dal nostro inviato a Parigi
Paris, ultimo torneo “regolare” dell’anno prima della conclusione sull’indoor londinese. Non è l’appuntamento più importante nella capitale francese, ma è sicuramente quello in cui le tensioni della stagione sono in via di scioglimento e capita di ascoltare qualche dichiarazione più interessante del solito. E se siamo in Francia, perché non ascoltare cosa hanno da dire i transalpini?
Si parte con Jo-Wilfried Tsonga, che guarda ancora alle Finals con speranza ma deve superare l’ostacolo Nishikori. Nel frattempo dispensa saggezza: “Ho cambiato il movimento del servizio perché avevo dolore al ginocchio e non ho alcun rimpianto. Non c’è tempo per guardarsi alle spalle, alla fine andiamo tutti a finire nella stessa scatola, l’unica cosa che io voglio fare è andare avanti […] Ad un certo punto della tua vita devi essere intelligente abbastanza da capire che devi cambiare determinate cose, quando stai perdendo. Io sono interessato a cosa sta accadendo ora e cosa accadrà domani; quello che è accaduto in passato non ha importanza”.
Lucas Pouille è il ritratto dell’umiltà: “Presto avrò una classifica migliore di quella di Roger? solo che lui ha giocato solo quattro mesi (sorride). Il mio obiettivo non era stare davanti a Roger, questa è solo un trivialità”.
Nicolas Mahut telegrafico: “Ringrazio i Bryan Brothers per le belle parole che hanno avuto per me e il mio compagno di doppio Herbert. Io cerco sempre di ispirarmi al loro modo di giocare e di allenarsi”.
Si prosegue con Benoit Paire, che in casa si fa ben volere solo a tratti: “Ero un po’ preoccupato per il modo in cui sarei stato accolto dal pubblico parigino, ma ora sono rinfrancato. Avevo un po’ di paura prima di entrare in campo, però loro si sono divertiti e anche io”.
Degna conclusione con Gilles Simon, senza dubbio il più frizzante: “quest’anno l’organizzazione sta facendo le cose per bene. Ricordo negli anni scorsi una semifinale Murray-del Potro giocata sul campo numero 1, io pensai: ok. Comunque quando non giochi sempre sullo stesso campo è dura perché le due superfici non sono mai uguali. Il Centrale è molto grande e cambia molto rispetto al campo numero 1. Per me è stato molto difficile anche adattarsi al campo numero 2 in doppio. Lo so che a te non importa del mio doppio, io ti sto solo dicendo che è stata dura […] La lotta per il numero 1 è interessante, ma non mi cambierà la vita. Il mio prossimo avversario? Non conosco molti giocatori a cui piaccia giocare contro Berdych. Dipende se verrà il vero Tomas o suo fratello”.