Alla fine ce l’ha fatta Roberta Vinci: il muro della Top 10 è stato abbattuto, con la stessa classe ed eleganza del suo rovescio in back, e quel sorriso contagioso che da sempre colora il suo viso (turpiloquio di incitamento newyorkese a parte…). Nel giorno del suo trentatreesimo compleanno, la tarantina si è iscritta al club delle migliori dieci giocatrici del mondo con il successo nel Premier di San Pietroburgo (il primo della carriera) contro la svizzera Belinda Bencic, a sua volta da poco diventata una delle prime della classe. Giusto celebrare il traguardo raggiunto dalla Vinci, che neanche sei mesi fa stringeva il piatto della finalista agli US Open vinti dalla grande amica Flavia Pennetta; ma diamo uno sguardo alle azzurre che prima di Roberta erano riuscite a camminare nel gotha del tennis.
Proprio Flavia è stata la prima ad aggrapparsi alla decima posizione del ranking: durante uno splendido 2009, la brindisina vinse nel giro di poche settimane i tornei di Palermo e Los Angeles (superando in sequenza Petrova, Sharapova e Stosur) per avvicinarsi ai piedi della top 10, prima di giungervi definitivamente in piena estate, a Cincinnati. Il successo con Venus Williams la porta a punteggio pari con la Ivanovic, che però ha ottenuto risultati migliori negli Slam (è questo il criterio WTA per dirimere eventuali ex aequo) e c’è quindi da aspettare ventiquattro ore: Pennetta batte anche Hantuchova in quarti di finale, e finalmente il risultato storico può essere archiviato. Si tratta infatti di storia, perché nessuna italiana si era mai spinta ad altezze del genere: i registri segnalano Annalisa Bossi (italotedesca, nata Annaleis Ullstein), vincitrice a Roma e semifinalista al Roland Garros ad inizio anni ’50, che nel 1949 parcheggiò al numero 8 della classifica. A quei tempi però la graduatoria era stilata da giornalisti e addetti ai lavori, che inficiavano dunque l’imparzialità delle valutazioni (il computer non capisce nulla di tennis, dice il maestro Tommasi, ma ha i suoi vantaggi). Pennetta è poi tornata di prepotenza fino al numero 6, in seguito allo straordinario trionfo a New York della scorsa stagione, e alla conseguente partecipazione, per quanto avara di soddisfazioni, alle Finals di Singapore: fa davvero sorridere vedere ancora il suo nome sul sito WTA, accompagnato dalla dicitura retired.
L’ultima in ordine cronologica ad arrivare in top 10 prima della Vinci era stata la ex Cichi, e compagna di altrettanto storici successi in doppio con Roby, Sara Errani. La romagnola è esplosa nel 2012, con tre tornei vinti (dei suoi otto totali) in tre mesi (Acapulco, Barcellona e Budapest), prima della sorprendente finale colta al Roland Garros, persa da Maria Sharapova dopo aver intascato i prestigiosi scalpi di Ana Ivanovic (battuta in una palpitante rimonta da 1-6 nel primo set) e Samantha Stosur, che poco più di sei mesi prima aveva vinto il suo unico Slam in carriera a New York. Durante lo stesso Roland Garros, Errani e Vinci hanno ottenuto il loro primo trionfo Major, superando in tre set il team russo Kirilenko/Vesnina; come siano andate a finire le cose tra le due lo sanno tutti, anche se di chiaro è rimasto poco. Errani ha come best ranking addirittura un numero 5 raggiunto nel 2013, spesso ritenuto impensabile considerate le lacune al servizio e in generale l’importante divario di potenza che separa l’emiliana dalle altre top players: la differenza la fa comunque il gigantesco cuore di Sarita, citofonare a casa Brengle per avere conferma.
Nel mezzo, era toccato alla Leonessa Francesca Schiavone, che ad inizio 2011 si arrestò alla posizione numero 4 della graduatoria mondiale, nel bel mezzo del periodo migliore della sua carriera. Era infatti a metà strada nella clamorosa doppia finale consecutiva al Roland Garros, che la vide regina di Francia nel 2010, quando superò Samantha Stosur, e solo (solo?!) sconfitta all’ultimo atto nell’edizione dell’anno successivo contro Na Li, in un incontro caratterizzato anche dal coraggioso overrule di Louis Engzel che favorì la cinese su punteggio delicato. La milanese attualmente è scivolata ben oltre la centesima posizione mondiale, ha sfiorato il record di partecipazioni consecutive a tornei del Grande Slam, ma resta attaccata allo sport che ama, togliendosi anche la soddisfazione di vari piazzamenti; lei che era stata al centro di una grossa polemica, quando la Federazione la omaggiò della modica cifra di 400.000 euro in occasione del suo successo parigino, come se il montepremi dello Slam rosso non fosse abbastanza. Mentre le giovani leve stentavano, e lo fanno tutt’ora, a trovare finanziamenti adeguati alle loro prospettive di crescita e successo.
C’è anche chi la top 10 l’ha soltanto sfiorata: Raffaella Reggi, dopo il bronzo ottenuto alle Olimpiadi di Los Angeles ’84, ritoccò il proprio record personale al numero 13 WTA, senza però riuscire ad ottenere ulteriori successi di rilievo. Chiuse la carriera nel ’91, prima di dedicarsi completamente all’attività di telecronista e opinionista TV di Sky (egregiamente, peraltro). Anche Silvia Farina (a cui ha aggiunto il cognome Elia, avendo sposato Francesco, il suo allenatore storico) adesso ha scelto il microfono come ferro del mestiere, dopo aver ottenuto l’undicesima posizione mondiale nel 2002; lei vincitrice di tre tornei in carriera, curiosamente tutti a Strasburgo e consecutivamente, dal 2001 al 2003. E rattrista pensare a questi enormi risultati raggiunti dalle azzurre, soprattutto da quella generazione che ha conquistato quattro Fed Cup in otto anni (perdendo anche una quinta finale), quando all’orizzonte non sembrano esserci ricambi di valore vero, esclusa Camila Giorgi (e la sua testa, specialmente). È giusto quindi godersi quello che accade adesso: complimenti Roberta, fino ad “altri due, tre anni ancora”…