Re Nadal e Murray tra Djokovic e il sogno (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport – Inserto)
Nessuno al di fuori della Santissima Trinità. La schiena e il logorio degli anni lasciano a terra la quarta divinità, Roger Federer, ma era difficile immaginare che il Più Grande stavolta potesse ragionare da favorito contro i grandi del rosso che da un anno in qua dominano quando gli appuntamenti scottano. Senza il D’Artagnan svizzero, i tre moschettieri che restano promettono due settimane all’assalto, come se non esistesse domani. E forse è proprio così per Djokovic, capace di imprese storiche negli ultimi due anni, eppure sempre respinto dal tempio della terra, nonostante tre finali. Un’ossessione amplificata dodici mesi fa dalla sconfitta contro Wawrinka, probabilmente l’ultimo ostacolo verso quel Grande Slam che avrebbe offerto al serbo la definitiva immortalità e che comunque, almeno all’apparenza, non sembra turbarlo: «L’attesa è alta per tutti, non solo per me. E’ chiaro, la gente si aspetta che io qui possa finalmente vincere, ma è stato così anche gli anni precedenti, quindi sono abituato a gestire questo tipo di pressione». Nole, tra l’altro, comincerà il torneo da fresco ventinovenne (li compie oggi): «E’ solo un numero, ho davanti ancora molti anni da giocatore e questo mi consentirà di avere ancora tante occasioni a Parigi. E se pure non dovessi mai vincere il torneo, sarò soddisfatto di quello che avrò fatto nella mia carriera, non sono ossessionato dal Roland Garros, da nessun altro torneo e neppure dalla forza degli avversari di oggi e di domani». Saranno due settimane speciali anche per Nadal, l’uomo che più di ogni altro ha marchiato a fuoco i campi del Bois de Boulogne, nove vittorie e una prepotenza tecnica mai vista tra il 2005 e il 2014: la Decima, non così lontana dagli orizzonti per chi è tornato a vincere a Montecarlo e a Barcellona, sarebbe un’impresa mitologica. E poi il 3 giugno, in piena bagarre (si spera per lui), Rafa compirà trent’anni, l’età dei primi bilanci: «No, non mi sento vecchio. Nessuno può fermare il tempo, ma se guardo alla mia vita non posso che essere felice, spero di godermi questi momenti e quelli che verranno nel prossimo paio d’anni». E poco importa se non arriva più a Parigi da padrone incontrastato: «Non voglio fare paragoni con il 2015, quello è stato un anno difficile e adesso mi sento davvero meglio. Ho un solo obiettivo: giocare ogni partita sempre meglio, un passo alla volta. Sto avendo una primavera con buoni risultati, devo proseguire e progredire». Per Andy Murray progredire significherebbe finalmente rompere il tabù dell’unico Slam nel quale non ha mai raggiunto la finale e che fino a un paio di stagioni fa sembrava davvero il più lontano dalle sue corde tecniche. Ma adesso, come si può non dare credito a un giocatore che è approdato in finale a Madrid e poi ha trionfato a Roma, dimostrando che la terra battuta non è poi così difficile da affrontare? Muzza, ragazzo intelligente e di pensiero mai banale, ancora una volta prende spunto dal calcio per esprimere i suoi pensieri parigini, aggrappandosi alla finale dei suoi Hibernians in Coppa di Scozia: «Non la vincevano dal 1902, ma sono la dimostrazione che non ci si deve mai porre limiti. Devi sforzarti sempre di dare il massimo, non devi trascurare alcun dettaglio, solo così potrai accettare il risultato anche se perdi. Ecco: io non voglio avere rimpianti». A voi la spada.
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Djokovic gioca a bocce, ma da oggi si fa sul serio (Mario Viggiani, Corriere dello sport)
Si può cominciare. Ieri a Parigi la prova generale del Roland Garros è filata liscia nel migliore dei modi. Il divertimento è stato grande per i quasi 15.000 spettatori che hanno riempito le tribune del “Philippe Chatrier” per l’ormai tradizionale “Kids’ Day”. Musica, ballerini e tanto altro ancora, per uno spettacolo puro che anche stavolta tra i giocatori ha avuto Novak Djokovic come mattatore. Il numero 1 del mondo s’è presentato in campo mascherato da giocatore di petanque, la specialità delle bocce nata in Provenza. In testa una coppola, un paio di baffoni finti, e una t-shirt con la scritta “Novak #bring the love”. Poi Nole s’è anche cimentato nella petanque insieme ad alcuni colleghi, con palline da tennis al posto delle bocce, e s’è anche esibito in alcuni palleggi con una delle grandi palle da tennis che i bambini usano per raccogliere autografi. La prova generale c’è stata anche per il servizio di sicurezza che presidia il complesso sportivo che ospita il torneo. L’allerta è sempre massima per eventi del genere, soprattutto dopo quanto accaduto in città nello scorso novembre ma il piano di sicurezza, con metal detector e perquisizioni all’interno e posti di blocco all’esterno del Roland Garros e un aumento del 25% delle forze dell’ordine impiegate in queste azioni preventive, non ha interferito in alcun modo con il regolare svolgimento delle attività di giornata, causando al massimo qualche rallentamento nell’afflusso del pubblico all’ingresso nell’impianto. Oggi, unico dei quattro Slam a iniziare il programma di domenica, con una giornata di anticipo rispetto alle due canoniche settimane di gioco, il Roland Garros prevede un programma di 32 partite su 8 campi, con 16 match di singolare per il tabellone principale maschile e altrettanti per il femminile. Tra le teste di serie, quella maschile più alta a scendere in campo sarà il giapponese Kei Nishikori, numero 5, che affronterà il nostro Simone Bolelli nel secondo incontro previsto sul Chatrier. L’emiliano, che è 0-2 nei precedenti, sarà al rientro dopo 45 giorni di stop per un problema al ginocchio che gli ha fatto saltare gli Internazionali BNL d’Italia. A seguire, per le donne, giocherà la spagnola Garbine Muguruza, n. 4, contro la slovacca Anna Karolina Schiemdlova In giornata sarà impegnato un altro italiano: Marco Cecchinato, che per la prima volta giocherà nello Slam parigino aprendo il programma sul Campo 1 contro l’australiano Nick Kyrgios, mai affrontato in carriera.
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Murray: “Meglio fare il papà che vincere uno Slam” (Angelo Mancuso, Il Messaggero)
Dei 4 celebrati “Fab” del tennis mondiale è considerato il meno fenomeno. Federer, Djokovic, Nadal e poi lui, Andy Murray. Fortuna è essere nel posto giusto al momento giusto. In questo la dea bendata non è stata clemente con il 29enne scozzese, che sta riscrivendo la storia del tennis britannico: due titoli dello Slam (US Open 2012 e Wimbledon 2013), la medaglia d’oro nell’olimpiade di casa (Londra 2012) e la Davis nel 2015. Ma cosa sono rispetto ai 17 trionfi nei Major di Federer, ai 14 di Nadal o agli 11 di Djokovic? Il più grande tennista britannico dell’era open si presenta al Roland Garros reduce dal successo a Roma. Mai in passato aveva raccolto così tanto sulla terra. «Essere un buon genitore è più importante che vincere altri Slam», sottolinea. La nascita della figlia Sophia lo scorso 7 febbraio ha portato una rivoluzione nella sua vita. «E una bella sfida — racconta — mi ha cambiato e messo alla prova. Preferisco svegliarmi la notte ed essere lì con lei che vincere ogni match. Certo voglio restare al vertice e mi alleno duramente, ma ora la mia priorità è la famiglia. Se aiuterà il mio tennis va bene, altrimenti fa lo stesso». Il campione scontroso che conoscevamo lascia il posto ad un papà attento: «Non voglio perdermi niente di mia figlia. Quando guardo una foto del giorno in cui è nata e una di 5 giorni dopo o una scattata ieri mi accorgo di quante cose cambiano quotidianamente». Scozzese e fiero di esserlo, Murray è quasi uno straniero nel tennis britannico, sport che fa fatica a democraticizzarsi e il cui simbolo è stato per anni Tim Henman, rampollo dell’Upper Class londinese. Andy ha tuttavia avviato la riconciliazione con il suo pubblico: è seguito da un esperto in immagine, è diventato più educato in campo e ha capito che quando si parla di calcio, di Scozia e Inghilterra in particolare, non deve mai dire che «è una gioia battere gli inglesi». Della sua infanzia parla poco. Soprattutto del massacro di 16 bambini nella scuola di Dunblane (la sua città natale), che frequentava quando aveva 8 anni, e del divorzio dei genitori William e Judy un anno dopo. «Non è facile vedere tuo padre e tua madre litigare, ma sono stati ottimi genitori. Ricordo che quando avevano il fine settimana libero portavano me e mio fratello Jamie a giocare i tornei. Quando lavori dal lunedì al venerdì non è piacevole guidare ore e ore per raggiungere un circolo. Loro lo hanno fatto». Si scioglie quando parla della moglie Kim Sears. Qualche anno fa ha avuto il buon cuore di offrirgli una seconda possibilità dopo averlo lasciato per le troppe ore trascorse alla Playstation. «Stiamo insieme da quando avevamo 18 anni. Sono stati 10 anni con alti e bassi. Con la vita che conduco, i continui viaggi, non è stato semplice. Però ce l’abbiamo fatta, penso che la stabilità sia positiva». Lo aiuterà a spingere nel tentativo di diventare n.1 o resterà la gamba zoppa dei Fab Four? Parigi ci darà le prime risposte.
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Occhio a Thiem e Zverev, il loro futuro comincia da Parigi (Piero Valesio, Tuttosport)
Più che su quella che sarà la finale di Parigi, dovremmo riflettere su un’altra finale francese, quella di Nizza, che si è giocata ieri. Perché l’una influenza l’altra, o lo farà in futuro. Ieri l’austriaco Dominik Thiem ha conquistato il terzo titolo stagionale prendendo per sfinimento colui che potrebbe anche diventare il suo alter ego nei prossimi anni: Alex Zverev. Ecco, la domanda è: quando questi due saranno chiamati a reggere sulle spalle il futuro del tennis mondiale? Qualcosa si vedrà magari già a Parigi da oggi? Forse ora sarebbe un po’ presto, almeno per quanto riguarda Zverev. Ma Thiem? E’ lui il predestinato? La novità che tutti aspettano affinché si avvii quel ricambio generazionale che rappresenta un passaggio necessario per continuare a rinnovare la passione tennistica? Difficile che quel ricambio si verifichi sui campi del Bois de Boulogne proprio adesso. Mentre Djokovic è concentrato come una belva sulla conquista dello Slam, obiettivo che l’anno scorso gli sfuggì fra le dita proprio a Parigi a causa del rovescio ad una mano di Wawrinka: Mentre Nadal spera (su questo ha investito tutta la sua stagione) di conquistare il decimo titolo parigino. Mentre Murray sogghigna e pensa che sarebbe proprio il momento giusto per vincere il suo primo Slam sulla terra. Condizioni che dovrebbero precludere la possibilità a qualsivoglia giovane virgulto di accedere agli ultimi giorni di torneo. Ma prima o poi succederà, questo è certo. Intanto, paradossalmente,l’assenza di Federer ha ulteriormente nutrito l’attenzione che circonda ogni suo gesto, visto che oggi da più parti ci si chiede: la forzata e quasi totale rinuncia alla stagione sulla terra metterà in condizione lo svizzero di rivincere Wimbledon?
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È sempre Serena la donna da battere: “Roma mi ha dato fiducia” (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport – Inserto)
Serena contro tutte, contro se stessa, contro la storia. Serena, sempre lei, il faro che illumina un tennis femminile che non ha ancora trovato una erede per il futuro. Serena che ha rotto il digiuno di vittorie conquistando gli Internazionali d’Italia domenica scorsa a Roma, e ora si presenta a Parigi molto più …serena. La numero uno al mondo non vinceva un torneo da Cincinnati 2015, l’appuntamento precedente lo Us Open, dove la nostra Roberta Vinci le aveva strappato il sogno di conquistare il Grande Slam come Steffi Graf, ultima a riuscirci nel 1988. Oggi è ancora Steffi l’obiettivo: se la Williams dovesse vincere il Roland Garros la raggiungerebbe a quota 22 titoli Slam in carriera. Dopo il successo romano, la Williams si sente molto più tranquilla, avverte che difendere il titolo potrebbe non essere una missione impossibile: «In passato sì, sentivo molto di più la pressione, affrontavo questi tornei con più ansia, sentivo la necessità di dover dimostrare qualcosa. Fino a dieci, anche soltanto cinque anni fa era così». Ora è cambiata, il tennis è sempre la sua vita ma non è più un’ossessione. Soprattutto dopo la sconfitta in semifinale a New York, con il lungo stop che ne è seguito, ha iniziato a riempire la sua esistenza con altro che non fosse solo il tennis. Una Williams che si gode la vita: «Sto bene, difendo il titolo, sono a Parigi, è bellissimo e mi sto gustando questo momento della vita – ha concluso -. Sono semplicemente contenta di essere qua». Nel terzo tentativo di raggiungere la Graf a quota 22, fallito prima a New York e poi a Melbourne 2016, la numero uno al mondo potrebbe incontrare Vika Azarenka nei quarti. La bielorussa, che si è ritirata a Madrid e non ha giocato a Roma, è di fatto al primo appuntamento sul rosso, ma l’ultimo incontro tra le due nella finale di Indian Wells, ha visto prevalere Vika, alle prese ora con problemi alla schiena. Prima di lei però dovrebbe incrociare la nostra Francesca Schiavone, regina del Roland Garros 2010 in programma nel potenziale terzo turno e Ana Ivanovic, che sul Philippe Chatrier ha trionfato nel 2008, agli ottavi. La condizione comunque c’è, lo ha dimostrato, anche a se stessa, a Roma: «Vincere gli Internazionali è stato molto importante. Mi sentivo piuttosto fiduciosa delle mie possibilità e il torneo mi ha aiutata a ritrovare il ritmo di gioco. Anche se avessi perso, alla fine, avrei comunque tratto indicazioni molto utili e positive dalle mie partite». Con Maria Sharapova sospesa per il caso di doping al Meldonium, e in attesa di giudizio entro un paio di settimane, il pericolo potrebbe arrivare da Angelique Kerber. La tedesca, che ha battuto Serena nella finale degli Australian Open a Melbourne, conquistando il primo titolo Slam in carriera, a Roma è uscita subito, ma a Stoccarda, sulla terra indoor aveva centrato il bis. Si attendono segnali anche da Petra Kvitova, due volte vincitrice a Wimbledon. La ceca è uscita agli ottavi a Madrid battuta dalla Gavrilova. Punto di domanda su Simona Halep: la finalista del 2014 è in grande crescita con il successo in Spagna ma è andata subito k.o agli Internazionali. C’è molta curiosità anche per Madison Keys, la 2lenne americana che a Roma è stata battuta in finale dalla Williams ma che proprio dalla regina è stata designata come «futuro numero uno». Serena, comunque, non si agita: «La cosa che mi dà più fiducia è stato vedere come sono riuscita a mantenere la calma nei momenti di difficoltà durante gli Internazionali. Anche nei momenti più complicati sono riuscita a restare concentrata sul mio gioco. Sento come se stessi giocando un tennis più intelligente». Braccio e mente, l’arma letale di Serena.