Gennaio 2013: Nikola Milojevic diventa il n. 1 della classifica mondiale under 18.
È il terzo giocatore serbo, dopo Janko Tipsarevic e Jelena Jankovic, a raggiungere questo traguardo. In quel momento in lui – già campione europeo under 14 (nel 2009 in finale a Plzen in Rep. Ceca battè quel Kyle Edmund che lo scorso dicembre ha difeso i colori britannici nella finale di Coppa Davis) e n. 1 al mondo under 14 e under 16 – e nel suo coetaneo Laslo Djere gli addetti ai lavori della nazione balcanica erano convinti di aver trovato i due talenti pronti a sostituire la generazione dei Djokovic, Tipsarevic e Troicki.
Milojevic decide però di passare professionista solo nella seconda metà dell’anno, a 18 anni compiuti (è nato a Belgrado il 19 giugno del 1995). L’ultimo torneo juniores che disputa sono gli International Hard Court Championship negli Stati Uniti, in agosto, dove raggiunge le semifinali.
“Ho parlato molto con Janko (Tipsarevic, ndr), che è il mio mentore, e con altri giocatori senior che hanno molta esperienza, non volevo prendere questa decisione da solo. In molti mi hanno consigliato di non giocare contemporaneamente in entrambe le categorie, perché alla fine non riesci ad essere concentrato al 100% in nessuna delle due, dato che ci sono troppe differenze“ aveva dichiarato il giovane belgradese in quel periodo, conscio dei problemi che avrebbe dovuto affrontare nella successiva tappa del suo percorso di crescita.
“Probabilmente la differenza maggiore tra giocatori senior e junior è la forza fisica, che nel tennis odierno rappresenta un fattore molto importante. Ti trovi di fronte giocatori che ti sembrano tecnicamente abbordabili, ma sono forti fisicamente, servono bene, ed è difficile giocare contro di loro. Queste secondo me è la cosa più difficile per un giovane che arriva da un circuito dove tutti i giocatori sono tecnicamente bene impostati, nessuno ha dei “buchi” evidenti, ma poi arriva nei Future e incontra giocatori di tutt’altro tipo, molto forti, ma con uno stile completamente diverso”.
Dichiarazioni che dopo più di un anno assumevano la connotazione della profezia, dato che il giovane Nikola si trovava ancora impantanato nel mondo dei Future. A fine 2014 era infatti n. 385, sicuramente un notevole miglioramento rispetto al gradino n. 703 di fine 2013, ma evidentemente un risultato inferiore alle aspettative che erano riposte in lui. Soprattutto osservando come stessero già brillando tra i “pro” alcuni suoi antagonisti del circuito juniores: l’australiano Kyrgios, suo coetaneo, era alle soglie delle Top 50 e il tedesco Zverev, di due anni più giovane, era già tra i primi centocinquanta al mondo. Entrambi già competitivi a livello di circuito ATP, mentre Milojevic tra Challenger e circuito maggiore aveva raggranellato un’unica vittoria (contro il bosniaco Basic, al tempo n. 281 al mondo, al primo turno del 250 di Dusseldorf) e 3 sconfitte. Per capirci: a maggio 2013 Zverev lo batteva nella semifinale juniores di Parigi, poco più di un anno dopo il tedesco vinceva un torneo Challenger e arriva clamorosamente in semifinale nell’ATP 500 di Amburgo, il serbo perdeva in finale in due tornei Future.
“Sono passato tardi tra i professionisti rispetto agli altri della mia generazione. Ci sono stati molti commenti sul fatto che ho ritardato questo passaggio. Questo è vero, però ho subito conquistato il primo Future al quale ho partecipato (in Grecia, nel settembre 2013, il suo primo torneo professionistico, ndr). La cosa mi ha tolto pressione e da quel momento sono tranquillo con me stesso e ho capito che ho fatto la scelta giusta. Devo allenarmi ancora di più per essere competitivo, devo fare un lavoro di qualità e migliorare costantemente” aveva dichiarato nel corso del 2014, sottolineando anche il fatto che ai due giocatori a cui era stato paragonato la strada verso il professionismo era stata resa un po’ meno complicata. Pur riconoscendo il loro indubbio talento (“Sono due tennisti fantastici, se uno non ha talento non c’è niente che lo aiuti, non progredisce”), Milojevic aveva infatti voluto evidenziare come le rispettive federazioni, quella australiana e quella tedesca, li avevano supportarti in maniera ben più significativa rispetto a quanto aveva potuto fare la federazione serba con lui. Sia dal punto di vista economico, dato che su entrambi era stato investito molto, sia dal punto di vista delle possibilità di partecipazione ai tornei.
“Kirgyos poteva contare sullo Slam di casa – chiaro riferimento alla wildcard ricevuta da Nick a Melbourne nel 2014, anche se, a onor del vero, l’anno prima a 18 anni il tennista di Canberra era già arrivato al secondo turno del Roland Garros e aveva superato le qualificazione agli US Open – e su molti Challenger e Futures che si disputano in Australia, dove la concorrenza è meno forte rispetto ai tornei europei. Certo, questi tornei bisogna vincerli. Kirgyos ha mosso così i suoi primi passi e il primo scalino è stato più facile da superare. Ha avuto le sue occasioni e le ha sfruttate. Io devo affrontare una strada più dura, ho giocato molto in Europa, ho vinto tornei in Grecia e in Kazakistan” aveva puntualizzato Milojevic. Un ragionamento, il suo, che valeva anche per Zverev, dato che in Germania vengono organizzati diversi tornei ATP e Challenger con conseguenti maggiori possibilità per il giovane tedesco di ottenere wildcard importanti, come ad esempio nell’ATP di Amburgo (sua città natale) dove è poi arrivato in semifinale.
Sta di fatto che il 2015 iniziava con molti punti di domanda sul futuro dell’ex n. 1 del mondo juniores, che ad inizio anno era sopravanzato anche dal coetaneo connazionale Djere di una quarantina di posizioni. Una storia che nel raccontarla fa venire subito in mente quella di Gianluigi Quinzi, grande promessa del tennis italiano, vincitore di Wimbledon juniores nel 2013 ma ancora lontano dall’imporsi a livello “pro” (il 19enne bresciano ha concluso questa stagione al n. 383 ATP).
Per Milojevic il 2015 è stato un anno difficile. Molto difficile.
Una grave malattia gli ha portato via il padre, che sino ad allora lo aveva accompagnato passo dopo passo nel suo il cammino per diventare un tennista professionista. Era del tutto logico, ed umano, che quanto accaduto avesse delle ripercussioni sul tennis di un ragazzo di vent’anni.
“Ho avuto diversi cali mentali, è stato molto difficile trovare la motivazione e la concentrazione durante gli allenamenti, e anche durante le partite. Sino a quel momento, mio padre era sempre stato al mio fianco… Il 2015 è stata l’anno più duro della mia vita, non solo della mia carriera di tennista. In questo periodo difficile mia madre mi è stata di sostegno e di conforto, come del resto io lo sono stato per lei. Lei ora mi aiuta nell’organizzazione delle trasferte per i tornei” si è confidato recentemente Nikola con il giornale serbo “Vecernje Novosti”.
Ma ha rivelato però anche un’altra cosa. Che il fatto di aver affrontato e superato questo periodo così duro gli ha permesso di scoprire una forza interiore che non credeva di possedere. Ed ora ne è consapevole.
“Quanto accaduto mi ha temprato, di questo sono certo al 100%”.
Capita nella vita, purtroppo, che ci siano dei cambiamenti inaspettati. E soprattutto non voluti. Cambiamenti che la vita stessa ci impone. Un lutto è uno degli esempi più drammatici. Ma se troviamo la forza di superare le sfide che siamo costretti ad affrontare, ecco che può accadere che nella nostra vita avvengano altri cambiamenti.
Nel tennis di Nikola Milojevic qualcosa è sicuramente cambiato. I suoi ultimi due mesi sono stati strepitosi. Da inizio novembre ha trionfato consecutivamente in 4 tornei Future, arrivando a venti partite vinte di fila. Risultati che gli hanno permesso finalmente di entrare tra i top 250 e chiudere l’anno al n. 240.
Visto il grande finale di stagione, è logico che il tennista belgradese confidi molto nella prossima stagione.
“Mi aspetto una stagione con molti più successi. Tutta la mia attenzione sarà focalizzata sul tennis e questo dovrà portare a dei risultati. Non si possono dare dei tempi, ma l’obiettivo è salire verso i vertici della classifica. Credo che questi risultati, questi quattro titoli che ho vinto di recente, in realtà siano dei parametri che dimostrano che sono sulla strada giusta, che posso farcela. Soprattutto, mi danno molta fiducia in me stesso”.
Il 2016 potrebbe perciò essere un anno fondamentale per la carriera del tennista belgradese.
“Potrebbe essere, ma non lo si può dire a priori. Gli ultimi risultati rappresentano un bella premessa per il 2016 e mi permettono di prepararlo con un minor carico psicologico. Ad un tennista deve “girare bene”, deve iniziare a vincere tornei, ecco che allora avviene quel cambiamento nel modo in cui affronta la partita, gli avversari, nell’approccio all’allenamento, alla preparazione…” ha ammesso il 20enne belgradese, che è anche conscio che si trova davanti ad un punto di svolta della sua carriera. È capitato a tanti giocatori. Alcuni ce l’hanno fatta a svoltare, altri si sono fermati.
“Sì, molti giocatori si sono trovati nella loro carriera ad un punto di svolta. Quello che so, è che da questo punto di vista molto è accaduto nell’anno appena trascorso. Ora affronto la nuova stagione con pensieri positivi” ha detto Milojevic, che ha poi parlato un po’ dei suoi piani per l’inizio della nuova stagione agonistica.
“Dallo scorso ottobre collaboro con Boris Pashanski (33enne ex giocatore serbo, best ranking n. 55 ATP, ndr). Credo che si vedano già i frutti di questa collaborazione, ma in futuro mi aspetto di migliorare in maniera significativa il mio gioco. Con me lavora da diversi anni anche il preparatore atletico Aleksandar Popovic. Stiamo compleando la programmazione 2016. Dopo la fase di preparazione l’intenzione è di iniziare a disputare tornei dal mese di febbraio. Che saranno principalmente Challenger” ha spiegato Milojevic.
Il giovane belgradese ha avuto anche l’onore di venir convocato in Coppa Davis, come quinto giocatore nel match di primo turno del World Group 2014. Ovviamente la sua speranza è quella che il capitan non giocatore Bogdan Obradovic si ricordi nuovamente di lui, ma senza farsi particolari illusioni.
“Far parte della squadra di Coppa Davis della Serbia è sempre un grande onore ed una gioia, ma non penso sia una cosa che si possa progettare. Quando sono stato convocato non c’erano Nole, Janko e Viktor. In ogni caso, abbiamo una nazionale molto forte e sono molto grato per quella convocazione. Ora è importante che io migliori il mio gioco e la mia classifica e sono sicuro che di conseguenza il selezionatore mi terrà in considerazione”.
Il cammino di Nikola è ancora lungo, ma forse ora lui è veramente pronto.