È tornata. Forse è troppo presto per considerarla favorita a Wimbledon, soprattutto al termine di una semifinale di fatto non disputata, ma Petra Kvitova c’è eccome e ha dimostrato di essere tornata competitiva, soprattutto mentalmente. Se il talento e i colpi della ceca non sono mai stati in discussione, la prova di forza che questo suo ritorno alle competizioni, dopo la tragedia dello scorso dicembre, sta mostrando al mondo è fuori dal comune. Domani andrà a caccia del ventesimo titolo (sarebbe il terzo su erba dopo il doppio successo ai Champioships), ma ha già vinto la sua battaglia più importante.
Il pubblico di Birmingham accoglie calorosamente l’ingresso di Petra Kvitova (16 WTA) e Lucie Safarova (41 WTA) in quello che si potrebbe considerare un derby “al cubo”, essendo le due giocatrici non solo connazionali, ma anche entrambe mancine e vestite con identici completini blu. I precedenti sono impietosi nei confronti di Lucie: 9 sconfitte su altrettanti incontri e tre soli set conquistati. Il primo set di fatto non si gioca o meglio, si gioca secondo le regole e i ritmi di Kvitova, che come spesso abbiamo avuto modo di vedere, specialmente sui prati, sono difficilmente sostenibili per molte giocatrici. Petra entra in partita con piglio deciso e comincia a bombardare senza sosta la connazionale. Nei primi tre giochi Safarova raccoglie un solo punto e si limita per lo più a guardare sfrecciare i proiettili di Kvitova, che si infrangono sui teloni di fondocampo senza sfiorare quasi mai la sua racchetta. La bi-campionessa di Church Road trasmette un senso di onnipotenza tennistica veramente disarmante: il servizio è un’arma impropria oggi, mentre dritto e rovescio flirtano con le righe alternando soluzioni di potenza alla ricerca di angoli stretti. La risposta vincente di dritto che sigla il doppio break di vantaggio è la fotografia perfetta del dominio di Petra. In quindici minuti siamo già sul 5-0 e la clemenza di Kvitova evita il bagel alla finalista del Roland Garros 2015. C’è spazio per un po’ di pathos nel settimo gioco quando la numero 16 del mondo si cancella da sola tre set point con errori banali e concede due palle break. L’intervento salvifico del servizio rimetterà tutto apposto: 6-1 in 26 minuti. Purtroppo anche il secondo set non si gioca, ma stavolta letteralmente. Safarova infatti dopo aver subito il break in avvio si ritira, proiettando la propria connazionale in finale. Sfiderà Muguruza (contro cui conduce 2-1 nei precedenti) o Barty (Petra ha vinto l’unico confronto diretto).
Nella seconda semifinale, scendono in campo, sotto un cielo plumbeo, Garbine Muguruza (14 WTA) e Ashleigh Barty (77 WTA), al loro primo confronto in carriera. La giovane australiana non gode certo dei favori del pronostico, essendo più nota come doppista (ha fatto finale in tutti i tornei dello Slam, sempre in coppia con Casey Dellacqua), ma quest’anno è in ascesa e ha anche conquistato il suo primo titolo in singolare a Kuala Lumpur. Già nel primo gioco, Barty è costretta a fronteggiare una palla break, annullata con un’ottima discesa a rete. Superato questo primo spavento, l’australiana comincia difendersi meglio con la battuta (soprattutto grazie alla seconda, lavorata ed efficace), pur patendo lo scambio da fondo nel quale Muguruza si dimostra nettamente superiore. Il pressing della spagnola inizia a fare effetto e nel settimo game, una serie di accelerazioni molto profonde le procurano il break. Confermato il vantaggio, la tennista nativa di Caracas vince un game atipico per lei, giocato tutto in difesa, che le vale la conquista del primo set. Nel secondo parziale, Barty salva una palla break nel secondo gioco e nel contempo inizia a utilizzare maggiori variazioni. Le soluzioni slice in particolare sembrano sortire l’effetto sperato e mandano spesso fuori giri Muguruza. Proprio grazie a questo colpo e a un braccio di ferro vinto sulla diagonale del diritto, la 21enne di Ipswich strappa la battuta all’avversaria nel quinto gioco. Muguruza è visibilmente in imbarazzo di fronte ai cambi di ritmo della giocatrice australiana, ma soffre ancora di più il fatto di non riuscire a sfondare da fondo (“Colpisce forte sul mio dritto!” dirà al proprio coach, durante un cambio campo). Barty è entrata in fiducia e difende il break fino alla fine, approdando dunque al terzo set.
La spagnola continua a sbagliare e perde il servizio a zero nel terzo gioco. Avrebbe la chance di un immediato controbreak, ma non riesce a sfruttarla. Da qui in poi non riesce più a uscire dal pantano dei propri errori, mentre Barty è in stato di grazia e mette la palla dove vuole. Quattro giochi vinti consecutivamente la proiettano sul 5-1, quando sul servizio di Muguruza riesce a procurarsi due match point, ben annullati dalla spagnola. Al momento di servire per chiudere la partita il braccio però trema e Barty si fa breakkare. L’australiana non è però l’unica ad avvertire la tensione e nel gioco successivo, Muguruza restituisce il favore, aprendo alla propria avversaria le porte della finale.
Barty affronterà dunque Kvitova (0-1 i precedenti) nella sua seconda finale dell’anno ed è già certa di ottenere il suo best ranking (53, con un balzo in avanti di oltre 20 posizioni), mentre la spagnola ancora non riesce a vedere la luce in fondo al tunnel di cattivi risultati, imboccato ormai un anno fa dopo la vittoria a Porte d’Auteil.
Risultati
[7/WC] P. Kvitova b. L. Safarova 6-1 1-0 rit.
A. Barty b. [6] G. Muguruza 3-6 6-4 6-3
Lorenzo Colle