dal nostro inviato a Vienna
“Cronacato” poco, trasmesso in televisione anche meno, al di fuori di situazioni speciali come la Coppa Davis o le Olimpiadi il doppio non sembra godere di grande considerazione. Ingiustamente, bisognerebbe aggiungere: in tempi tennistici in cui si lamentano la monotonia delle bordate da fondo e l’ipertrofia muscolare dei singolaristi, è in questa sotto-disciplina che si può ancora trovare sollievo. E grandi soddisfazioni, come quella che venerdì sera hanno colto Bob e Mike Bryan, i gemelli omozigoti californiani che formano la coppia più vincente della storia del tennis due contro due. Con la loro vittoria sulla coppia Troicki/Cuevas nei quarti di finale dell’Erste Bank Open, l’ATP 500 di Vienna, i Bryan sono stati la prima coppia a raggiungere le 1000 vittorie di doppio in carriera. Per comprendere meglio la portata dell’impresa di questi due trentottenni basta pensare che il secondo posto di questa classifica è occupato dai Woodies (gli australiani Todd Woodbridge e Mark Woodforde), ritiratisi all’inizio dello scorso decennio dopo “soli” 508 successi.
Per celebrare l’impresa di Bob e Mike, la ATP e l’organizzazione del torneo hanno preparato una piccola celebrazione in campo con tanto di enorme torta Sacher, che i due hanno spartito con il direttore del torneo Thomas Muster e con il pubblico rimasto fin quasi a mezzanotte per vederli giocare. Finiti i festeggiamenti, i gemelli hanno raggiunto la sala stampa e l’hanno trovata semi-deserta: i reporter si erano dileguati già da ore. Così quella che doveva essere una press conference si è trasformata in una bella chiacchierata, grazie anche alla parlantina dei due. Unica piccola difficoltà? Distinguerli!
Congratulazioni, questa millesima vittoria è davvero una pietra miliare. Pensate che possa aiutare ad aumentare la considerazione che si ha del doppio?
MIKE: Lo spero. Insomma, 1000 è un numero bello grosso. Sapevamo che la ATP avrebbe pubblicizzato la cosa, e se aiuta il doppio ne siamo felici. Di questo si tratta, diffondere il verbo, il “vangelo” di quanto il doppio sia un gran bel gioco. Oggi il pubblico è stato meraviglioso con noi, abbiamo avuto Thomas Muster in campo e una torta. E la torta non sembrava per niente economica, eh… (Risate.)
BOB: Siamo contenti di esserci riusciti stasera, anche perché avevamo visto la torta prima del match e sarebbe stato davvero un peccato sprecarla…
Prossimo passo? Avete ottenuto questo, ci sono altri obiettivi in vista?
BOB E MIKE, in coro: Duemila? (Risate.)
BOB: La nostra carriera non è finita, ci sono ancora cose che vogliamo fare. Questo numero gratifica il duro lavoro che abbiamo fatto e il nostro amore per questo gioco. Se non amassimo il doppio non avremmo ottenuto questo risultato. Sono ore e ore passate a fare le cose nel modo giusto, è un sogno che si avvera. Ma non siamo soddisfatti, vogliamo andare avanti, adesso c’è un altro match, vogliamo concentrarci.
MIKE: Vogliamo coronare la settimana con il trofeo. Non veniamo a questi tornei soltanto per portare a casa l’assegno, vogliamo vincere. Diciotto anni insieme sul tour, comportandoci come professionisti così a lungo, rimanendo insieme così a lungo. Non ci sono incontri facili al nostro livello, tutti sono lì per portare a casa il trofeo. Essere i primi ad aver raggiunto le 1000 vittorie in coppia è stupendo, e quando guarderemo indietro alla nostra carriera questo giorno sarà lì in cima, insieme ai 16 Slam, all’oro olimpico.
Per quanto tempo avete avuto in mente il raggiungimento del record? Oggi senza dubbio ci stavate pensando, ma da quanto?
BOB: Abbiamo tenuto d’occhio i numeri da quando siamo arrivati a 900, credo fosse Shanghai dello scorso anno? (Gli viene in soccorso il fratello: sì, è Shanghai.) E insomma, non avevamo proprio intenzione di ritirarci nei 900. (Risate.)
MIKE: Ci sono stati piccoli infortuni, momenti duri negli ultimi 12 mesi, e questo record da perseguire ci ha dato la forza per andare avanti.
BOB: Per arrivare a 1000 vittorie non puoi prenderti un giorno di ferie per davvero. Devi alzarti, auto-motivarti costantemente, andare in palestra e rimanerci. Significa andare a dormire prestissimo la maggior parte delle sere, rinunciare ad un sacco di cose.
MIKE: Sì, sono un sacco di rinunce. (Sorridono tra di loro, ma non si può voler sapere tutto.) Si tratta finire tutte le sere a guardare la televisione. Anche in off-season, alla vigilia di Natale, il fatto che dovresti tenerti in forma è qualcosa che è sempre lì, dentro la tua testa. Ma è bello farlo insieme, come fratelli gemelli, girare il mondo e condividere esperienze.
Mai annoiati l’uno dell’altro?
BOB: Abbiamo avuto i nostri alti e bassi, ci sono stati momenti “fisici” ma abbiamo un legame speciale di gemelli, è indistruttibile, nessuno e nulla può spezzarlo. Abbiamo avuto molti momenti drammatici.
MIKE: Abbiamo subìto sconfitte spezza-cuore, sono quelle che ricordiamo di più, hanno testato la nostra unione. E sta ancora in piedi, siamo ancora affamati e andiamo ancora d’accordo.
BOB: È come un matrimonio, puoi paragonare doppi ai matrimoni: quaranta settimane l’anno in hotel e in allenamento e in campo insieme, così tante ore a contatto. Come vedi un sacco di queste partnership si sgretolano e svaniscono dopo due o tre anni.
MIKE: La percentuale di divorzio nei doppi è del 99,9… Noi abbiamo un matrimonio basato sull’abuso fisico (Risate.) Ma se una moglie viene picchiata nella maggior parte dei casi lascia il marito, noi dobbiamo rimanere in campo.
E quanto spesso vi picchiate, di preciso?
BOB: Un paio di volte l’anno…
E… chi vince?
BOB: Ci siamo entrambi presi i nostri lividi.
MIKE: Ci rende più forti! (Risate.)
Non so bene come funzioni negli USA, ma in Italia non si insegna il doppio per davvero ai ragazzi, come disciplina autonoma. Se due si trovano, spesso è per caso o come ripiego.
MIKE: No, è vero. È una questione culturale. Da noi negli States, in Gran Bretagna, in Australia la storia del doppio è forte. Quindi vedi grandi folle, ragazzini che ci giocano. Inizia tutto al livello junior, aiuta vederlo in TV, la Davis è molto importante per la diffusione dei doppi. Ovunque andiamo abbiamo un ottimo responso di pubblico, i fan hardcore del tennis amano il doppio. Se vai nei parchi, in tutti gli Stati Uniti, vedi gente di ogni età che gioca il doppio.
BOB: È molto formativo, giocare il doppio da bambini. Ti dà un gioco completo, all court. È così che abbiamo fatto noi, giocavamo doppio e singolare, e abbiamo perfezionato i nostri colpi per il doppio e le nostre volée in età molto giovane. Raccomandiamo la stessa cosa ai ragazzi, di non starsene a fondo campo per due ore, venire un po’ a rete, serve and volley, mischiare le carte, migliorare aggiungendo varietà al loro gioco da singolare.
Come avete detto, la Coppa Davis conta molto per i doppisti. Cosa pensate dell’idea delle Final Four?
BOB: Il formato va rivisto, senza dubbio. Abbiamo una programmazione molto faticosa, piena. La Davis è una parte importante della nostra carriera, e la amiamo, ma sono settimane dure e stressanti.
MIKE: Molti sport già lo fanno, prendi il Superbowl. Lo giocano in campo neutro e i fan sono tutti lì lo stesso. Non devi giocare in casa per forza. E poi sarebbe qualcosa di molto più comprensibile per i casual fan, più accattivante per chi non conosce il tennis: tutti i migliori nazionali insieme nello stesso posto, invece che una partita lì a febbraio, un’altra dalla parte opposta del mondo a luglio… la gente non vedrebbe l’ora, credici.