A diciassette anni e nove mesi, giocare a tennis meglio di così è francamente difficile. Eppure, i margini di crescita sono enormi.
Le due considerazioni sono pensieri spontanei nella testa di chi osserva Stefanos Tsitsipas con la racchetta in mano. Il giovanissimo greco, dopo il Trofeo Bonfiglio che l’ha catapultato agli onori delle cronache, ha compiuto qualcosa di ancora più significativo: ha vinto il terzo Futures ITF in poco più di un mese, imponendosi nell’Italy F12 di Lecco senza perdere un set.
Proprio sui campi dello splendido circolo ai piedi del Resegone – dove, per livello e organizzazione, si è svolto un torneo molto più simile a un Challenger – Ubitennis ha avuto modo di seguire Tsitsipas tutta la settimana, per offrire ai lettori una fotografia del suo valore attuale, e soprattutto del potenziale futuro.
Il ragazzo colpisce subito per l’eleganza del suo gioco: splendido rovescio a una mano, continue discese a rete, aggressività innata, buon tocco a rete e sul dropshot. Un repertorio già molto vasto, per un tennista che ancora deve compiere i diciotto. L’aspetto che però più convince, e che diventa valore aggiunto, riguarda la testa: Tsitsipas appare molto più maturo dei suoi coetanei, dentro e fuori dal campo, nella gestione del match e nell’atteggiamento.
La sensazione nitida è che il ragazzino vittorioso in tre settimane al Futures F10 di Santa Margherita di Pula, al Trofeo Bonfiglio e successivamente al Futures Itf Italy F12 di Lecco, appartenga a un livello tennistico superiore. Le classifiche non mentono: è salito al n° 1 Juniores, ha fatto irruzione nei 400 ATP. Alla sua età non è niente male, e c’è da scommettere che salirà nel ranking in poco tempo.
Gli elementi per affermare che Stefanos sia già “giocatore vero” sono numerosi. Proviamo a snocciolarli.
Durante il Futures lecchese, mentre sul Centrale infuriava una battaglia dei quarti di finale, Tsitsipas palleggiava sul campo a fianco, in allenamento, con il giovane uzbeko Jurabek Karimov (altro da seguire, seppur bizzoso): l’intensità, la pesantezza dei colpi, la facilità di gioco, erano nettamente superiori rispetto al match vero che si stava disputando a venti metri di distanza. Una differenza impossibile da ignorare.
Altro aneddoto che “fotografa” il ragazzo. Giorno della semifinale, prevista alle 17; alle 16.55 Tsitsipas è ancora sul Centrale ad allenarsi (non scaldarsi, allenarsi!) con il papà-coach Apostolos, e quando entrano i raccattapalle e gli addetti per livellare la terra, lui cosa fa? Si sposta sul campo a fianco. Vorrai mica interrompere le ripetute sullo slice di rovescio?
Questi dettagli, dicono i vecchi saggi, possono fare la differenza tra un normale sportivo e un campione. Tsitsipas ha vinto il Bonfiglio, è ora sulla bocca di tutti, ha un suo staff, è atteso al grande salto; ma gestisce la situazione come fosse affermato da anni, mantenendo un atteggiamento – in campo e fuori – da agonista esemplare.
Il ragazzo appare già molto centrato, e – a conferma di quanto visto – gli addetti ai lavori assicurano che la testa sia tarata soltanto sul tennis. La riprova è non averlo mai sentito lamentarsi in partita, se non in finale, dove ha protestato in maniera civile per un paio di decisioni arbitrali, accettando la decisione con serenità e tornando subito a pensare al gioco. A 17 anni non è affatto banale saper gestire il lato emozionale su un campo da tennis.
Anche le parole di Tsitsipas nelle interviste, e nei colloqui avuti durante la settimana, sono confortanti. “Sto giocando bene, sono in fiducia – ha spiegato il greco – È stato un mese ottimo, con la vittoria a Santa Margherita di Pula, al Trofeo Bonfiglio e ora a Lecco. Sono molto soddisfatto del mio torneo, vincere era l’obiettivo. Ho voglia di giocare tanti match anche se sento un po’ la stanchezza di questa lunga striscia positiva: 16 partite di fila”.
Dietro l’angolo c’è il Roland Garros Juniores al via lunedì, in cui sarà testa di serie numero uno. “Voglio farmi trovare pronto, non nascondo di puntare ad alzare anche quel trofeo, Lecco è stata un buon viatico”. Giova ricordare che nel 2015 il Futures lo vinse Tommy Paul, poi campione a Parigi…
Tsitsipas sa di poter arrivare in alto, e fissa traguardi ambiziosi, seppur graduali: “L’obiettivo entro la fine di questa stagione è l’ingresso nei primi 200 al mondo – commenta – ma punto a vincere uno Slam entro tre anni. Quale? Mi piacerebbe Wimbledon più degli altri”. Fiducia nei propri mezzi, dunque, ma anche predisposizione al sacrificio, per un mix necessario a compiere il definitivo salto di qualità.
La risposta data da Tsitsipas alla domanda “In cosa devi migliorare?” è la fotocopia di quello che si può pensare vedendolo giocare: “Mi sento assolutamente a mio agio con i colpi, ma mi manca qualcosa a livello fisico, e anche sotto il profilo della rapidità e della resistenza”.
Tutto vero. Stefanos ha un rovescio naturale, stilisticamente bellissimo, e un dritto che fa male, anche se perfettibile quando deve colpire ad altezza delle spalle; è molto aggressivo, “una precisa scelta tattica, non sono mai stato un difensore”, confida, e il tocco delicato si vede, sia che debba giocare la volée sia che debba variare effetto. Gli manca qualche chilo, in termini di potenza, e una rapidità che migliori il timing sulla palla. Deve salire di cilindrata, seppure sappia giocare, a 17 anni, un tennis “percentuale”, riuscendo a limitare i gratuiti per tenere sempre la palla in campo. Forse è proprio questo, più della bellezza del suo tennis, a colpire i suoi osservatori: la maturità tattica.
I paragoni, entro poco tempo, si sprecheranno, ma lui sa bene a quale “santo” votarsi: “Il mio idolo è Roger Federer, sia come persona che come giocatore. È una continua fonte di ispirazione, da quando avevo otto anni”.
Una prima somiglianza con lo svizzero c’è: il pubblico italiano tifa per il greco e applaude ogni suo colpo quasi come fosse l’eroe di casa. Potenza dell’amore per il tennis.