da Parigi, il Direttore
NON UN GRAN TORNEO MA UNA GRANDE FINALE?
Non era stato un gran torneo ma una grande finale potrebbe riscattarlo. Spesso, a distanza di tempo, dei tornei ci si ricorda solo la finale e non tutto ciò che l’ha preceduta. E il ricordo e il giudizio su quel torneo resta condizionato dal suo epilogo. Credo francamente che ci siano le premesse per una grande finale grazie al contrasto di stile che Rafa Nadal e Stan Wawrinka dovrebbero assicurare. Di solito questo contrasto nelle fasi finali di uno Slam è stato in passato massimamente garantito quando c’era in campo Roger Federer e il suo rivale per antonomasia Rafa Nadal.
CONTRASTO DI STILE QUASI COME…
Ma anche il confronto fra Rafa Nadal, secondo me indiscutibilmente il più grande tennista della storia del tennis sulla terra battuta – Bjorn Borg gli arriva secondo – e il bombardiere Stan Wawrinka che ha vinto in cinque set e in 4 ore e 34 minuti la splendida semifinale contro quello strenuo e straordinario difensore che è Andy Murray, è a mio avviso quanto di meglio potevamo sognare.
DIAGONALE O LUNGOLINEA? DUE ESITI OPPOSTI
Già sulla linea della diagonale, il dritto mancino in cross di Nadal contro il rovescio anche strettissimo di Wawrinka, il match pare assicurare un grande, grandissimo spettacolo. E poiché il dritto di Rafa è più regolare del rovescio di Stan, Rafa deve essere considerato favorito, sebbene Stan potrebbe prenderlo in velocità, togliendogli il tempo per gli ampi ganci uncinati. Per Stan l’alternativa tattica più favorevole potrebbe venire dall’incisività (nella regolarità) del suo rovescio lungolinea sull’angolo più spesso lasciato scoperto da Rafa e in tal caso invece della diagonale diventerebbe decisivo il tennis down the line. Però non c’è giocatore al mondo che possa palleggiare costantemente lungolinea di rovescio. E contro il dritto di Nadal che proverebbe certamente a cambiare scenario. Anche un tennista che sappia, come Wawrinka, giocare eccellenti rovesci lungolinea, deve inizialmente aprirsi il campo con il diagonale e poi tentare il lungolinea vincente.
COME IL DJOKOVIC DEI BEI TEMPI
È quello che ha fatto contro Nadal il miglior Djokovic, quello dei bei tempi, disponendo il serbo di due fondamentali straordinari dei quali si avvaleva quando Rafa riusciva a difendersi molto bene con il dritto ma meno ben con il rovescio. C’erano due grandi fondamentali, insomma, contro uno. Ma la differenza, più che i colpi e gli angoli, potrebbe farla la superiore continuità “mentale” di Rafa, imbattibile per concentrazione quando sta bene fisicamente come quest’anno. Rafa è forse l’unico tennista al mondo che gioca un punto sul 40-0 come sullo 0-0, e sul 5-0 ancora come sullo 0-0. Questa è la sua grande forza. Perché poi i punti importanti li gioca ancor meglio!
COMUNQUE STORIA
Speriamo che questa attesa finale, comunque storica sia nel caso in cui Rafa conquisti la storica “decima” anche al Roland Garros come già a Barcellona e Montecarlo – e il quindicesimo Slam, tre meno di Roger ( ci pensate che poteva rischiare di essere uno solo se in Australia Rafa non si faceva sfuggire un vantaggio di 3-1 nel quinto set?), sia nel caso che a Wawrinka riesca il poker in quattro finali di Majors, non ci deluda tutti. Non chiedetemi per chi io tifi. Tifo solo e unicamente per la partita, perché sia bella, e perché chi la vincerà possa esserne super orgoglioso. Wawrinka ha vinto tutte le finali di Slam che ha giocato. Anche Kuerten vinse le sue prime tre, tutte qui a Parigi. Stan invece le ha vinte in tre posti diversi, in Australia nel 2014, a Parigi nel 2015, a New York nel 2016. Un mostro. Però delle tre quella in cui mi convinse di meno fu proprio quella in Australia contro Nadal. Rafa ebbe un evidente problema fisico. Non potè più servire.
LA FINALE MENO CONVINCENTE VINTA DA STAN
Senza quell’inconveniente non so come sarebbe andata a finire. Ebbi l’impressione che Rafa restò in campo fino all’ultimo perché era una finale di uno Slam, perché c’era il sold out nella Rod Laver Arena, perché era il primo Slam che Wawrinka poteva vincere e sarebbe stato brutto togliergli la soddisfazione di conquistarlo sul campo. So che i suoi detrattori non la pensano così, ma secondo me invece restò in campo fino alla fine per fair-play. In tutti c’era il ricordo di quel brutto, bruttissimo gesto di Justine Henin che, accusando un problema allo stomaco, si ritirò nella finale del 2006 in Australia contro Amelie Mauresmo sul 6-1 2-0 per la francese che, come Stan, non aveva mai vinto uno Slam.
CHE BRUTTA STORIA IL RITIRO DI JUSTINE HENIN
Justine avrebbe potuto benissimo restare in campo fino alla fine. Non sarebbe svenuta per un mal di pancia. Così come Rafa non aveva un dolore tale da impedirgli di restare in campo fino alla fine. Justine se ne infischiò di tutto, Rafa no. Prima di pensare alla finale e a come sarà lasciatemi dire intanto che abbiamo visto una grande semifinale, quella vinta da Wawrinka. Ed è stato bello, emozionante, vedere più volte gli spettatori del Philippe Chatrier alzarsi tutti insieme per svariate meritatissime “standing ovation”.
QUANTE STANDING OVATION PER STAN VS ANDY
Quattro ore e mezzo di grandissimo spettacolo fra un attaccante che bombardava dritti e rovesci di straordinaria potenza, intensità sempre crescente, incisività, decisamente il più grande difensore contemporaneo. Cosa è stato capace di recuperare Murray oggi, smash compresi, ha dell’incredibile. Tatticamente ha provato tutto, lob, cambi di ritmo, palle corte, attacchi. Non è riuscito a chiudere le volée come avrebbe desiderato (“A rete dovevo giocare meglio”) e soprattutto non è riuscito a essere aggressivo perché Wawrinka lo spingeva sempre sui teloni di fondocampo. “Lo scorso anno Andy era stato più aggressivo – ha detto Wawrinka forse non rendendosi conto di quanto spingesse lui – forse è una questione di fiducia”.
MURRAY FAVORITO N.1 A WIMBLEDON
Ma è un Murray in grande progresso quello che ho visto contro Wawrinka e che secondo me giocherà Wimbledon da favorito…a meno che Roger Federer si ripresenti nelle stesse condizioni di forma palesate all’Australian Open e ai due Masters 1000 di Indian Wells e Miami. Tre miracoli Roger li ha già fatti, si deve credere anche nel quarto? Ci vuole molta fede (come per tutti i miracoli!).
PERCHÈ CREDO PIÙ IN MURRAY
Penso questo perché se sulla terra rossa Andy subisce un po’ troppo l’aggressività altrui, sull’erba invece il suo servizio diventa più efficace – contro Wawrinka ha messo a segno un solo ace pur servendo soltanto il 57% di prime palle – e i suoi colpi sono meno attendisti. Sull’erba è costretto ad anticipare. E il suo tennis diventa più aggressivo. Ha vinto due titoli a Wimbledon, più l’oro olimpico. Non è un caso. Lui guadagna su quella superficie, gli altri – escluso Roger Federer naturalmente– invece perdono qualcosa, soprattutto Nadal, al di là dei suoi due trionfi (piuttosto sorprendenti) in Church Road. Ma anche Wawrinka con le sue poderose e ampie sbracciate… sull’erba è un tantino meno temibile, con il suo tennis più di forza che di tocchi. Sull’erba chi riesce a giocare colpi “corti”, davanti al corpo, è avvantaggiato. Il Djokovic depresso, spento, visto in crisi psicolgica qui, direi che al momento fa ancora meno paura. Ma di Wimbledon e su Wimbledon avremo tempo per dissertare.
STAN WAWRINKA MI RICORDA IVAN LENDL
Intanto commentiamo il Wawrinka visto questo venerdì. Forse nessuno giocatore ho visto capace di spingere in progressione sia di dritto sia di rovescio come lui, in tanti anni che vedo e scrivo di tennis. Se dovessi ripensare a uno che gli si potrebbe avvicinare direi che potrebbe essere – fatte le debite proporzioni con il tennis di una trentina di anni fa – proprio il coach di Andy Murray, Ivan Lendl. All’inizio della carriera, quando però Ivan a differenza di Stan perdeva ancora diverse finali – ruppe il ghiaccio nell’84 qui a Parigi in quella famosa rimonta ai danni del miglior McEnroe mai visto sul “rosso” – e ricordo che si scriveva di un Lendl vittima di un “complesso Slam”, il ceco riusciva ad andare in progressione, sfondando gli avversari, quasi soltanto con il dritto e anche a seguito di una bella botta di servizio. Poi, lavorando metodicamente con la sua abnegazione certosina, Ivan migliorò talmente anche sul rovescio che divenne capace di mettere un po’ tutti alle corde con entrambi i fondamentali. Mats Wilander nella finale dell’US open 1988, dopo aver perso quella della 1987, si rese conto che stando dietro non ce l’avrebbe mai fatta a frenare quei bombardamenti e si decise allora a buttarsi a rete come non aveva mai fatto per sottrarsi a quella gragnuola di pallate in progressione.
STAN THE MAN SGRETOLA I MURI
Ecco, Wawrinka da cinque anni a questa parte – e non lo avrei mai immaginato quando ad inizio carriera il dritto era un colpo assolutamente insicuro e lo vidi rischiar di perdere con il nostro Flavio Cipolla all’US Open (Cipolla aveva un tennis classico, rovescio monomane, leggero come una piuma) – è diventato un formidabile puncher. Tira botte pazzesche e se ti mette all’angolo alla fine ti tramortisce. È capace di tirarne quattro, cinque, sei, sette pallate di fila – qualcuno li chiama comodini – negli ultimi 25 centimetri quadrati dell’angolo di sinistra. Finchè uno, sebbene muro quanto si vuole come Murray, alla fine è costretto a sventolar bandiera bianca. E il muro si sgretola. Fateci caso: 87 punti vincenti contro uno che si difende come Murray (36 quelli dello scozzese e questa non è una sorpresa) è davvero tanta, tantissima roba.
LA STRENUA DIFESA DI ANDY BRAVEHEART
Murray Braveheart si è difeso strenuamente con un superbo Wawrinka che aveva quasi sempre il pallino del gioco. Lo scozzese ha giocato la miglior partita di un anno fin qui poco brillante: “Sono stato a un tiebreak dalla finale”. In effetti era 2-2 a cinque punti dalla seconda finale di fila qui. Ma Wawrinka avrebbe potuto vincere il match in tre set: ha servito sul 5-3 nel primo, è stato avanti 3-0 e 4-2 nel terzo, due set invece malamente perduti. Nel quinto set Murray era senza benzina. Aveva corso molto di più.
RAFA NADAL E L’IMBATTIBILE RECORD DI BORG
Ma due sole parole su Nadal: è tanta roba anche aver lasciato solo 29 games in 6 incontri. Meno di cinque games di media a match. Borg ne perse solo 32 in tutto il torneo del ’78, ma Wawrinka non è… Barazzutti che in semifinale con Borg perse 6-0 6-1 6-0 e alla fine stringendogli la mano, la leggenda racconta che disse: “Grazie per avermi fatto fare quel game!”. Almeno quel record a Borg Nadal non potrà toglierglielo. Almeno quest’anno.
LA REGOLARITÀ DI HALEP E L’INCOSCIENZA DI OSTAPENKO
Oggi finale donne inedita: Halep favorita, ma la ventenne Ostapenko ha tutti i colpi, che rischia con rara incoscienza. Se le stanno dentro…