Un altro, un altro ancora. Djokovic divora Andy Murray e trionfa anche a Bercy per la quarta volta. Un altro match senza storia, con lo scozzese agonizzante e mai davvero in grado di fare il solletico al serbo. La chiusura, con quel tentativo di rovescio in risposta finito in corridoio è l’immagine della partita, di una rivalità consapevolmente asettica. La trentesima volta non basta ad Andy Murray per portare il conto delle vittorie con il dominatore assoluto del circuito in doppia cifra. 21-9 lo score, 6-1 nel 2015. Si può forzare la statistica e parlare di un concreto equilibrio nelle finali, (sei pari il conto prima di Bercy) ma la sostanza non può cambiare, in questo momento il numero 2 del mondo non è in grado di fare partita pari con il numero 1. A sostegno della tesi, se servisse, i 6815 punti che separano Novak Djokovic da Andy Murray, una forbice destinata probabilmente ad allargarsi dopo il Master di Londra, dove lo scozzese arriverà distratto dall’impegno di Davis. Eppure è paradossale pensare che questa è già la miglior stagione di Andy, che con ogni probabilità terminerà al numero 2 del ranking per la prima volta in carriera. Roger Federer dista infatti 1425, un intervallo colmabile solo nel caso in cui l’elvetico riuscisse a vincere le Finals e contemporaneamente lo scozzese terminasse il Master senza alcun successo nei round robin. Non dovesse bastare, Murray avrebbe a disposizione la finale di Davis, che mette ancora in palio 75 punti per ogni vittoria, altri 75 di “Team Bonus” e 125 di “Performance Bonus” (che sono assegnati rispettivamente a chi vince 7 e 8 partite nella competizione, ma solo se la propria nazione porta a casa l’insalatiera), per un totale di 275 punti.
Ma torniamo ai record del cyborg serbo. Lo abbiamo già ripetuto a caratteri cubitali, con il successo di Bercy Djokovic, ribattezzato Djokosix, vince il sesto Master 1000 dell’anno, il ventiseiesimo in carriera. Nel 2011 si fermò a quota cinque, ma disputò “solo” sei finali, cedendo come lo scorso Agosto a Cincinnati (l’unico 1000 che non è ancora riuscito a mettere in bacheca) da Andy Murray. Se vogliamo cercare il pelo nell’uovo di una stagione ampiamente sopra le righe possiamo sottolineare le quattro finali perse contro il solo titolo mancato in Ohio nel 2011, il 10/14 nelle finali disputate nel 2015 (71%) contro il 10/11 del 2011 (90%), ma sono numeri che impallidiscono dinanzi al 8/8 delle finali giocate nei 1000 in questa stagione (nessuno era mai arrivato nemmeno a 7), alle 14 finali su 15 tornei disputati (fermato solo dagli ace di Karlovic nei quarti a Doha), alle 13 finali consecutive in una sola stagione (emulando il record di Vilas del ’77). Se non bastasse, dopo il set perso nella Finale a Flushing Meadows, il serbo ha inanellato 13 successi consecutivi senza perdere un set prima del match con Wawrinka, migliorando l’ennesimo personalissimo score precedentemente fermo a ventiquattro set. Chissà, se quel caffè ordinato dallo svizzero non fosse mai arrivato ..
Veniamo ora al Master. Vi avevamo detto che il torneo di Bercy avrebbe definito il seeding londinese e non poteva essere altrimenti. A garantirsi di default l’ingresso nel gruppo B, quello dove non sarà presente il topseeded (Djokovic, ca van sans dire) è stato Andy Murray, che aveva già un buon margine di vantaggio su Federer. Ciò rende plausibile l’eventualità che dall’urna venga fuori un girone di ferro con Djokovic, Federer, Nadal e Ferrer (che con la semifinale di sabato ha risolto a suo favore il pari-merito con Nishikori).
Questo le prime posizioni del Ranking (che questa settimana, è bene ricordarlo, si sovrappone perfettamente alla Race) e i punti raccolti dagli 8 qualificati alle ATP World Tour Finals