da Basilea, il nostro inviato
Seconda giornata di ostilità alla St. JakobsHalle di Basilea, dove scendono in campo padroni di casa e nomi di spicco. Prima del tennis giocato però, vale la pena di costeggiare il Reno e la sua veduta rilassante, per farsi ispirare nel fresco di fine ottobre. Si scende ad Hardstraße, e si passeggia verso Est fino ad un minuscolo slargo in cui si trova, isolata e maestosa, la St. Alban-Tor: una porta in mattoni e legno, che faceva parte dell’ultima cinta muraria della città, datata intorno al 1400. La cancellata verticale, dal tipico sapore medioevale, è l’accesso ad uno degli scorci più fiabeschi di tutta Basilea, specialmente con i colori autunnali: St. Alban, per l’appunto, un groviglio di vicoli in pietra e distese alberate, con panchine in ferro ricoperte delle foglie umide cadute con il vento del mattino. Le tegole rossastre dei tetti che si stagliano alle spalle delle mura della porta, in contrasto con le colline del parco in cui si entra attraversandola, rendono il posto una sorta di Mecca per chiunque sia dotato di una Reflex, un libro o delle scarpe da running. Se invece si ha voglia di un’aria meno romantica e più mondana, è bene fare un salto in Messeplatz, al centro della quale campeggia una gigantesca galleria ovale, con un buco nel mezzo che crea un pittoresco gioco di suoni e luci quando piove (immaginate un’enorme doccia nel mezzo di una piazza gremita di gente). Sul lato ovest della struttura, un ascensore vi porta fino al trentunesimo piano, l’ultimo, per entrare nel Bar Rouge: pavimenti lucidi e pareti in vetro con vista mozzafiato, tra divani in tessuto fine e illuminazione artistica dalle tonalità, inutile dirlo dato il nome, rosse, per fare colazione con il naso che punta sul sobrio ma espressivo skyline della “città del Re”.
Match inaugurale vittorioso per l’unico rappresentante italiano in terra elvetica, il sempreverde Paolo Lorenzi, quest’anno trionfatore a Kitzbuhel (in Austria, poco distante da qui) per il suo primo alloro ATP. Il senese supera l’ostico Nicolas Mahut, oggi senz’altro meno reattivo e offensivo, irretito dalla resistenza e dalla sagacia tattica di Paolino. Il game d’apertura è minaccioso: otto minuti, con Lorenzi che morde il break alla terza occasione facendo quello che sa fare meglio. Resiste infatti ai tentativi d’attacco dell’avversario, fino a indovinare un bel dritto incrociato che capovolge i poteri dello scambio: Mahut arranca e alla fine spara in corridoio. L’azzurro serve benissimo, sfruttando anche le variazioni con la seconda, e risponde meglio se possibile, leggendo senza affanno le traiettorie del francese e dettando i ritmi degli scambi che vanno oltre il quarto colpo; sia dritto che rovescio atterranno spesso a ridosso delle righe, costringendo Mahut al rischio massimo che quasi mai paga. Paolo conduce con disinvoltura fino alla fine del primo parziale, che mette in borsa dopo quaranta minuti con il sesto ace dell’incontro sul set point. In tribuna, da poco atterrato da Stoccolma a quanto dice, il mitico giudice di linea Mohamed Layhani.
La cornice è quella del Campo 2, molto elegante con le pareti in cemento nero che contrastano in modo deciso con le fredde luci alogene e le tonalità di blu della superficie di gioco. Una sola tribuna sul lato lungo di fronte al sediolone dell’arbitro è gremito dei competenti appassionati svizzeri, che ogni tanto squillano “dai Paolo!”. Il senese annulla una pericolosa palla break in avvio di seconda frazione, con un insolito serve and volley per andare 1-1, e tre giochi dopo strappa il servizio approfittando del nervosismo di Mahut, che si incarta in un doppio fallo e nei suoi monologhi. Due gravissimi errori con il dritto quasi a campo aperto del francese gli impediscono di rientrare nel match, le sue urla belluine di disapprovazione spaventano le vicinissime prime file ma non Lorenzi: Paolo è bravo infatti a non concedere spiraglio alcuno, continuando a martellare al servizio e rimanendo ordinatamente nei pressi della riga di fondo quando c’è da manovrare, senza scomporsi quando penalizzato da una chiamata dubbia (non è presente la tecnologia Hawk-Eye). I giochi trascorrono con decorso naturale fino al 5-4, quando l’italiano serve per il match e si procura un match point, ma la macchina si inceppa: bravissimo Mahut ad annullarlo in spinta, poi un doppio fallo e un gratuito di rovescio permettono al galletto di trovare un parità in cui forse non sperava neanche lui. Si arriva al tiebreak: scambio di favori nei primi tre punti, poi Lorenzi indovina uno strepitoso passante di rovescio per portarsi in vantaggio 5-4. Il punto successivo è un gratuito di Mahut per altri due match point: basta il primo, l’azzurro vince un duello da polmone artificiale quando vede l’ultimo recupero dell’avversario decollare verso le pareti. Un’ora e quaranta minuti per obliterare il ticket verso il secondo turno, dove lo attende Kei Nishikori.
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