Con questo articolo chiudiamo le nostre celebrazioni. Speriamo che sia stato tanto bello per voi quanto per noi ritrovare quei momenti che accompagneranno, forse per sempre, la nostra vita di appassionati di tennis. Nell’attesa di riviverli.
“When i started this tournament, one month ago, I take a big decision on my life… and this is the way I would like to say goodbye to tennis”. È questa, incertezze linguistiche comprese, la dichiarazione shock di Flavia Pennetta dopo aver vinto a 33 anni lo US Open, il torneo più importante della su carriera.
La sua amica e rivale in finale Roberta Vinci, l’intervistatrice della ESPN, il pubblico dell’Artur Ashe Stadium e tutti gli appassionati di tennis italiani sono sconvolti e increduli davanti a questo improvviso epilogo. “Ma come Flavia, ti ritiri proprio ora che hai alzato al cielo il trofeo del tuo primo Slam?” La giornalista cerca di confortarla in quello che si suppone essere un momento difficile per un atleta, quello in cui si dice basta. Ma lei continua a ridere beata e le risponde “You don’t have to be like this, I’m really happy”. E ride ancora. “I think it’s what all the players want to do, going out with this big trophee home”. Applausi di rito, MTO emotivo, lacrime, ancora di gioia apparentemente più che di tristezza. “This is my last match at the US Open and I couldn’t think to finish in a better way” a fugare ogni dubbio.
Riassumendo: Flavia Pennetta, una tennista italiana con alle spalle 15 anni di tornei, vittorie, sconfitte, viaggi, sacrifici, infortuni sul tour, appende la racchetta al chiodo, trionfando sul mastodontico centrale di Flushing Meadows e tenendo fede ad una propria scelta premeditata, magari in vista di mettere su una famiglia insieme al fidanzato Fabio Fognini. Qualcuno se la sente di sindacare sulla legittimità di questa scelta e convincerla a fare marcia indietro?
Sì e ben più di qualcuno in Italia, patria dell’incoerenza e del melodramma che pretende di vedere incoerenza e melodramma. Si mette in prima fila ai microfoni di Radio24 il presidente della Federazione Italiana Tennis (FIT), Angelo Binaghi affermando “di dover riapprofondire questo argomento con Flavia che probabilmente sul grande slancio emotivo ha rilasciato questa bellissima dichiarazione”. Binaghi prosegue sottolineando come la Pennetta “serva al nostro paese in chiave Rio, sia in singolare che in doppio che in doppio misto”. Insomma il presidente della FIT dimostra immediatamente scarsa comprensione del lato umano della decisione. Successivamente è il turno del presentatore televisivo Gerry Scotti che ospita la brindisina alla sua trasmissione “Si tu que vales” e le domanda se ci sono speranze di vederla alle olimpiadi – che, ben inciso, nel tennis contano decisamente meno di una prova dello Slam. Lei tuttavia, non assecondando alcun desiderio mediatico, è irremovibile nella sua posizione, ricorda tutte le privazioni per realizzare il suo sogno di diventare una tennista professionista e immagina già una vita nuova. Altro giro, altra rete, altro presentatore, altra allusione tendenziosa al ritiro. Pennetta di fronte a Fabio Fazio a “che tempo che fa” è però più sibillina, sostenendo che ci sia un 2% di possibilità che possa cambiare idea. Ultima in ordine cronologico è proprio la conterranea Vinci che ai microfoni di Sky Sport incoraggia – va detto scherzosamente – la compagna di tanti allenamenti e sfide a ripensarci e partecipare a questi benedetti giochi olimpici in Brasile.
Prima che qualcun altro si unisca al coro “Flavia non te ne andare”, sarebbe il caso di prendere in considerazione un paio di elementi “extratennistici” e un altro paio tennistici.
Partendo da quelli che esulano dal gioco che discende dalla pallacorda, bisognerebbe sia rispettare la scelta di vita in sé, come qualsiasi altra scelta di vita, sia la volontà di realizzarsi come donna oltre che come tennista. Come è emerso dalle sue frasi post-match, Flavia da un po’ di tempo pensava al ritiro e dunque si può appropriatamente parlare di decisione consapevole e non di boutade pronunciata da chi è sopraffatta dall’emozione. E appunto come decisione meditata non va messa in discussione. Probabilmente ha giocato un ruolo decisivo il consolidamento del rapporto con Fabio e, di conseguenza, il desiderio di creare un futuro insieme. Un’aspirazione comune, per non usare il soggettivissimo aggettivo “normale”, per una donna che ha scollinato i 30. Chi se la sente di contestarle questo diritto o di negarle anche solo un anno per realizzare questo suo sogno?
Passando a quelli prettamente tennistici, si dovrebbe riflettere sulla grandiosità dell’impresa di Pennetta e su come vogliamo che un giocatore si ritiri. Parliamoci chiaro Flavia – e ancora più Roberta – ha fatto il torneo della vita. È sempre stata un’ottima giocatrice con 10 tornei WTA in bacheca e una decina di stagioni passate stabilmente nel tennis che conta. Ma le due settimane di Flushing Meadows per lei sono state davvero “larger than life”, come direbbero gli americani. Nessuno si sarebbe aspettato il suo trionfo. Nemmeno lei probabilmente. 25 giocatrici erano più accreditate della vittoria rispetto all’azzurra. Non una, non dieci, venticinque. A volte accadono clamorose sorprese nello sport e questa rientra appieno nel novero. Meglio di così non ha mai fatto e, probabilmente, non potrebbe fare. Anche solo per un fisiologico calo di motivazioni, prescindendo dalla crudele statistica o dal valore delle avversarie nel circuito. Dunque si è ritirata obbiettivamente raggiungendo il miglior risultato auspicabile e uno dei migliori possibili e ciò non capita a tutti gli atleti. Cosa volere da lei di più? Altri anni a sudare, nonostante l’ineluttabile declino, contro teen-ager più affamate, più rapide e più potenti di lei? Magari per poi perdere contro la più mediocre di esse in un campo secondario? Preferiamo un epilogo inglorioso in stile Andre Agassi, il quale perse sul centrale newyorkese il suo ultimo incontro da un B. Becker che non è Boris? Seriamente? Vale il motto “The show must go on” anche a costo di un finale più scadente?
Quindi la scelta di Flavia merita rispetto poiché consapevole, matura e di grande tempismo tennistico. Un rispetto che si può portare solo non cercando di dissuaderla dalle sue intenzioni.