Ancora Fognini, mister rimonta: ora sfida il tabù (Massimo Lopes Pegna, Gazzetta dello Sport)
Lo vorresti abbracciare come un fratello, Fabio Fognini, per aver azzeccato un’altra improbabile rimonta, la sesta in carriera, sotto di due set: questa volta non contro Nadal con in palio gli ottavi degli Us Open dell’anno passato, ma al debutto con il numero 105 del mondo, il russo Teymuraz Gabashvili, dal curriculum di stagione in rosso, causa 14 eliminazioni al primo turno. Poi Fogna, però, lo vorresti prendere anche a pugni per aver creato l’ennesimo stress alle coronarie dei suoi tifosi. Tanti. Pure molti americani, che indossano la sua maglietta. Perché Fabio ha la reputazione di estroso, nel bene e nel male, e la gente sgomita al campo 9 per non perdersi lo show. E nessuno va via deluso dopo aver ammirato il repertorio di colpi di alta scuola e naturalmente le sue performance «bollenti» a pallina ferma.
Flavia Pennetta, ora signora Fognini, aveva assicurato che era cambiato, il suo Fabio. E dalla tribuna fa il possibile per raffreddare i suoi nervi: «Punto dopo punto!, Respira!». Ma nella situazione in cui l’italiano si caccia sarebbe dura per chiunque mantenere la calma. Non facile togliersi dalla testa i set point (4) sprecati nel primo set, per poi ritrovarsi sotto 2-0. E’ l’inizio del calvario, come se risalire dalle profonde buche che si scava da solo fosse l’unico modo per liberare mente e gioco. Ce l’ha con Gabashvili, che fa di tutto per farlo uscire dai gangheri. Così, comincia a parlare con se stesso: «Questo qui tira sempre fuori il jolly quando è in difficoltà». E poi, riferito alle grida del russo: «Fa più rumore dell’Azarenka». Precipita Fabio, anzi ruzzola dentro il crepaccio quando dal 2-1 del 4 set e servizio va 2-5. «Ma in quel set ho subito un torto», si giustifica. E’ il torto che innesca la sua rabbia e gli costa il penalty point (dopo un warning per aver spedito al pubblico una pallina). Un giudice di linea, che lo aveva colto in fallo di piede in precedenza, non chiama out una palla molto dubbia. E allora alla fine del game Fabio, passandogli accanto, gli toglie gli occhiali e glieli posa sulla testa. In un amen è sul 2-5, appunto, con il russo che per la seconda volta arriva a due punti dal successo. Ammette di aver pensato che fosse davvero finita: «Il penalty point è stato un vero torto, la pallina era fuori e mi sono entrati in testa pensieri negativi. Ma gli americani sono cosi, fanno le regole a modo loro. Questo è il peggiore di tutti gli Slam. In che senso, scusi? «Ma sì, anche l’organizzazione, la logistica, gli spostamenti: pessimo».
Quando Fognini tira giù il sipario del drammone, dopo la battaglia epica, sono trascorse 4h47′ (200-198 punti). Troppo tempo e troppa energia buttati per un primo turno, che uno con il suo talento avrebbe potuto liquidare molto più agevolmente. Allora, Fabio sfoga la frustrazione con il fuori programma. Apre e chiude la mano come si fa quando qualcuno chiacchiera eccessivamente e punta l’indice verso la curva, come se i colpevoli di questa maratona si annidassero proprio lì (c’era anche Flavia). Chi? Non lo spiegherà. Anzi, Fabio ti pianta un sorriso birichino e dice: «Ma dai, siete sempre a cercare il pelo nell’uovo. Ho semplicemente esultato alla mia maniera. Mi è venuto con spontaneità: sono fatto così. Con il russo nessun problema, con lui ho scherzato un po’ in campo quando ho fatto quella battuta. Poi è venuto persino negli spogliatoi a farmi i complimenti». Sul match ammette di essere stato fortunato: «Sì, ho avuto anche fortuna, ma ho lottato con tutte le mie forze e alla fine ce l’ho fatta».
Raffreddata la mente ed eliminata l’adrenalina, analizza il dopo, quello immediato, di oggi contro lo spagnolo David Ferrer, numero 13 del ranking: «Ci ho sempre perso (9 volte, ndr). Se voglio vincere devo alzare il livello del gioco. E’ il mio obiettivo, vorrei riuscire a batterlo prima che si ritiri. Lui è un po’ calato, però al meglio dei cinque non è facile spuntarla. Dovrò sbagliare meno e osare di più: ora o mai più (…)
——————————————-
Fognini rimonta e show: “Io contro tutti” (Roberto Zanni, Corriere dello Sport)
Quante volte l’ha fatta, la sceneggiata, Fabio Fognini? Quante volte, un po’ tutti, gli si sono rivoltati contro? Ma in questa occasione come si fa a dargli torto? Provate voi a giocare quattro ore e quarantasette minuti con qualcuno che dall’altra parte della rete geme come un forsennato, a ogni colpo. «Neanche l’Azarenka urla così tanto – gli ha gridato a un certo punto l’azzurro – mi immagino cosa sarai a letto». Ma è stato solo uno dei momenti di una giornata incredibile che ha visto Fognini, al termine di una maratona di cinque set, recuperare uno svantaggio di 0-2 e mandare a casa quel russo chiassoso e insopportabile di Teymuraz Gabashvili. E Fognini la partita se l’è presa da grande campione, perdendo i primi due set, poi vincendo il terzo al tie-break quando ormai sembrava tutto perso, e da lì è partita la cavalcata. Ma ci sono stati anche gli occhiali tolti al giudice di linea che gli chiamava i falli di piede e alla fine, conquistato il punto della vittoria, rivolto alla tribuna ha detto e ripetuto «Io contro tutti», poi il gesto con le mani di chi parla troppo facendo intuire un «Adesso cosa dirai…», ma rivolto a chi? Uno show durante la partita, ma anche appena finita, peccato che l’organizzazione degli U.S. Open l’avesse relegato in un campo secondario, martedi Fognini meritava di più.
Partire da due set sotto e vincere a New York gli era successo anche l’anno scorso, con un avversario però di ben altro spessore, Rafa Nadal. «Il primo set è stato strano – ha poi detto rilassato Fognini – due volte avanti e non sono riuscito a dare la zampata e dal tiebreak (quello della prima frazione di gioco ndr) ho cominciato a essere abbastanza negativo. Poi a tratti ho giocato benino e anche tanto e ho avuto un po’ di fortuna, ma alla fine quello che conta è aver centrato la vittoria». E non ce l’aveva con il pubblico, almeno con la maggioranza, perchè il tifo è stato tutto, o quasi, per Fabio. «È stato bello, una bella emozione – ha concluso – poi queste genere di partite, quando si entra in lotta, sotto di due set… L’avevo già fatto l’anno scorso con Rafa e penso che la gente se lo sia ricordato un po’. E sì, mi piace giocare in queste condizioni».
prossimo appuntamento per Fognini si chiama David Ferrer, nove i precedenti, e nessun successo, ma questi U.S. Open, per l’Italia sono tomati azzurri, dopo tanti anni di rosa Quest’anno infatti al secondo turno sono arrivati oltre a Fognini, anche la sorpresa Giannessi (atteso da Wawrinka) partito dalle qualificazioni primo Slam in carriera, Lorenzi (che affronterà Simon) e Seppi che in nottata ha giocato con Nadal (…)
———————————————
Roberta adesso può farci sognare (Claudio Giua, repubblica.it)
Un tempo si davano di gomito, preoccupati, i dirigenti della Federazione Italiana Tennis: sul cemento i nostri terraioli sono come i piccioni del tiro a volo. Li abbattono subito. Non è più così. Roberta Vinci, in teoria (rovescio in back, strategie elaborate, preferenza per le palle da raggiungere scivolando sul campo) la più terraiola delle azzurre, sta confermando che si può imparare a dare il massimo su qualsiasi superficie. Flushing Meadows la esalta. Sta esprimendosi ai livelli di un anno fa, quando qui a New York giocò il suo miglior torneo di sempre. E’ mobile lateralmente e in avanzamento, implacabile sotto rete, micidiale al servizio, meticolosa e, insieme, fantasiosa nell’applicazione degli schemi messi a punto in migliaia di ore di allenamento con il suo coach Francesco Cinà. Lo stesso che poco prima dello Slam newyorkese del 2015 – quello della trionfale semifinale con Serena Williams – le fece un “certo discorsetto” di cui non ha mai rivelato i particolari. Ma che, assicura Cinà, “funzionò” al punto da sospingerla verso la finale.
Dopo la vittoria in due set al primo turno a spese di Anna Lena Friedman, nel secondo turno la tarantina ha concesso a Christina McHale quattro game (6-1 6-3) in un’ora e quattro minuti di gioco. L’americana di madre cubana e d’infanzia cinese, 24 anni, numero 51 WTA e 6 USA, non ha trovato le necessarie contromisure né al servizio, sempre piazzato al limite, né ai frequenti attacchi della vicecampionessa degli UsOpen, che ha chiuso il match con uno spettacolare passante di diritto lungolinea sottolineato dalla standing ovation del pubblico del Louis Armstrong Stadium.
Roberta è l’unica italiana rimasta in tabellone, dunque stavolta non deve dividere i riflettori con altre azzurre, né con Sara Errani, né con Camila Giorgi, uscite di scena all’esordio. E’ la condizione psicologicamente ottimale per chi, come lei, chiede sempre il sostegno tonante del suo pubblico, sugli spalti o dall’altra parte dell’Atlantico. Decisa – pare – a chiudere la carriera agonistica prima di compiere, in febbraio, 34 anni, la numero 1 d’Italia intende mostrare d’essere capace di un altro Slam da protagonista. Intanto, domani, al terzo turno, troverà un’altra tedesca, Carina Witthoeft, 21 anni, WTA 105, che ieri ha disposto agevolmente, seppure in tre set, della kazaka – nata a Mosca, dunque un’altra esule della racchetta – Yulia Putintseva, 21 anni, WTA 42. (Non abbiate timore, Roberta sa quanto sono pericolose le giovani rampanti).
Chiamato in chiusura di giornata ad affrontare un peso massimo del tennis – Rafael Nadal – dal quale in passato le ha buscate otto volte su nove, Andreas Seppi non ha modo di seguire le orme di Roberta. Il suo Flushing Meadows finisce qui, con un netto 0-6 5-7 1-6 alla fine di un match che ha il momento di massima eccitazione collettiva quando il preziosissimo tetto mobile dell’Arthur Ashe Stadium si chiude per la prima volta nella storia degli UsOpen. Sono le 22.39 locali e l’intera operazione dura 5 minuti e 35 secondi, scanditi dal count-down del foltissimo pubblico (…)