La “generazione dei fenomeni” serba, quella che ha vinto la Coppa Davis nel 2010 e il cui più fulgido rappresentante è ovviamente l’ex n. 1 del mondo e 12 volte campione Slam Novak Djokovic, comincia a fare i conti con l’età che avanza. Nel 2017 il citato Djokovic compirà 30 anni, quelli che ha già festeggiato lo scorso febbraio Viktor Troicki, mentre Janko Tipsarevic spegnerà in giugno 33 candeline. Per non parlare del doppista Nenad Zimonjic, che ha già raggiunto le 40 primavere quest’anno.
In Serbia già da qualche anno si spera che tra le giovani leve del tennis nazionale spunti qualcuno che sappia rinnovare i fasti dei quattro moschettieri di Belgrado. Curiosamente infatti, tutti e quattro i giocatori citati sono nati nella capitale serba, dove conquistarono anche l’insalatiera battendo in finale la Francia per 3 a 2. Ovviamente gli addetti ai lavori del paese balcanico sperano – neanche tanto segretamente – di trovare la promessa che possa avvicinare le gesta di Nole (223 settimane in vetta alla classifica ATP e 66 tornei ATP vinti), ma l’obiettivo realistico è di poter avere qualcuno che possa almeno eguagliare quelle di Tipsarevic (best ranking n. 8 e quattro tornei ATP vinti) o di Troicki (best ranking n. 12 e tre tornei ATP vinti).
Due-tre anni fa molte speranze erano riposte in Nikola Milojevic e Laslo Djere, rispettivamente n. 1 e n. 3 della classifica mondiale juniores nel 2013. I due si sono però un po’ persi per strada – anche se hanno comunque solo 21 anni – ed attualmente sono n. 238 e n. 185 della classifica mondiale.
Ma ora la speranza serba ha un altro nome, quello di Miomir Kecmanovic. Il 17enne tennista balcanico ha appena conquistato, per la seconda volta consecutiva, il più prestigioso torneo mondiale juniores, l’Orange Bowl. Una doppietta che era riuscita più di quarant’anni fa solo agli statunitensi Harold Solomon (1969-1970) e Billy Martin (1973-1974). Ed ha terminato la stagione da n. 1 del mondo juniores.
“Ho giocato molto bene tutto il torneo, sono arrivato ben preparato, con una serie di vittorie alle spalle e come n. 1 al mondo” ha detto Miomir parlando della vittoria in Florida in un’intervista con un quotidiano serbo. Vittoria alla quale però non dà molta importanza in previsione del suo futuro da tennista professionista.
“Ho da lavorare ancora molto per avvicinarmi alle leggende di questo sport. Certo, è una bella sensazione sentirsi paragonati a Federer, McEnroe, Lendl… So che nessuno di loro ha difeso il titolo dell’Orange Bowl, ma si tratta di competizioni giovanili, non significa nulla. So benissimo che il tennis professionistico è completamente diverso da quello juniores, so che sarà impegnativo, ma sono pronto a lavorare duramente. Il tennis, è come ogni altra professione, bisogna imparare e migliorare costantemente” ha dichiarato Kecmanovic, che con l’Orange Bowl ritiene di aver chiuso un capitolo della sua vita tennistica.
“Sento di aver chiuso nel modo giusto la mia carriera juniores e che adesso posso passare a quella nuova, quella da professionista. Dal prossimo anno mi concentrerò sulla classifica ATP. Il primo posto nella classifica under 18 in questo senso rappresenta una grande spinta per affrontare le sfide che mi aspettano tra i professionisti.”
Nonostante Kecmanovic professi giustamente umiltà, sapendo che le vittorie da junior non sono assolutamente garanzia di successi nel circuito maggiore (anche il citato connazionale Djere vinse l’Orange Bowl, nel 2012), in patria dopo la doppietta Eddie Herr-Orange Bowl gli è stata appiccicata definitivamente l’etichetta di “nuovo Djokovic”. E, come spesso capita in questi casi, è tutto un ricercare similitudini – talvolta anche forzate – tra lui e il fuoriclasse di origini montenegrine, quasi a cercare i segnali che confermino che sì, Miomir è quello giusto.
Si parte dal fatto che sono entrambi di Belgrado (dove Miomir è nato il 31 agosto 1999, poco più di 12 anni dopo Nole), e su questo non c’è niente da obiettare. Ben più forzato il paragone tra il fatto che Novak sia esploso definitivamente dopo la conquista della Coppa Davis nel 2010, mentre il due volte campione degli Orange Bowl abbia tratto ulteriore entusiasmo e motivazione dalla convocazione in Coppa Davis (come quinto giocatore) nel luglio scorso, tanto da vincere in seguito tre tornei e conquistare altre quattro finali a livello juniores. Come rivelato dallo stesso Kecmanovic.
“Dopo la Coppa Davis è girato tutto a meraviglia! Allenarsi e stare in gruppo con i miglior giocatori serbi è stato indimenticabile. Per come abbiamo lavorato, ma anche per come ci siamo divertiti assieme. Quando sono diventato n. 1 al mondo mi hanno chiamato tutti per congratularsi e chiedermi i piani per il futuro. Sono fantastici, sono un grande stimolo per me. Vorrei ripetere quell’esperienza e spero di poter giocare un giorno per la Serbia.”
Un’altra effettiva similitudine con Djokovic – ma anche con tantissime altre promesse del tennis – è la scelta di andare via da casa giovanissimo per cercare di migliorare il più possibile. Novak si trasferì a 12 anni a Monaco di Baviera all’Accademia di Nikki Pilic, Miomir è volato invece in Florida a 13 anni, da Nick Bollettieri, dove si allena tuttora.
“Il mio capo allenatore all’Accademia è Jose Lambert (che in passato ha seguito Monika Seles e Jim Courier, ndr), ma mi alleno anche con Pat Harrison. Ovviamente spesso durante gli allenamenti si presenta lo stesso Nick Bollettieri, che mi dà molti consigli, come anche il direttore dell’Accademia Rohan Goetzke (che è stato per dieci anni l’allenatore di Richard Krajicek, ndr)” ha raccontato il teenager belgradese, spiegando che allenarsi in Florida continua a rappresentare per lui una grande opportunità di crescita.
“Mi piace confrontarmi con tutti. Per questo sono contento quando ci sono i tornei del Grande Slam o altri grossi tornei del circuito in America o in Australia, perché allora molti professionisti vengono all’Accademia ad allenarsi. Così ho avuto l’opportunità di palleggiare con Mirnyi, Haas, Nishikori, Bagdathis, Groth, Stepanek, Pospisil e altri” ha rivelato l’attuale n. 795 ATP. Qui ci sarebbe da obiettare, a chi cerca le somiglianze tra i due, che Nole a diciassette anni finì l’anno da n. 186 ATP, anche se è giusto osservare che l’attuale n. 2 del mondo scelse di dedicarsi al circuito professionistico ben prima del suo connazionale.
Umiltà, passione, voglia di lavorare e di crescere. Tutte caratteristiche fondamentali per cercare di diventare un campione. Ma si sa che ci vuole anche carattere, per affrontare e superare le difficoltà che una carriera da sportivo professionista inevitabilmente pone davanti. Carattere che pare non mancare al giovane belgradese, a giudicare dalla sua risposta alla domanda sul paragone tra il suo gioco e quello dei grandi del tennis attuale.
“Mi piace il mio modo di giocare. Tra i campioni, apprezzo in particolar modo il gioco di Djokovic e di Federer, ma non ho mai voluto imitare nessuno. Cerco di sviluppare un mio stile personale di gioco e lavoro ogni giorno per migliorare in tutti gli elementi del gioco.”
Come a dire: va bene, cercate pure tutte le similitudini che volete, ma io sono Miomir Kecmanovic.