[7] C. McHale b. K. Siniakova 3-6 6-4 6-4
Se non è un ballo delle debuttanti poco ci manca. Protagoniste dell’atto conclusivo nell’Hashimoto Sogyo Japan Women’s Open Tennis – torneo WTA International in corso di svolgimento questa settimana a Tokyo dotato di un montepremi di 250 mila dollari – sono infatti la statunitense Christina McHale, accreditata della settima testa di serie qui in Giappone, e la ceca Katerina Siniakova, 4 anni in meno all’anagrafe e una dozzina di posizioni di ritardo nella classifica mondiale stilata lo scorso lunedì. Per le due giocatrici, dunque, la possibilità concreta di mettere a referto il primo significativo successo di una carriera che fino ad oggi poteva contare, per entrambe, su di una sola sfortunata finale. A questa sfida, Christina e Katerina, sono arrivate attraverso percorsi sostanzialmente differenti. Se per la prima l’approdo è risultato un autentico calvario – quattro partite (su quattro) vinte in tre faticosi parziali, due delle quali solo al tie-break conclusivo – molto meno dispendioso si è rivelato invece quello della più giovane rivale, brava e un po’ fortunata nel venire a capo di un secondo turno complicato ma per il resto capace di concedere solo le briciole alle altre malcapitate avversarie. Non si tratta questo di un inedito assoluto. Sono infatti due i precedenti, con il computo che recita una vittoria per parte. Curiosamente i due incontri si sono disputati sempre sull’erba di Birmingham, nel 2015 e nel 2016. Si gioca, oltre che per 43 mila dollari e 280 punti, per iscrivere il proprio nome in un albo d’oro di buonissimo livello che ha visto in Yanina Wickmayer l’ultima vincitrice.
Con un’ora abbondante di ritardo sulla tabella di marcia, causa inclemenza meteo, si parte con Siniakova al servizio. Il colpo d’occhio non è quello delle grandi occasioni: impianto da torneo di provincia, pubblico sparuto a dir poco, cielo plumbeo, giocatrici vistosamente incerottate e campo spazzato da un vento fastidioso. Potenzialmente interessante il confronto di stili tra due tenniste asimmetriche nei rispettivi punti di forza. Macchinosa al servizio e con il diritto tendenzialmente ballerino la ceca, ma con un rovescio da top player; più lineare la statunitense, che fa invece del diritto in spinta il fulcro del suo gioco. Il primo set, complice un po’ di comprensibile tensione, è piuttosto bruttino. Ad aprire il parziale sono due game in fotocopia: break e contro-break fissano il punteggio sull’uno pari. In una selva di errori, spesso pacchiani, gli unici lampi di luce cristallina sono disegnati nell’aria da i rovesci di Siniakova, brava a proporne in tutte le salse, con una varietà di angoli e rotazioni fuori dal comune senso di geometria. La battuta non è quasi mai un fattore e dopo tre giochi che faticosamente seguono l’ordine dei servizi altri tre break in rapida successione spediscono la ceca, talvolta incomprensibilmente nervosa, a servire per il parziale, chiuso da un rovescio anomalo (e come se no?) nonostante un doppio fallo sul primo dei due set-point.
Il pit stop di rito è buono per asciugare il campo da qualche goccia di pioggia prima che una McHale apparsa di colpo provata dalle dieci ore di lotta sin qui sostenute, e sotto già di un break, si ritrovi a dover fronteggiare due sanguinose palle dello zero a tre – primo punto di non ritorno dell’incontro – poi malamente sciupate da una Siniakova che pare adesso avvertire la pressione. Due game interlocutori, uno per parte, e la pioggia torna ad essere protagonista e gioco sospeso. Dopo mezz’ora di riflessione negli spogliatoi si riprende con la nativa di Hradec Kralove al servizio e in un amen, e senza patemi, è quattro a due. L’impressione è che la qualità del match non abbia tratto giovamento dalle bizze di Giove Pluvio. McHale sul filo del cornicione prova però a scuotersi nell’intento di essere più propositiva, anche con il colpo più debole; al di là della rete Siniakova, invece, appare remissiva e più imprecisa da ambo i lati. Il frangente premia il coraggio dell’ex n.24 del mondo che, prima fa pari e patta e poi allunga sul cinque a quattro. Con addosso tutta la pressione derivante dall’occasione sciupata, un turno sciagurato di servizio nel corso del decimo game costa carissimo alla ceca che pare aver smarrito ogni riferimento sul campo. Si va dunque al terzo e decisivo set con il rischio acquazzone sempre incombente e l’inerzia tutta dalla parte della rediviva del New Jersey.
I giochi in fila vinti dalla McHale, che d’incanto ha smesso di sbagliare, salgono a sette quando, in lacrime, Siniakova è costretta al MTO (coscia destra) indietro per tre a zero. Che dire, una partita tormentata. Al rientro in campo, l’ennesimo, non bastano due palle game alla ceca per fermare l’emorragia: quattro a zero e partita virtualmente in ghiaccio. Il linguaggio del corpo delle due contendenti è quasi più esplicito dell’impietoso punteggio; la partita tatticamente non c’è più con Siniakova che spara ad occhi chiusi ogni palla le capiti a tiro. L’effetto, complice anche un eccesso di braccino per una McHale evidentemente poco avvezza a chiudere positivamente i tornei, è quello di riesumare un incontro che sembrava aver già scritto i titoli di coda. Avanti cinque a tre, la statunitense si porta a servire per il match. Niente da fare, Siniakova si inventa kamikaze e con qualche bella sortita a rete riporta in parità il computo dei break. La festa è però solo rimandata al gioco successivo nel quale la volontà di rimettere in campo ogni palla ha la meglio sul fuori tutta della ceca.
Per la formichina Christina dunque primo sofferto hurrà in carriera e un balzo di undici posizioni nella classifica mondiale. Per Siniakova, che a sprazzi ha lasciato intravedere qualità davvero interessanti, la consolazione di svegliarsi domattina forte del nuovo best ranking, fissato al numero 53. A guardarle il lato sinistro c’è da pensare che questo potrebbe essere solo l’inizio.