Il commento del Direttore al day 8:
Il commento al day 8 del Direttore con Steve Flink:
La giornata dei quarti di finale femminili è stata complicata, a causa del meteo prima incerto e poi decisamente brutto. Il cattivo tempo ha lasciato disputare solo un match e mezzo sul Court 1 prima che si dovesse ricorrere al Centrale per completare il programma, altrimenti impossibile da svolgere senza riparo. Tre partite si sono concluse in due set e solo una, quella che avrebbe deciso la numero uno del ranking WTA, ha avuto bisogno del terzo set.
Hanno iniziato per prime le “spagnole” Muguruza e Kuznetsova (Svetlana si allena da anni in Spagna) che hanno dato vita a un match stranamente controllato sul piano agonistico. Mi è sembrata perfino troppo facile la vittoria da parte di Garbiñe (6-3, 6-4), che ha trovato una avversaria meno combattiva del solito.
In realtà non si può nemmeno dire che Sveta abbia giocato male, anzi: le statistiche parlano di un saldo positivo di +9 per lei (vincenti/errori non forzati: 21/12) ma secondo me lo ha fatto senza guizzi, anche quando era sotto nel punteggio e forse avrebbe dovuto osare di più.
Era una quarto di finale di Wimbledon: da una giocatrice di talento come Kuznetsova, in grado di eseguire qualsiasi colpo, mi aspetto che, prima di lasciare via libera alla sua avversaria, le provi tutte: magari perda perché tende a strafare. Forse il fatto di essere indietro negli scontri diretti e di avere perso gli ultimi quattro, l’ha fatta scendere in campo meno convinta. Un peccato.
A Garbiñe sono bastati un break per set, e ha risolto la pratica, senza grandi patemi. Nessun servizio perso da Muguruza in tutto il match. Da notare che il suo saldo complessivo (vincenti/gratuiti) è peggiore rispetto a quello di Sveta: addirittura -1 (14/15). Ma a fare la differenza sono stati gli errori forzati, cioè procurati dall’avversaria: solo 15 quelli di Muguruza a fronte dei 33 di Kuznetsova. Significa che nella conduzione del gioco Garbiñe è stata di gran lunga più incisiva.
Se Kuznetsova mi ha un po’ deluso, credo si sia avuta la conferma che Muguruza è una giocatrice da grandi eventi. Un “cavallo di razza”, si diceva una volta, descrivendo gli sportivi che aspettano gli appuntamenti clou per dare il meglio di sé, e poi magari vivacchiano nel resto della stagione. La mia impressione è proprio questa: Garbiñe riesce a impegnarsi al 100% solo quando la posta in palio è veramente alta. Forse le pesa la routine del circuito, e per essere se stessa in pieno deve vivere la sfida ai massimi livelli. Del resto sono ormai due stagioni che rimane ai piani alti del ranking grazie soprattutto ai risultati negli Slam, mentre nei tornei WTA fatica a esprimersi con la stessa qualità.
Avversaria di Muguruza sarà Magdalena Rybarikova, la più grande sorpresa del torneo. Entrata in tabellone grazie al ranking protetto (e al forfait di Shvedova), la numero 87 del mondo ha sconfitto al secondo turno la numero 3 e prima favorita del torneo Pliskova; e da quel momento ha acquisito fiducia e consapevolezza dei propri mezzi. Da lì in poi ha continuato a macinare gioco e avversarie.
Nei quarti di finale a farne le spese è stata una Vandeweghe un po’ sottotono. In conferenza stampa CoCo ha detto che negli Slam si deve giocare bene per due settimane, e la giornata-no costa cara. In realtà la giornata-no si paga anche nei normali tornei WTA: fatto sta che, contro Rybarikova, Vandeweghe ha esordito nel primo game perdendo il servizio con un doppio fallo, e da lì in poi ha passato la giornata a inseguire, senza però mai riuscire a recuperare.
Nel secondo set Rybarikova ha perso la battuta a zero in apertura, ma ha immediatamente ottenuto il controbreak e poi ha chiuso senza troppi problemi 6-3, 6-3. Da notare che in tutto il match, a parte il passaggio a vuoto citato, Magdalena non ha concesso palle break.
Avevo seguito Vandeweghe nel suo impegno di primo turno contro Mona Barthel e mi era sembrata meno orientata a spingere i colpi rispetto al passato. Avevo interpretato il suo tennis più controllato e meno brutalmente potente come una scelta tattica. Ma alla luce dell’ultimo match ho il dubbio che CoCo spingesse meno rispetto agli anni scorsi semplicemente perché non si sentiva tecnicamente altrettanto a posto.
Alla fine Rybarikova ha quasi giganteggiato, con il suo tennis perfettamente adatto alla superficie. Luca Baldissera è entusiasta che ci sia una tennista che interpreta l’erba con gesti tecnici davvero appropriati, che esaltano le specificità del gioco sui prati: movimenti rapidi, aperture limitate, risposte bloccate, uso degli slice. Vandeweghe non è riuscita a sprigionare la sua potenza e nel momento in cui la partita è stata decisa soprattutto sul terreno della tecnica si può dire che il suo destino fosse segnato.
Nella parte bassa del tabellone si affronteranno in semifinale Venus Williams e Johanna Konta. Williams contro Ostapenko era una sfida ricca di fascino: due vincitrici Slam agli antipodi per età ed esperienza. Ne è uscito un match sicuramente interessante, ma secondo me non straordinario (6-3, 7-5). Venus ha messo in campo tutta la sua maturità tennistica e, senza avere bisogno di arrivare a picchi di gioco altissimi, ha saputo gestire al meglio quasi tutti i passaggi-chiave del match. E così ha fatto emergere l’inesperienza di Jelena, che dopo i successi parigini ha sì cambiato status ma non carta di identità: stiamo pur sempre parlando di una ventenne, e alla sua età nel tennis contemporaneo è praticamente impossibile essere completamente mature sul piano tecnico e psicologico.
Venus è scesa in campo decisa a non subire l’aggressività di Jelena e ha messo in pratica al meglio il suo progetto, spingendo di più con i colpi di inizio gioco. Non solo al servizio ma anche in risposta. Qualche numero per comprendere quanto il match si sia deciso su scambi cortissimi. Si sono giocati in totale 118 punti. Ebbene, di questi 118 punti, 94 sono stati scambi fra 1 e 4 colpi. Di questi 94, Venus ne ha vinti 58, Jelena 36. E’ davvero una differenza consistente (22 in più), non riequilibrata dal fatto che quando il palleggio si è allungato Ostapenko ha prevalso: 16 punti a 8 in tutti gli scambi più lunghi.
Insomma, fra le due è stata Venus quella più aggressiva e in questo modo ha tolto l’habitat di gioco preferito alla più giovane avversaria. E così, una dopo l’altra, le tre giocatrici del 1997 (Osaka, Konjuh, Ostapenko) che hanno affrontato Venus Williams sono state “rimandate”dalla professoressa Venus all’esame di riparazione. Hanno ancora qualcosa da imparare dalla cinque volte vincitrice di Wimbledon.
Ultimo quarto di finale, Konta contro Halep. Match con due top ten in campo. Unico deciso al terzo set: 6-7, 7-6, 6-4 in due ore e 41 minuti.
Il saldo vincenti/gratuiti ci dice che si è trattato di un incontro di alta qualità: Konta +12 (48/36) Halep +17 (26/9). Alla fine ha prevalso chi ha cercato di più il vincente (Konta) su chi ha sbagliato meno (Halep). Come spesso succede su erba.
Del confronto mi hanno soprattutto colpito due aspetti. Il primo è stato la capacità di Johanna di gestire lo stress: ha proposto un tennis di alto livello malgrado la pressione di un’intera nazione che comincia veramente a credere al successo di una giocatrice di casa, e vorrebbe rivivere i fasti di 40 anni fa (1977) quando il torneo venne vinto da Virginia Wade.
Il secondo aspetto è il ruolo di eterna (?) incompiuta di Simona Halep. Malgrado giocasse in un Centre Court compattamente schierato per la sua avversaria, è stata in grado di arrivare a due punti dalla vittoria (sul 5-4 del tiebreak nel secondo set), ma a quel punto non è riuscita ad andare oltre. E così ha mancato non solo l’approdo in semifinale ma anche la possibilità di diventare numero uno del mondo.
Cominciano a diventare tante le occasioni mancate da Simona ad appena un passo dal raggiungimento. Forse quella meno dolorosa è stata la prima, la sconfitta al terzo set nella finale di Parigi contro Maria Sharapova nel 2014. Ma poi è arrivata la seconda sconfitta al Roland Garros (2017) contro Ostapenko, dopo essere stata avanti di un set, un break, e avere avuto l’occasione addirittura del 6-4, 4-0.
Aggiungerei anche il Masters del 2014, quando sembrava la più forte del lotto, Serena a parte. Dopo aver dominato Serena nel round robin, per correttezza l’aveva mantenuta in corsa e poi era stata battuta proprio da Williams in finale. Infine la partita contro Konta appena terminata.
L’aspetto forse più preoccupante di questi avvenimenti è che l’unica costante è il “secondo posto” di Simona, mentre chi se ne avvantaggia è di volta in volta un’avversaria diversa.
Va detto che non era a Wimbledon che si aspettava l’impresa da lei, e sono quasi certo che abbia patito di più la sconfitta di Parigi rispetto a quella di Londra, perchè penso che in Francia fosse convinta di essere tecnicamente la più forte. E per un set e mezzo lo aveva dimostrato.
In conferenza stampa Halep ha cercato di essere positiva, partendo innanzitutto dalla consapevolezza di avere perso, ma di averlo fatto giocando bene. Questo è sicuramente vero: se Simona ha la forza di non farsi abbattere da queste delusioni, rimane una giocatrice con un repertorio tecnico completo e la possibilità di fare bene su tutte le superfici e contro tutti i tipi di giocatrici.
E non credo nemmeno che non provi ad evolvere il suo gioco, perché contro Johanna ha condotto le fasi migliori del match in posizione estremamente avanzata, avvicinandosi a quel tipo di tennis “ping pong” che sui campi veloci può dare ottimi risultati. Significa che continua a lavorare su se stessa per aumentare le soluzioni di gioco a disposizione.
La conseguenza della sconfitta di Simona Halep è che la nuova numero uno del mondo sarà Karolina Pliskova. E così il tennis ceco ritrova la leadership mondiale dopo Martina Navratilova. Per Pliskova un primo posto raggiunto grazie alla combinazione di risultati, secondo il meccanismo degli scarti, con il sapore agrodolce di un sorpasso eseguito quasi in retromarcia. Paradossalmente Karolina raggiunge uno dei più grandi traguardi per la carriera di una giocatrice proprio nel torneo della massima delusione. Forse questo modo di diventare numero uno, senza passare da un grande successo in uno Slam, le darà maggiori responsabilità, perché dovrà smentire le inevitabili critiche che piovono sulla testa delle regine senza corona (chi primeggia nel ranking senza avere vinto Major).
Nel day 9 di Wimbledon non sono previsti incontri di singolare femminile: il torneo delle donne si prende una pausa. È l’occasione per riordinare le idee e prepararsi per le semifinali. Avremo ventiquattro ore a disposizione per approfondire i contenuti delle due partite di giovedì. Per il momento, chiudo con una brevissima anticipazione: i confronti diretti fra le quattro protagoniste ancora in corsa.