[5] S. Halep b. [2] A. Kerber 6-0 3-6 6-2 (dal nostro inviato a Montreal, Vanni Gibertini)
Perché due giocatrici dalle caratteristiche di gioco di Simona Halep ed Angie Kerber possano generare un grande match deve capitare che tutte e due giochino al meglio delle loro possibilità per lunghi periodi di tempo, in modo da generare quegli scambi che possono esaltare le doti di contrattacante di entrambe. Purtroppo in questa prima semifinale della RogersCup è capitato soltanto sporadicamente che le due abbiano espresso il loro miglior tennis, e lo spettacolo ne ha certamente risentito. Il match non è mai decollato veramente, non riuscendo mai a coinvolgere pienamente il pubblico dell’Uniprix Stadium, purtroppo non numeroso come al solito in questo sabato di fine luglio. Parecchi posti vuoti nell’anello più alto, molti “buchi” anche nelle tribune più pregiate, hanno fatto da insolita cornice al match in una città in cui l’entusiasmo per il tennis, sia maschile sia femminile è sempre alle stelle. Certamente la collocazione in calendario anticipata di due settimane a causa delle Olimpiadi non ha aiutato: qui in Quebec siamo nel bel mezzo delle “vacances de la construction”, le vacanze delle costruzioni, un periodo nel quale quasi un terzo degli abitanti è in vacanza e solitamente lascia la città per rilassarsi al mare o in montagna. Quindi molta meno gente potenzialmente disponibile per venire al tennis. Alla fine Simona Halep è stata più forte delle sue stesse nevrosi, quelle che l’avevano fatta cadere in un vortice di sei giochi consecutivi perduti tra la fine del secondo e l’inizio del terzo set, quando era riuscita nell’impresa di scatenare tutta la sua rabbia sulla sua racchetta ma senza gettarla, senza romperla e senza prendersi nessuna ammonizione.
E dire che era sembrato tutto facile all’inizio, con la Kerber completamente fuori fase, specialmente dalla parte sinistra, dove il suo diritto faceva cilecca con una frequenza preoccupante (ben nove gratuiti per lei nel set) e la Halep sembrava un muro di gomma: 6-0 in 26 minuti. Per fortuna del match e degli spettatori, la tedesca non poteva continuare così male: con l’aiuto del servizio, soprattutto quello esterno da sinistra, e di un diritto “convalescente” ma comunque di nuovo affidabile, la Kerber riusciva a trovare qualche schema vincente. Gli scambi si allungavano, e più aumentava il numero dei colpi più tendeva ad essere la Halep la prima a sbagliare.
Il rovescio vincente che dà il 2-2 del secondo set alla rumena era il primo grande scambio del match, che svegliava gli spettatori in tribuna dal torpore del pomeriggio estivo, e noi in sala stampa dalla progressiva ibernazione causata dall’aria condizionata. Poi, come abbiamo accennato, Simona si indispettiva per non aver dato il colpo di grazia all’avversaria, dopo essere andata avanti di un break (3-2) ed aver avuto due game più tardi di nuovo l’occasione per piazzare l’allungo decisivo (due palle del 4-3, una delle quali mancate con una risposta piuttosto semplice). Kerber invece era molto più concreta, insisteva sul rovescio della Halep che puntualmente falliva, con due belle volée cancellava la chance del 4-5 alla rumena e portava il match al terzo set dopo 64 minuti.
Le aspettative per un bel terzo set c’erano tutte, ma ahinoi non hanno trovato riscontro sul campo. Dopo un veloce 2-0 per la Kerber, era la Halep a cambiare marcia e ad approfittare dell’altro colpo della Kerber, il rovescio, che decideva di prendersi una vacanza. Otto gratuiti dalla parte destra in quattro games per la mancina tedesca, che vedeva ergersi di nuovo davanti a sé il muro che l’aveva condannata al “bagel” nel primo parziale, e nonostante l’impennata d’orgoglio di tre match point annullati con il piglio della campionessa, la vincitrice degli ultimi Australian Open doveva capitolare issando bandiera bianca in 1 ora e 38 minuti. Per la gioia della televisione canadese, che poco più di cinque minuti dopo aveva programmato l’inizio della prima semifinale maschile a Toronto.