A volte, forse troppo spesso, ci dimentichiamo dell’essenza di quello che facciamo. Raccontiamo lo sport, uno sport bellissimo, complesso, pieno di sottotesti umani ed emotivi prima che di contenuti agonistici e (ovviamente) spunti tecnici. Lo raccontiamo agli appassionati, appassionati che siamo noi per primi. Il rischio di prendersi troppo sul serio è sempre in agguato, manco fossimo cronisti di “nera”, o corrispondenti da zone di guerra. Fondamentalmente, qui ci sono alcune decine di ragazze e ragazzi, estremamente dotati fisicamente e a livello di coordinazione, che giocano a tennis meglio di tutti gli altri. Vincono, perdono, giocano bene o giocano male. Sono contenti quando vincono, sono incazzati quando perdono. Guadagnano parecchio denaro, grazie al fatto che molti tifosi pagano per vederli in azione dal vivo o in televisione.
Ma è finita lì.
Punto.
Fine.
Tutto, tutto questo baraccone, in qualsiasi torneo di qualsiasi parte del mondo, vale meno di 5 minuti del lavoro, che ne so, di un pediatra di periferia. E questo ogni tanto è bene ricordarselo, nel momento in cui si litiga su chi sia il più forte, per esempio, o quando, come detto, si cede alla tentazione di prendersi troppo sul serio, a cominciare da noi che facciamo da tramite nella comunicazione. Anche perché, se si vanno a vedere da vicino, questi talentuosi ragazzi, sono esattamente quello che dovrebbero essere: allegri, spensierati, giovani, a volte non proprio delle “cime” culturalmente, ma nella stragrande maggioranza dei casi se la godono senza troppo stress. Facciamolo anche noi, ne guadagneremmo tutti.
Stamattina Melbourne si è svegliata sotto un cielo plumbeo, con pioggerellina sottile e fredda che non ha smesso fin quasi a ora di pranzo, ritardando l’inizio dei match di una buona mezz’ora. Come sempre avviene in questi casi, le sessioni di allenamento si svolgono al chiuso, ma oltre ai campi dell’adiacente National Tennis Centre, il centro tecnico di Tennis Australia (dove non vuole andare nessuno), ci sono solo i tre stadi dotati di tetto. Il più ambito, chiaramente, è la Rod Laver Arena. I training però sono a porte chiuse, per assistere ho dovuto farmi accompagnare da un addetto alla security, e non c’è verso in questi casi che ti facciano andare in campo, puoi andare dove vuoi nello stadio, ma non dentro il terreno di gioco (che è quello che, appena possibile, cerco di fare io).
Ma la cosa ha un lato interessante: nell’ovattata atmosfera di un’arena da 15.000 posti deserta, e col tetto chiuso, i giocatori e le giocatrici si “smollano” parecchio di più rispetto a quando ci sono decine, se non centinaia, di fan a bordocampo pronti a fotografare qualsiasi dettaglio di quello che fanno. Ridono, scherzano, si prendono in giro a vicenda. Beh, quasi tutti.
Iniziamo dalle note stonate (si fa per scherzare, s’intende): Kei Nishikori. Un musone che non vi dico, nemmeno un sorriso, solo lavoro, allenamento, niente altro. In testa al pezzo, il suo colpo migliore, il bellissimo rovescio bimane, efficacissimo e anticipato come sempre.
Qui sopra, uno dei due colpi che ha allenato di più, il servizio, che è molto migliorato, ma ancora non è il massimo come pesantezza e rotazioni. Però è molto preciso, e in particolare da destra alterna alla grande la botta nel “sette” centrale e lo slice a uscire.
Qui sopra, dritti in avanzamento, l’altro fondamentale che Kei “lavora” sempre come un pazzo, è la terza volta in un anno e mezzo che lo vedo totalmente focalizzato sul lato destro. D’altronde, la botta bimane “se la porta da casa”, ma come sappiamo, per buono che tu abbia il rovescio, senza un dritto incisivo al vertice non ci arriverai mai.
E con quello sgobbone di Kei abbiamo finito. Passiamo alle cose divertenti e leggere. L’altra sessione sul campo centrale vedeva una “strana coppia” allenarsi insieme, fianco a fianco: Angie Kerber e Martina Hingis. Due personaggi del genere, campionesse tra le più grandi, che lavorano fianco a fianco, vanno assolutamente viste. La cosa simpatica è che hanno svolto entrambe gli stessi esercizi, un training mirato ai colpi di inizio gioco, servizio e risposta.
“Vediamo un po’ chi tira più forte?”. “Ok, ci sto”.
“Adesso facciamo una risposta a testa, dai”.
“Un rovescio io, e uno tu”.
“Guarda che bene che la anticipo!”. “E tu, guarda il mio dritto in allungo!”.
Insomma, una mezz’oretta divertente e simpatica a dire poco. Quando 7 titoli del Grande Slam in singolare, e veramente tante settimane da numero uno WTA in totale, si divertono giocando a tennis come ragazzine, ovviamente con qualità al massimo livello mondiale, ti migliora l’umore solo a vederle. Ma torniamo al simpatico ma ombroso Kei: il motivo per cui mi ha tanto stupito non vedere nemmeno una crepa, un mezzo sorriso, incrinare la monolitica e nipponica concentrazione di “Nishi”, è stato che l’atmosfera in campo – come ampiamente dimostrato da Martina e Angie, credo – era talmente informale e rilassata che perfino la serietà fatta coach, il grande Michael Chang (che è un mito, ma non è esattamente il prototipo del giovialone), era così rilassato da passare il tempo – udite udite – cercando di fare il record di palleggi con il fusto della racchetta.
Eccolo qui, per chi giustamente conoscendolo potesse avere dei dubbi.
Dopo giorni di match tiratissimi, ribaltoni contro pronostico, comportamenti discutibili e polemiche sui giornali, ci voleva un po’ di allegria e spensieratezza: e se si concede un po’ di sano relax mentale anche un tipo come “Michelino” Chang, direi che seguire il suo esempio diventa doveroso.
Gli spunti tecnici da bordocampo precedenti:
Denis Shapovalov, il futuro del rovescio a una mano
Tommy Haas, grazie di tutto e buona fortuna