Solo due Australian Open fa, sembrava che per il tennis australiano stesse per arrivare una nuova “età dell’oro”.
Chiaramente nessuno pensava che l’epopea dei Laver e dei Rosewall fosse replicabile al giorno d’oggi, ma in molti ritenevano che per la prima volta dal marzo 2002, quando Pat Rafter – ritiratosi a fine 2001 – uscì dalla top ten lasciando da solo il n. 1 Lleyton Hewitt, il tennis aussie potesse nuovamente aspirare ad avere più di un giocatore tra i primi dieci del mondo. Certo già averne anche solo uno – cosa che non capita più dal giugno 2006, quando “Rusty” ci tornò per l’ultima volta per un paio di settimane– sarebbe già stata una gran cosa, dopo quasi dieci anni fuori dai piani alti, ma dopo quello che accadde sui campi di Melbourne Park due anni fa il tennis Down Under sognava in grande.
Nick Kyrgios si spinse infatti sino ai quarti di finale, bissando il risultato ottenuto a Wimbledon l’anno prima, Bernard Tomic sembrava avere finalmente messo la testa a posto ed era arrivato nuovamente agli ottavi, come aveva fatto tre anni prima. E all’orizzonte c’era anche il giovanissimo Thanasi Kokkinakis, che appena entrato nella top 150 aveva battuto al primo turno la tds n. 11 Gulbis, prima di perdere al quinto il derby con Sam Groth, che poi a sua volta avrebbe lasciato il passo proprio a Tomic. Kyrgios 19 anni, Tomic 22, Kokkinakis 18: il futuro sembrava veramente sorridere al tennis australiano in quella calda estate di Melbourne di due anni fa.
Oggi, quel sogno di un futuro sorridente pare già quasi svanito: quest’anno nemmeno un tennista di casa si è spinto oltre il terzo turno a Melbourne. Delle tre grandi promesse in questione, Nick Kyrgios ha subito la legge del contrappasso da parte di quell’Andreas Seppi che proprio nel 2015 aveva battuto in rimonta al quinto. Per carità, questa edizione dello Slam australiano ha fornito sorprese ben più clamorose della sconfitta di un 21enne testa di serie n. 14 contro un quasi 33enne scivolato al n. 89 del ranking, ma è sembrata l’ennesima conferma che il “bad boy” di Canberra, tra sceneggiate in campo e interviste, non abbia la voglia di mettersi veramente d’impegno per cercare di diventare un campione e mettere a frutto il suo indubbio talento tennistico. Discorso più o meno uguale per Bernard Tomic, arresosi al terzo turno a “Calimero” Evans. Anche qui una sconfitta che ci può stare, dato che il britannico sta giocando il miglior tennis della sua vita, ma appunto anche per il tennista di origine croate si può replicare quanto detto sul suo “amico-nemico” Kyrgios, tra comportamenti fuori dalla righe e dichiarazioni sulle motivazioni che lasciano quantomeno perplessi. Ma nel caso di Tomic, visti i tre anni in più all’anagrafe, si comincia a pensare che i treni che passeranno ancora non saranno così tanti.
Intanto la selezione australiana ha brillantemente superato l’ostacolo Repubblica Ceca (orfana di Berdych) in Coppa Davis, con l’aiuto di Kyrgios ma senza Tomic. Nella scorsa edizione il team guidato da Hewitt era stato eliminato dagli Stati Uniti al primo turno e quest’anno avrà l’occasione di prendersi la rivincita ai quarti di finale, dove troverà proprio la squadra statunitense. Probabilmente torneranno a giocare assieme Nick e Bernard, che dopo i bisticci della scorsa stagione avevano dichiarato di avere tutta l’intenzione di vincere la Davis insieme, un giorno. Hewitt in questi giorni si è espresso su Tomic, come detto assente nel tie svolto sui campi di Melbourne, consigliando al vulcanico Bernard di valutare la possibilità di allontanarsi dal padre. Insomma, c’è sempre qualcosa da dire o da consigliare ai due ragazzi di casa Australia. È evidente che entrambi non paiono presi dalla sacra passione per il gioco, quella passione necessaria per fare il salto da buon giocatore a campione. Forse non hanno capito che fortuna sia aver ricevuto in dono dalla natura un talento simile. O forse invece l’hanno capito, ma talvolta la paura di fallire è più forte della voglia di provarci e magari nascondersi dietro alla maschera del “ragazzo dannato” può essere meno doloroso dell’eventuale fallimento. Non possiamo sapere se è così e forse non lo sapremo mai, comunque sia l’augurio per entrambi è che si guardino dentro e ci riflettano bene. Sarebbe un peccato sentire anche loro tra qualche anno avere gli stessi rimpianti di Marat Safin, un altro grande talento che avrebbe potuto fare molto, ma molto di più. E in questo caso stiamo parlando di uno che è stato n. 1 al mondo e ha vinto due Slam: comunque un altro livello rispetto ai due giovanotti australiani. Kokkinakis, invece, che dei tre sembrava l’unico ad avere l’attitudine mentale giusta, a causa di problemi fisici è fermo da oltre un anno (nel 2016 ha giocato solo un match, quello di primo turno perso alle Olimpiadi). E ripartire senza avere una classifica, anche se si hanno solo vent’anni, non è mai facile.
Altro di eccezionale non si vede all’orizzonte, anche se Rafter ultimamente ha parlato benissimo del quasi diciottenne Alex De Minaur, che a Melbourne è arrivato al secondo turno. Stesso risultato di Whittington e Thompson, che sono entrambi già 23enni, quindi ancora giovani ma non certo giovanissimi. Insomma, niente di simile a quanto successo due anni fa e che iniziò a far sognare una nazione intera.
Ma talvolta i sogni nascono proprio quando meno te lo aspetti. E magari sono proprio quelli che poi si realizzano. Come dicono da quelle parti, Don’t worry mate, she’ll be right.