D. Istomin b. [2] N. Djokovic 7-6(8) 5-7 2-6 7-6(5) 6-4 (Manuel Dicorato)
Clamoroso al Melbourne Park! Novak Djokovic, sei volte vincitore dell’Australian Open, viene estromesso al secondo turno da Denis Istomin in cinque fantastici set. Nole viene sconfitto dal tennista uzbeko, testimonial Lotto, ma anche dal giudice di sedia Alves con cui ha polemizzato fin dal primo game, da Hawk-Eye che molto spesso l’ha penalizzato di millimetri e da quel nastro tinto con i colori della bandiera uzbeka dall’inizio alla fine. Il Nole che lascia l’Australia nel giovedì della prima settimana è stato troppo brutto per essere vero; persino più brutto del Djokovic della seconda parte del 2016 che ha dovuto accettare il sorpasso di un Murray che ora in classifica sembrerà irraggiungibile, proprio come Djoker sembrava al mondo intero fino a sette mesi fa.
Il numero 2 del mondo capisce che sarà battaglia sin dal primo game: per tenere il servizio gli sono serviti ventiquattro punti e ben sei palle break da fronteggiare. Nel quarto, nel sesto e nell’ottavo game non gli bastano dodici, dodici e quattordici punti (tre palle break totali) per superare l’Everest che oggi si ritrova dall’altra parte della rete. Quel Denis Istomin che prima gli strappa il servizio nel settimo gioco (per poi farsi brekkare nel game successivo) e poi, un’ora e venticinque minuti dopo l’inizio del match, gli porta via il primo set in un tie-break combattutissimo, in cui l’ex numero 1 del mondo sciupa due set point. Il secondo set è battagliato tanto quanto il primo con il primo squillo che arriva dal belgradese: nel quinto game infatti Djokovic arriva ad avere l’ennesima palla break che Istomin è capace di annullare. Il serbo inizia ad innervosirsi e, al termine del settimo game, si scaglia contro il giudice di sedia rea di aver concesso diversi secondi ad Istomin per pensare se chiamare Hawk-Eye oppure no. Lo spreco inutile di energie rischia di pagarlo nel nono game quando, sul suo servizio, si ritrova sotto 15-40. Qui Novak torna Djokovic e piazzando un rabbioso 12-2 di parziale chiude il set sul 7-5. Mai sottovalutare il cuore di un campione, amava ripetere Rick Adelman, storico coach degli Houston Rockets.
L’amata Rod Laver Arena inizia a pensare che il suo primo attore possa aver avuto un semplice passaggio a vuoto ed il pensiero diventa realtà quando il fuoriclasse serbo per la prima volta si porta avanti di un break. Nel terzo game infatti, ritrovando le consuete geometrie, la testa di serie numero 2 strappa il servizio ad Istomin. Il game successivo è la cartina al tornasole del match: un Djokovic distratto ed eccessivamente falloso si consegna ad Istomin che lo impatta sul 2-2. Ma qui nuovamente Djokovic ha una reazione d’orgoglio e piazzando quattro game di fila si presenta al quarto set avanti due set ad uno. All’apertura del quarto set, si ha la sensazione che Istomin il suo picco l’abbia raggiunto; forse se ne accorge pure Djokovic che fallendo per l’ennesima volta il colpo del ko, fa un omaggio al suo avversario concedendogli prima parecchi metri di campo e poi il servizio. Il settimo game sembra essere l’ennesima della svolta per Djokovic che trova il contro break al termine di una straordinaria corsa verso la rete a difesa di una pregevole stop-volley del rivale. Istomin però non demorde e, con coraggio leonino, prima si procura un set point nel decimo game sul servizio di Djokovic e poi conducendo il tie-break dall’inizio alla fine porta la partita al set decisivo.
Prima del match l’uzbeko avevo detto che se sconfitta doveva essere la voleva al quinto. Probabilmente le sue parole sono diventate polvere nella sua mente perché Istomin, sin dal primo punto del quinto set lascia andare il braccio senza paura. Questo lo porta a controllare i suoi turni di battuta e, se possibile, a pungere sul servizio del serbo. Sul 2-2 infatti, dopo l’ennesimo game giocato senza alcun timore reverenziale, l’uzbeko coglie il break che con grande maestria saprà difendere sino al Game, Set, Match sancito dal giudice di sedia.
Per Djokovic è il momento della riflessione: negli ultimi quattro grandi appuntamenti (i tre slam successivi al trionfo parigino e l’Olimpiade) per tre volte non ha superato il terzo turno ed agli US Open è arrivato sino in finale senza mai affrontare un top 8 ed approfittando di due ritiri. Il serbo avrà alcune settimane di tempo per ritrovare la serenità perduta e forse per incamerare definitivamente nella sua testa che il ko con Querrey a Wimbledon ha fatto capire ai suoi avversari che quello che sembrava un robot in realtà è battibile. Per Istomin invece, dopo il trionfo che vale una carriera ed una favola assicurata da raccontare ai nipoti prima di dormire, non vi è tempo per pensare: tra due giorni infatti sarà di nuovo in campo contro Carreno Busta per accedere per la prima volta agli ottavi di finale nell’Happy Slam. Happy, la parola che deve ritrovare il tennis di Djokovic, oggi meritatamente battuto.
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