“Ivo dove sei, quando abbiamo bisogno di te?”
Così recitava uno striscione al Palazzetto dello sport di Zara durante la semifinale di Coppa Davis tra Croazia e Francia. Quasi profetico, dato che pochi giorni dopo la conquista della seconda finale della storia del tennis croato, si è saputo che il secondo singolarista Borna Coric avrebbe dovuto sottoporsi ad un intervento chirurgico per rimuovere alcuni frammenti ossei che creavano problemi al tendine del ginocchio destro e che metteva in serio dubbio la sua partecipazione alla finale di Zagabria.
Da quel momento in Croazia, tutti ad invocare a gran voce il ritorno di Ivo Karlovic in nazionale. Proprio come chi aveva scritto quello striscione.
“L’ho sempre chiamato in tutte le occasioni e lo farò anche stavolta” ha subito dichiarato il ct Krajan, onde chiarire che non c’erano preclusioni di sorta né sue, né degli altri giocatori, nei confronti dell’eventuale comeback del “Gigante di Salata” (come Ivo viene chiamato in patria, con riferimento al quartiere della capitale croata dov’è nato ed ai suoi 211 cm di altezza).
Perché allora da 4 anni Ivo non gioca in Davis? La ragione è semplice: l’età. Lui l’aveva detto chiaro e tondo a fine 2012: “Tra poco compirò 34 anni e devo concentrare la mia carriera nel circuito se voglio giocare ancora un paio di stagioni senza grossi infortuni. Nell’ultimo periodo non è stato così. L’ho comunicato personalmente al selezionatore Krajan e lui ha accettato. La rappresentativa croata anche senza di me ha le qualità necessaria per ottenere dei buoni risultati nel World Group. Sono stato e sarò il loro più grande tifoso” disse Karlovic, a quel tempo n. 100 al mondo.
Non è che la cosa, in quel periodo, sconvolse particolarmente l’opinione pubblica croata. Reduce da un infortunio a metà stagione, Ivo stava uscendo dai top 100 e a metà dell’anno dopo – complice anche una meningite virale – sarebbe sceso oltre la 150esima posizione. Pochi in patria credevano che il quasi 34enne tennista di Zagabria sarebbe stato di nuovo utile alla causa della nazionale.
Pochi credevano ancora in lui. Come, del resto, era spesso era capitato in passato.
Sin da quando, da ragazzino, dato che i genitori non avevano le risorse economiche necessarie per fargli fare delle lezioni private aggiuntive finiva spesso ai margini del gruppo di allievi, poiché i maestri privilegiavano i ragazzi che poi pagavano le lezioni private. Finendo così per girovagare di club in club (qualche volta anche a causa di papà Vlado, che scottato dalle precedenti esperienze talvolta litigava con dirigenti e maestri non appena aveva solo la sensazione che non ci fosse la giusta attenzione verso il figlio). O quando, da adolescente, faceva difficoltà a trovare coetanei con cui allenarsi. Nessuno infatti trovava utile giocare con uno che tendenzialmente sparava cannonate imprendibili di servizio e poco altro. E anche quando passò professionista, dato che – sempre per le non sufficienti capacità economiche – non trovò per diverso tempo un coach che lo seguisse nel circuito.
A dire il vero, la carriera in Davis di Karlovic non è che sia stata un qualcosa di eclatante da giustificare particolari rimpianti: convocato 19 volte, schierato in 14 tie, in singolare ha disputato 17 incontri vincendone 9, in doppio ne ha giocati 8 vincendone esattamente la metà.
L’esordio a 21 anni, nel 2000, nel quarti di finale del Gruppo II contro l’Irlanda. In coppia con Ivanisevic porta il punto del 3-0 in doppio e poi scende in campo anche in singolare battendo Niland. Praticamente la stessa cosa in semifinale, nel 5-0 contro la Costa d’Avorio che porta la Croazia nel Gruppo I: sempre in coppia con Goran vincono il doppio in cinque set e poi supera nell’ultimo match N’Goran.
Viene convocato nuovamente nel 2002, nei quarti di finale contro l’Argentina a Buenos Aires. Dove, a sorpresa, viene schierato come secondo singolarista dal capitano Pilic. Perde in quattro set contro Juan Ignacio Chela e poi nettamente contro Gaston Gaudio il match decisivo sul 2 pari, dopo che la coppia Ivanisevic/Ljubicic in doppio e Ljubicic in singolare avevano riportato le sorti in parità dopo lo 0-2 della prima giornata. Tante le critiche che piovvero addosso a Nikki Pilic per averlo schierato sulla terra rossa, non certamente la superficie ideale per esaltare le doti di eccezionale battitore di Karlovic.
“Il match durò cinque ore e Karlovic mise a segno 43 ace” raccontò tempo dopo Pilic per spiegare il motivo per cui schierò Ivo. Parlava del match di spareggio contro l’altro candidato al posto di singolarista. Chi era l’altro giocatore? Proprio il ct attuale, Zeljko Krajan, all’epoca n. 153 del mondo, mentre Karlovic era n. 189. Sta di fatto che dopo le polemiche scoppiate in quell’occasione, Pilic preferì non convocarlo l’anno dopo.
Torna nel 2004, ma la Croazia è subito eliminata dalla Francia: perde in doppio in coppia con Mario Ancic (contro Escude/Llodra) e poi un match a punteggio acquisito con Escude.
Nel 2005, dai quarti di finale in poi, fa parte della squadra che conquista la Davis, giocando però solo un match, in semifinale contro la Russia a punteggio acquisito (perso contro Tursunov).
Dopo la conquista dell’insalatiera, due anni di assenza: c’è chi dice per una questione relativa al premio per la vittoria, la cui suddivisione non parve equa a Karlovic.
Il ritorno nel 2008: gioca e perde contro Bolelli il primo singolare della sfida dei quarti di finale del Group I contro l’Italia, che i croati riescono comunque a portare a casa con il punteggio del 3-2.
Si riscatta pochi mesi dopo, quando è il protagonista dei playoff che sanciscono il ritorno della Croazia nel World Group. Nel 4-1 sul Brasile, perde in doppio in coppia con Zovko contro Melo/Sa al quinto, ma batte Alves e Bellucci nei due singolari.
Nel 2009 viene convocato in tutti e tre i match. Al primo turno vince a punteggio acquisito l’incontro contro Podlipnik-Castillo nel 5-0 sul Cile. Vince il primo singolare 7-5 al quinto contro Blake, nel match dei quarti di finale che poi la Croazia vincerà 3-2 sugli Stati Uniti.
Brucia invece la sconfitta in singolare in semifinale, quando la Croazia viene sconfitta in casa per 4-1 dalla Repubblica Ceca: anche stavolta scende in campo nel primo match, ma perde 16-14 al quinto contro Stepanek dopo 5 ore e 59 minuti, quinto match più lungo della storia della Davis. A parziale consolazione, il record personale di ace in un match al meglio dei cinque, 78, ancora oggi record a livello di Coppa Davis. Che fu anche record assoluto, fino alla pazzesca partita tra Isner e Mahut dell’estate successiva a Wimbledon.
Nel 2010 gioca nel vittorioso primo turno contro l’Ecuador (5-0): batte Lapentti al quinto e poi con Cilic conquistano il punto del 3-0 in doppio.
Torna l’anno dopo, sempre al primo turno,e qui la sconfitta forse più inaspettata: sul veloce indoor del Dom Sportova di Zagabria, con Dodig esce sconfitto in doppio contro la coppia tedesca Kas/Petzschner in cinque set e poi perde in tre set il match decisivo contro lo stesso Petzschner, giocato al posto di uno stremato Dodig reduce da cinque set contro Kohlschreiber in singolare e altrettanti in doppio. Anche in questo caso si consola un po’ grazie al suo servizio: durante il doppio scaglia la battuta più veloce nella storia del tennis, a 251 km/h (anche questo record verrà battuto l’anno successivo: dall’australiano Samuel Groth nel maggio 2012).
Nel 2012 è l’assoluto protagonista del match di primo turno, portando a casa i 3 punti della vittoria in trasferta contro il Giappone: in singolare batte Nishikori e Soeda in tre set e in doppio (con Dodig) la coppia Uto/Sugita in quattro set.
L’ultimo atto, come detto, i quarti di finale contro l’Argentina, di nuovo sulla terra rossa di Buenos Aires. Perde in tre set il secondo singolare contro del Potro e poi, in coppia con Cilic, 8-6 al quinto contro Nalbandian/Schwank.
L’ultimo atto fino a pochi giorni fa. Perché Karlovic se ne è stato in silenzio alcuni giorni, mentre in patria in molti – giornalisti, tifosi, addetti ai lavori – a gran voce ne reclamavano il ritorno in nazionale. Ma alla fine ha capito che tornare era la cosa più giusta da fare.
Di nuovo contro l’Argentina, ma questa volta sulla sua superficie preferita.
Di nuovo una finale, ma questa volta da protagonista.
Di nuovo per stupire, come spesso è accaduto in passato, i molti che non hanno creduto in lui.
Come da adolescente, quando a 16 anni, batté la grande promessa del tennis mondiale Marat Safin.
Come nel 2003, quando già 24enne, da perfetto sconosciuto n. 203 del mondo, si qualificò per il tabellone principale di Wimbledon e batté al primo turno il campione uscente e n. 2 del mondo Lleyton Hewitt.
Come nel 2014, quando a 34 anni anni suonati – dopo che la già citata meningite virale lo aveva colpito nella primavera dell’anno prima e lo aveva fatto uscire dai primi 150 giocatori del mondo – torna nuovamente nei top 50, da cui era uscito nel luglio del 2010, dopo un brutto infortunio al tendine di Achille.
E ancora come quest’anno, quando un problema al ginocchio gli ha fatto praticamente perdere i primi quattro mesi della stagione, e poi in estate ha vinto i tornei di Newport e Los Cabos e raggiunto la finale all’ATP 500 di Washington.
Dr. Ivo stupirà tutti per l’ennesima volta?
Non sarebbe poi così sorprendente, a ben vedere. Perché – attenzione – se togliamo i match disputati sulla terra battuta, quel 9/8 in singolare di Karlovic in Coppa Davis diventa un 8/3 sul veloce. Che rende obiettivamente logiche le speranze croate di vittoria. Perchè anche se del Potro fosse in grado di giocare e vincere due singolari, Cilic e Karlovic sono in grado di battere l’altro singolarista argentino (Pella? Mayer? Delbonis?) sul cemento indoor della Zagreb Arena e il doppio Cilic/Dodig, che quest’anno ha già battuto i leggendari fratelli Bryan e la coppia n. 1 la mondo Herbert/Mahut, può conquistare il terzo punto necessario a riportare l’insalatiera in Croazia dopo 11 anni.
“Eccomi” è stata sui social la risposta di Karlovic, con il suo consueto humor, a quello striscione di Zara e a tutti gli appelli per il suo ritorno.
Il gigante è tornato. E vuole chiudere alla grande. Ma forse non per stupire – ancora – chi non ha creduto in lui.
Forse, semplicemente, per fare un regalo a se stesso, oltre che alla sua gente: per regalare un’altra soddisfazione a quel ragazzo che nessuno voleva allenare e con cui nessuno voleva allenarsi.
Quel ragazzo che voleva solo giocare a tennis.