dall’inviato a Londra
Dopo l’ottimo secondo turno conquistato al Roland Garros, facendosi largo nelle qualificazioni, Stefano Napolitano è tornato in campo. La caccia al suo terzo tabellone principale tra i “pro” non poteva iniziare in un contesto più diverso da quello parigino: dal 3 su 5 estenuante sulla bollente terra di Porte d’Auteuil, il biellese attraversa la Manica e si ritrova sull’erba del Queen’s Club, immerso nell’azzurro rinfrescante del cielo londinese (per il momento sereno). Per Napolitano si trattava del primo incontro su erba dal 2013, quando da poco diciottenne partecipò alla sua ultima edizione di Wimbledon juniores e raggiunse le semifinali nel Futures di Felixstowe. La poca abitudine a una superficie così bella ma così insidiosa si è palesata tutta negli appena 5 game vinti in 65 minuti contro Pierre-Hugues Herbert. Il francesino è uno dei migliori giocatori da prato del circuito, e nonostante il ranking dica 75, su campi come questi vale almeno trenta posizioni in meno: pescarlo nelle qualificazioni qui è stata sfortuna pura e semplice. Breakkato a zero in avvio, Napolitano è riuscito a giocare soltanto saltuariamente un servizio e un back di rovescio fruttuosi. Una buona manualità, qualche guizzo e la pazienza di non uscire dal match valgono comunque al più giovane top 200 italiano perlomeno due medagliette di consolazione: aver strappato il servizio a Herbert per ben due volte, e avergli annullato 5 match point. Il ragazzo ha ancora margini di crescita e parlare di passo indietro dopo il match di oggi sarebbe sciocco: il consiglio è quello di lodare la sua ambizione – quanti ventiduenni avrebbero preferito un più sicuro Challenger? – e guardarlo ripartire altrove, con una piccola esperienza in più.
Assai meno lati positivi invece nella sconfitta di Frances Tiafoe, eliminato in tre set dalla wild card britannica Liam Broady (il fratello minore di Naomi) davanti a un pubblico troppo disinteressato per poter essere considerato un fattore determinante. Gli spettatori sulla tribunetta del nuovo court 1, spostato questo inverno e ridimensionato per consentire l’ampliamento del centrale, avevano in gran parte il collo ruotato verso il campo di fianco. Su di esso si sfidavano Denis Shapovalov e l’enorme Reilly Opelka, diciotto e diciannove anni, due dei cinque Next Gen a tentare l’arrampicata verso il main draw degli Aegon Championships. Nonostante il supporto di Sam Querrey, che torreggiava tra i curiosi pigiati nel corridoio erboso di fianco al campo, e nonostante un match point a favore nel tie-break finale, sul quale però ha potuto zero contro la prima di servizio slice del mancino canadese, il “John Isner del domani” ha ceduto. Opelka si è lamentato di qualche chiamata arbitrale in avvio, fino al punto di gridare “I don’t want to play anymore” e incamminarsi di qualche passo verso il borsone, ma poi è rinsavito e con educazione ha dato quanto aveva da dare. Con il servizio quasi mai in pericolo, il maggior numero di direzioni e velocità a disposizione di Shapovalov è stato decisivo: lo testimonia la risposta tra i piedi dell’avversario che lo ha incoronato vincitore.
Risultati:
[3] P.H. Herbert b. S. Napolitano 6-1 6-4
T. Kamke b. [2] J. Donaldson 6-1 7-6(4)
[WC] L. Broady b. [1] F. Tiafoe 6-1 6-7(2) 6-2
[WC] D. Shapovalov b. [7] R. Opelka 6-3 3-6 7-6(6)
[6] J. Benneteau b. A. Santillan 6-3 6-1
S. Kozlov b. [8] K. De Schepper 6-7(4) 6-3 6-4
[4] J. Chardy b. [WC] E. Corrie 6-4 5-7 6-3
[5] J. Thompson b. D. Kudla 7-5 6-7(7) 2-6