Dopo aver superato il secondo turno senza essere sceso in campo, per il forfait di Jiri Vesely, il n. 1 del mondo Novak Djokovic affronterà nei sedicesimi di finale il veterano russo Mikhail Youzhny, che qui a Flushing Meadows sta brillando come ai bei tempi, quando era un top ten (best ranking n. 8 nel 2008). All’esordio Youzhny ha spazzato via (6-2 6-2 6-1) la testa di serie n. 28 Martin Klizan e anche al secondo turno non ha avuto grossi problemi nel superare l’argentino Pella in tre set (61 62 76).
Del resto, proprio a New York il tennista russo ha raggiunto i suoi migliori risultati a livello Slam, spingendosi per ben due volte in semifinale, nel 2006 e nel 2010. E arrivando anche ai quarti di finale nel 2013 (perse proprio contro Djokovic, in quattro set), ultimo torneo dello Slam in cui si è spinto oltre il secondo turno, prima di questo. Soprattutto la prima semifinale, quella raggiunta nel 2006, fu qualcosa di entusiasmante. Youzhny arrivò a New York da n. 54 al mondo, all’esordio eliminò il tre set il n. 19 del seeding Domink Hrbaty, a seguire rimontò due set al cileno Massu e dai sedicesimi in poi batté di fila tre teste di serie spagnole – David Ferrer, Tommy Robredo e Rafa Nadal. L’impresa più clamorosa fu proprio quella nei confronti del maiorchino, testa di serie n. 2 e secondo giocatore al mondo, che sconfisse 6-1 al quarto. In semifinale fu l’idolo di casa Andy Roddick a fermarlo, in quattro set, in un match che forse avrebbe potuto avere un altro esito se nel tie-break del terzo set avesse avuto la meglio il tennista russo.
Ma per Mikhail – giustamente – il passato, per quanto bello da ricordare, è passato. Ci sono nuove sfide da affrontare. “Fu un match fantastico quello con Nadal, non ci sono dubbi, ma da allora sono passati dieci anni. Sono ancora nel Tour, adesso c’è un nuovo torneo e non voglio guardare al passato. Mi sento bene agli US Open, ho vinto molto qua, ma durante un torneo non è il momento adatto per voltarsi indietro” ha detto il 34enne moscovita, intervistato dal sito serbo b92 dopo la vittoria contro Klizan, rispondendo alla domanda sui suoi ricordi del suo primo exploit nello Slam americano.
Meno di un anno fa, ad ottobre, dopo una brutta stagione ( i quarti all’ATP 250 di Zagabria e gli ottavi al Masters 1000 di Montreal, gli unici acuti degni di nota), il “Colonnello” (come viene chiamato dai suoi fans, soprannome legato al saluto militare che Youzhny effettua dopo ogni vittoria) era sceso oltre la 150esima posizione del ranking. Non deve essere stato facile rimettersi in gioco a 33 anni e cercare di tornare in alto. Una sfida che portava con sé anche una certa dose di pressione, ogni match era diventato delicato, ogni vittoria era molto importante. “Mi piace il mio lavoro, e adesso apprezzo molte più cose rispetto a quando avevo 18- 19 anni. La pressione c’è sempre – se non ci fosse dovresti andare in pensione. Quello che voglio dire che è vero, lo scorso anno sono sceso molto in classifica, ma è stata una sensazione bellissima tornare a disputare i grandi tornei” ha risposto l’attuale n. 61 al mondo.
Che ha poi fatto un’ulteriore riflessione sul tema, rivelando le sensazioni che sta provando ora che ha raggiunto l’obiettivo. “Guardi tutto con occhi diversi e ti dici: “Posso ancora giocare contro i più forti, posso ancora giocare sui più grandi campi del mondo”. Non gioco a tennis perché non ho altro, ma perché lo amo. Penso che questo sia importante. Certo, qualche volta non è semplice – la famiglia non può sempre seguirti – ma il tennis è ancora la mia vita” ha concluso Youzhny, che già con i punti conquistati arriverà a ridosso dei top 50, dai quali era uscito nel gennaio 2015.