe fatto in determinate situazioni di punteggio. Ne sa, è evidente. Però è sciovinista fino in fondo. Ogni palla dubbia degli italiani, lui la vede sempre a nostro favore. Se viene chiamata fuori è buona, e viceversa. Eppure la guarda come noi da un piccolo schermo a Roma. Nella stanza di Supertennis, evidentemente, è appeso al muro un foglio A4 con la foto del Presidente Binaghi, icona suprema come la foto di Mattarella nelle questure o nei tribunali. E quindi: “Sììììììì e vai che l’ha sbagliato!”, su uno smash di Golubev. Nel lungo tiebreak, Diego invoca Fognini per la chiusura in tre set (e per il pranzo a casa, evidentemente) : “Dài Fabio, mandali a casa dài, mandali a casa”.
E invece a casa ci andiamo noi, il terzo giorno di gare. Nargiso, che nel frattempo ha quasi imparato a pronunciare il nome di Nedovyesov, ci dice di stare tranquilli, che “Fognini non può perdere con questo”. Seppi ha già perso velocemente, aiutando a delineare i contorni del solito dramma italiano. L’Italia subisce il break nel quinto set, ma tranquilli: “Fa niente”, dice lui, che poi parlando dei prossimi tornei sul cemento americano fa: “Indian Wells e Miami, dove moltissimi giocatori si giocano la maggior parte della stagione“. E gli Slam sono dei momenti di svago, evidentemente. C’è un tiebreak, finiscono i primi tre punti, e lui: “Potevamo stare come minimo 3-0”. Come minimo, eh. Quando Nedovyesov vince il match della vita, condannandoci al mesto ritorno a casa, finalmente Diego gli rivolge un complimento. Per il kazako, arrivare a questo riconoscimento è stato anche più duro che battere Fognini.
L’arte della telecronaca è cosa difficile, lo sappiamo. Non ci si improvvisa commentatori per il tubo catodico da ex sportivi, anche se ci sono eccezioni clamorose. Supertennis svolge un lavoro eccezionale per il tennis in Italia: ci fa vedere praticamente tutto ciò che Sky e Eurosport non producono, evitandoci gli streaming. Senza tirare in ballo la solita filippica della TV gratis che trasmette tennis (è una TV finanziata dai soldi della FIT, che li prende dal Coni, quindi da noi, ma anche dagli oboli puntuali che la Federazione “estorce” a qualsiasi tennista da club – come gli 80 euro per cambiare circolo tennis da modesto tesserato chiesti al sottoscritto), vorremmo suggerire una piccola soluzione per quei nostalgici del commento tecnico e imparziale, i critici insensibili al tifo italiano dei vari Nargiso, Meneschincheri e via dicendo: l’audio originale. E se non fosse disponibile questa opzione allora ci basterà udire il rumore della pallina e quello del pubblico, quello sì libero di tifare in libertà.