“[…] i migliori in questo campo siamo noi”. Così cantava Edoardo Bennato in una delle sue composizioni più celebri ed è quello che, se solo non fossero baciati dall’umiltà di chi nella vita si è sudato ogni singolo traguardo, potrebbe dire di sé lo staff della Tennis Training School di Foligno, a cui la federazione ha attribuito proprio di recente l’ambito riconoscimento di miglior scuola tennis italiana per l’anno 2016. Lungo la strada del Sagrantino, in questo incantevole spicchio d’Umbria che dalla piana di Foligno – “lu centru de lu munnu” secondo la tradizione – si inerpica tra filari di viti, cantine e uliveti fino a Montefalco, più che nei collodiani gatto e la volpe ci si può dunque imbattere nel triumvirato, tutto sostanza, allegria e competenza, composto da Fabrizio Alessi, Fabio Gorietti e Federico Torresi. Maestri, nell’accezione più ampia del termine, che non più tardi di una decina di anni or sono hanno dato il là all’ambizioso progetto di portare il tennis già presente in Villa Candida su livelli di assoluta eccellenza. E non poteva esserci location più azzeccata per puntare così in alto se non, appunto, quella assicurata dal celebre edificio settecenteso griffato dal Piermarini – architetto, tra l’altro, anche del Teatro alla Scala di Milano e della Villa Reale a Monza – che lo sport, grazie alla passione della Tennis Training School, ha restituito al suo antico splendore. Che dire, missione compiuta e un valido motivo – per noi di Ubitennis – per celebrare questa bella realtà tutta italiana.
Se tutto intorno il verde ordinato dei prati strizza l’occhiolino al blu cobalto di un cielo per l’occasione eccezionalmente terso, varcata la soglia d’ingresso ci si spalanca un mondo nel quale, ben prima del tennis, è proprio l’uomo con tutte le sue esigenze ad essere il coccolato epicentro. Un mondo in cui l’organizzazione rigorosa dei tempi e degli spazi propria delle attività d’avanguardia come questa, anziché reprimerlo, riesce ad esaltare il concetto basilare di famiglia che qui, entro le mura di Villa Candida che trasudano storia, funge da indissolubile filo conduttore e riecheggia nei pensieri di tutti coloro che abbiamo avuto il piacere di incontrare. Professionalità sì, ma a misura d’uomo. La sensazione positiva che un avventore benché occasionale riesce a percepire rimbalzando tra playground e club house è quella di tornare nella propria città natia al termine di un lungo viaggio, per poi scoprire come tutto, in barba all’incedere inesorabile del tempo, sia rimasto proprio come lo si era lasciato il giorno dell’arrivederci. Quindi, persone indaffarate di tutte le età casualmente si incontrano, si abbracciano e si salutano con un sorriso spontaneo, ed è solo allora che, animate da questo spirito, scendono in campo. Per lavoro o per diletto, per una sessione di allenamento o per un’ora di svago, professionisti affermati o semplici aficionados della racchetta. Tutti, senza alcuna distinzione.
Il compito di far gli onori di casa è toccato a Fabrizio Alessi, Direttore della scuola, socio fondatore nonché tecnico nazionale di lunga data. Approfittando di una disponibilità non comune lo abbiamo intervistato a lungo e quella che segue è la sintesi del nostro incontro.
Direttore buongiorno, innanzitutto grazie per l’ospitalità. Ci vuoi raccontare un po’ di questa Tennis Training School?
La Tennis Training School è innanzitutto una scuola tennis che poi è anche circolo. Rispetto a come in genere sono strutturati gli altri club, la nostra può essere definita essenzialmente una scuola – di tennis ma non solo – con una appendice sociale, i soci che giocano. La predominanza è, appunto, la scuola e la nostra missione è insegnare e allenare e ogni nostra risorsa a disposizione è quindi finalizzata a quello. La nostra location è quella di Villa Candida che è stata inaugurata nel 1982 e ha sempre avuto un percorso proprio caratterizzato da una scuola tennis classica; noi come Tennis Training School, invece, abbiamo preso il via da zero, o quasi, solo nel 2007. Io, Fabio Gorietti e Alessio Torresi abbiamo ereditato la situazione precedente con soli otto bambini e da lì ci siamo chiesti se fosse possibile fare qualcosa di innovativo qui in Umbria. La storia di Villa Candida è quella di una ventina di appassionati di tennis che all’epoca rilevarono una villa abbandonata con del terreno intorno e vi crearono un club. Con un lavoro porta a porta hanno cercato i soci che poi sono diventati anche azionisti. Per 10-15 anni il club è quindi andato avanti col volontariato degli stessi azionisti poi la proprietà ne ha dato in gestione le strutture a delle associazioni. Ora c’è la Tennis Training School che, ripeto, sostanzialmente svolge una funzione di insegnamento.
Prima scuola d’Italia 2016 nella classifica stilata dalla federazione. Cosa significa?
Un grande orgoglio. Siamo stati giudicati migliori d’Italia perché ci sono, tra i criteri di assegnazione, dei parametri oggettivi legati sia all’attività individuale dei ragazzi che delle squadre. Ogni ragazzo che si allena qui da noi porta un certo punteggio, poi c’è l’attività dei professionisti a portare anch’essa un punteggio. E così via. Comunque non è stata una sorpresa. L’anno scorso siamo già arrivati secondi dietro al Parioli e per una scuola giovane come la nostra – a Foligno, in Umbria che è una regione di soli ottocentomila abitanti come un solo quartiere di Roma – era già un risultato eccezionale. Essere primi, però, ha significato trovare il nostro nome sulle locandine dei giornali in edicola e finalmente anche la città Foligno si è accorta di noi, di cosa facciamo, della nostra portata. Sembra paradossale ma, se gli addetti ai lavori di tutta Italia già da tempo ci conoscevano e riconoscevano la bontà del nostro operato, era proprio nella nostra città che difettavamo di popolarità ma ora con questo riconoscimento abbiamo colmato questa lacuna. Il Comune, proprio di recente, nella persona del Sindaco ed alla presenza del presidente regionale del CONI e di tutti i nostri ragazzi, ci ha premiato consegnandoci il gonfalone con riprodotto il simbolo di Foligno. Hanno speso parole molto belle che ci hanno fatto enormemente piacere.
Sempre a proposito di visibilità, una mia curiosità. Perché la scelta di rinunciare a priori alla possibilità di creare qui a Foligno una squadra per disputare i campionati nazionali? Non sarebbe un traino prezioso per la vostra immagine?
L’obiettivo dichiarato, come ti dicevo, è quello di allenare perché noi siamo una scuola. La strada è quella dell’alleniamo ma non tesseriamo. Certamente una squadra che disputi la seria A, o la serie B, sarebbe per noi un plus di visibilità ma il mio pensiero a riguardo è che per un socio, un ragazzo che gioca qui da noi o un bambino che inizia un percorso, sia più formativo vedere un Luca Vanni, per esempio, che si alleni qui tutti i giorni. Ammirarne il comportamento, la serietà e la professionalità giorno dopo giorno piuttosto che vederlo scendere in campo sporadicamente giusto qualche week-end all’anno e solo in occasione dei campionati. Siamo come una struttura matrioska: i ragazzi più grandi osservano e carpiscono i segreti dai professionisti e a loro volta sono presi ad esempio da i più piccoli che si affacciano al tennis. Così si forma un effetto traino benefico per la scuola.
Com’è il vostro rapporto con la Federazione?
Da tre anni siamo anche centro federale (precisamente un Centro Tecnico Permanente, ndr) perché la federazione per l’allenamento dei migliori Under 17, nell’ottica di decentrare l’attività di Tirrenia allargando la base del movimento, ha scelto quattro posti in Italia che sono Bari, Palazzolo sull’Oglio, Vicenza e, appunto, Foligno. Nel nostro caso lo ha fatto probabilmente per la centralità geografica e, soprattutto, perché alle spalle c’è un movimento consolidato di tecnici e giocatori, anche professionisti. Il nostro centro pertanto vive di continue sinergie con il nucleo della federazione. I rapporti sono quindi sempre ottimi intanto perché come ti dicevo poc’anzi ci hanno scelto come sede e di questo non possiamo che essere orgogliosi. Ti faccio un altro esempio. Alessio Torresi, un nostro socio fondatore, da quest’anno è stato assunto proprio dalla federazione e qui ha la sede del Centro Periferico di Allenamento che segue l’attività regionale dei ragazzi di età compresa tra 11 e 15 anni. Torresi, quindi, durante i week end organizza i raduni qui da noi per conto della federazione e così tiene sotto controllo la crescita una cerchia di ragazzini di massimo interesse.
Mi rendo conto sia difficile pensare a come migliorarsi quando si sono raggiunti i vostri livelli di eccellenza. Tuttavia se dovessi fissare un obiettivo per il 2017 cosa sceglieresti?
Il nostro obiettivo è intanto quello di mantenerci su questi livelli e poi di ampliare, in accordo con la proprietà, ulteriormente la struttura. C’è già un progetto in atto e che stiamo ultimando con un amico architetto che prevede la formazione di altri quattro campi in cemento e di creare una foresteria interna alla struttura. Ci auguriamo con ciò di far lavorare meglio sia i ragazzi che i maestri e, perché no, di dare qualche spazio in più ai nostri soci che attualmente non hanno a disposizione tantissime ore di gioco. Mi parli di sponsor? Quali sponsor? Anzi se ne hai ne tu qualcuno da suggerirmi lo annoto volentieri (ride). Sono periodi tutt’altro che floridi anche se limitatamente al tennis non è un brutto momento in quanto a popolarità. Rispetto alla mole di lavoro che svolgiamo abbiamo pochissimi aiuti, qualcosa solo grazie alla generosità di qualche amico. Come scuola abbiamo in atto piccole collaborazioni ma ci auguriamo che per il futuro qualche azienda possa farsi avanti.
Ho avuto il piacere di conoscerli di persona e di vederli allenare. Cosa mi dici dei tuoi professionisti, fiore all’occhiello della Tennis Training School?
Stupendi, con tutti. Nemmeno sembra che siano stati e siano giocatori tra i primi e più bravi al mondo. Sono persone squisite e di grande disponibilità con i ragazzi più giovani. Guarda, ho dietro di te che scorre in televisione l’immagine del calcio, penso che un giocatore di Serie B, tra virgolette, se la tiri molto di più di un tennista che può essere il numero cento al mondo (ride). Gli addetti ai lavori lo sanno bene ma forse il tifoso non conosce appieno la differenza tra i sacrifici che compie un tennista rispetto a quelli, per esempio, di un calciatore ed è forse questa fatica quotidiana che li rende così disponibili, così umili. Non vivo ogni giorno la realtà del calciatore ma mi è capitato in più circostanze di poterlo constatare di persona. Tornando alla scuola, la nostra è una grande famiglia della quale fanno parte dai figli maggiori – i nostri Pro – fino ad arrivare ai nipotini che si approcciano con il tennis. Sono tutti preziosi allo stesso modo e non bisogna mai trascurare nessuno. La storia di Luca (Vanni, ndr) lo dimostra, a 16 anni era solo un quarta categoria eppure col tempo ha ottenuto i risultati che sappiamo.
A proposito di ragazzini, quanto è difficile per le famiglie sostenere le spese connesse all’attività del figlio? E più in generale, c’è nel mondo del tennis un problema irrisolto legato a costi e ricavi?
Il tennis, non è una novità, è uno sport costoso. Non è solo l’allenamento a pesare sul bilancio, ci sono i tornei, le trasferte. Anche i più piccoli adesso sono in giro per l’Europa. L’attività è impegnativa, in base a quanto la famiglia può investire si può creare un percorso ad hoc per il ragazzo. Ultimamente c’è da dire che la federazione – che non può ovviamente aiutare tutti – i ragazzini di un certo livello prova a supportarli nelle spese. Ma i costi sono alti. Più che a livello nazionale, a livello internazionale si dovrebbe anche trovare un sistema di premiare di più, e meglio, i giocatori che gravitano fuori dai primi 200-300 al mondo. E qui veniamo alla questione montepremi che lontano dai grandi palcoscenici andrebbe a mio parere risolta. Io sono per la meritocrazia, ci mancherebbe, ma sarebbe forse opportuno mettere un limite ai guadagni dei più forti, la questione morale è proprio questa. Uno guadagna uno, due, dieci milioni di euro e poi basta, dai, quanto vuoi guadagnare? Se si mettesse questo tetto, contemporaneamente si potrebbe destinare di più per la seconda fascia di tennisti. Non è possibile che un atleta che vinca un Challenger, che è comunque torneo di alto livello, si porti a casa seimila euro lordi. Non va bene. Secondo me questi giocatori che non sono tra i primissimi dovrebbero essere maggiormente incentivati a continuare nella loro attività e con ciò ne beneficerebbe tutto il movimento. Anche se non so se realmente ci sia questo interesse ad ampliare la base perché, come nel calcio gli ascolti li fa la Champions League e non la Lega Pro, l’interesse ruota tutto intorno alle principali competizioni.
Capitolo finale: ringraziamenti di rito. Carta bianca…
Per cominciare ringrazio tutti i maestri, a partire da Fabio (Gorietti, ndr) in giù. Il lavoro del maestro è prezioso, una passione senza la quale non potrebbe essere svolto 365 giorni all’anno, feste incluse come hai potuto constatare in questi giorni. Poi ringrazio i professionisti che danno l’esempio e che spiegano con i fatti cosa significhi essere un giocatore e, ovviamente, ringrazio la proprietà che ci supporta e ci ha promesso ulteriori aiuti. Ecco, mi viene in mente una cosa che non si fa quasi mai. Spesso non si ringraziano a sufficienza i genitori che sono fondamentali. Mi spiego. In uno sport individuale come il tennis se non ci fossero i genitori sarebbe dura perché, per esempio, ogni ragazzino gioca circa 60 partite l’anno e non sempre può essere seguito direttamente dai maestri e quindi subentrano mamma e papà. Un grazie sentito va dunque ai genitori, disposti a modificare il proprio stile di vita pur di assecondare la grande passione del figlio.
Dopo aver assistito alla sessione mattutina di allenamento, abbiamo più o meno casualmente intercettato – sempre a proposito di disponibilità – Thomas Fabbiano e Luca Vanni.
Thomas, ti rubo solo un minuto. Dimmi quel che ti va sulla Tennis Training School…
Sono arrivato qui ormai quattro anni fa e dal primo momento ho subito trovato l’ambiente giusto, il migliore d’Italia in questo momento, per potermi allenare. La parola più adatta per la nostra scuola è a mio avviso qualità. Il giusto numero di campi e di maestri, tutti preparati e che vanno nella stessa direzione. A Foligno si vive bene. Mi manca la Puglia soprattutto per il clima perché il freddo non è tra le cose che preferisco, ma qui posso sopperire alle mancanze che ci sono dalle mie parti. Il punto forte della nostra scuola è la capacità di migliorarsi di continuo grazie ai piccoli investimenti che ogni anno si fanno. Mi chiedi se chiudo qui la carriera? Può succedere (ride). Per ora ci sono le condizioni migliori per continuare a lavorare.
Chiudiamo con te, Lucone. Stessa cosa, una battuta sulla scuola la vuoi fare?
Non voglio dire la solita ovvietà preconfezionata ad uso giornalistico ma davvero la prima cosa che mi viene da dirti pensando alla nostra scuola e quel che rappresenta è il concetto di famiglia. Qui siamo tutti dei seri professionisti – penso (ride) – chi più bravo e chi meno bravo, ma quello che conta è che ci consideriamo e siamo considerati tutti allo stesso modo, dal primo all’ultimo. É la verità, la cosa che mi viene dal cuore se parlo della mia esperienza nella Training Tennis School è proprio questa.
Per finire, un doveroso ringraziamento va a Roberto Fabbiano che si è adoperato nell’organizzazione della giornata.