Negli ultimi anni si parla sempre di più di mental coaching e sono sempre più le persone che decidono di avvalersi dell’aiuto di un mental coach. Pochi anni fa fece scalpore la frase detta durante un discorso da Bill Gates “Everyone needs a coach”. Soprattutto perché detta da colui che rappresenta il “self made-man” di successo per antonomasia, suscitò molta curiosità in tutto il mondo e contribuì ad aumentare l’interesse verso questa figura professionale.
Ma cos’è il coaching e come funziona?
Per dirlo useremo le parole di Robert Dilts, uno dei principali collaboratori di Richard Bandler e John Grinder, i fondatori della PNL, la Programmazione Neuro-Linguistica. La PNL si potrebbe sinteticamente definire come un insieme di modelli, capacità e tecniche per pensare e agire efficacemente, ed è per il coach una importante “cassetta degli attrezzi”, termine con cui nel coaching viene definito l’insieme degli strumenti e delle tecniche utilizzate dal coach nel suo lavoro. Dilts, che è uno dei massimi ricercatori e sviluppatori di nuove tecniche di PNL a livello mondiale, ha definito il coaching come “il processo attraverso il quale si aiutano individui e gruppi di persone a raggiungere il massimo livello delle proprie capacità di performance”, aggiungendo che “le metodologie di coaching sono orientate al risultato, piuttosto che centrate sul problema. Tendono ad essere fortemente centrate sulla soluzione, ad incentivare lo sviluppo di nuove strategie di pensiero e di azione, piuttosto che cercare di risolvere problemi e conflitti del passato.”
Chi è e cosa fa un mental coach?
ll mental (o personal) coach è un professionista che supporta il proprio cliente (coachee nella terminologia del coaching) a raggiungere gli obiettivi prefissati e a portare più soddisfazione e qualità nella propria vita personale e/o professionale. Lo affianca per aiutarlo ad esaminare la sua situazione attuale, a definire gli obiettivi ed elaborare e applicare un piano d’azione per raggiungerli, individuando le risorse più funzionali già in suo possesso e contemporaneamente a ridurre le possibili interferenze che influenzano negativamente la performance. Sono principalmente tre le aree di riferimento in cui opera un mental coach.
Life Coaching – rivolto alla singola persona ed è orientato al raggiungimento di determinati obiettivi personali o professionali. Può avere come focus d’intervento la motivazione, il miglioramento delle relazioni, della vita professionale e di quella affettiva. Si possono conseguire obiettivi, migliorare le performance, migliorare i processi progettuali, organizzativi ed esecutivi.
Business Coaching – applicato al mondo degli affari, delle professioni e dell’impresa. Si rivolge a imprenditori, professionisti, manager e a chiunque sia interessato ad affrontare tematiche di natura aziendale/professionale. Tra gli obiettivi in questo ambito vi sono il miglioramento delle performance, il conseguimento di cambiamenti e degli obiettivi desiderati. Può essere orientato a imprenditori e manager (con cui si lavora, ad esempio, sulla leadership o sulla motivazione) o al personale (con focus, ad esempio, sulla motivazione o sulla comunicazione efficace).
Sport Coaching – l’obiettivo è supportare l’atleta (o la squadra) nel raggiungimento di prestazioni di livello più elevato attraverso un processo che punta a massimizzare l’utilizzo delle capacità dell’atleta (o della squadra). Nello Sport Coaching l’azione del coach è fortemente rivolta all’individuazione delle risorse inutilizzate e inespresse nel gesto sportivo, all’individuazione e alla definizione degli obiettivi e all’incremento della prestazione, anche attraverso l’eliminazione di eventuali blocchi a livello mentale. E nel caso di un team, nello stimolare, mantenere e sviluppare lo spirito di squadra.
Il mental coaching nello sport
In questa rubrica tratteremo ovviamente di Sport Coaching, con particolare riferimento al tennis. Quanto detto all’inizio sulla diffusione del coaching vale anche in ambito sportivo, dove cresce il numero di squadre, atleti ed allenatori che si affidano ad un mental coach per prepararsi al meglio dal punto di vista mentale ed emotivo alle sfide che li attendono. E non parliamo solo delle sfide in campo o in pista. Proviamo per un attimo a pensare ad un allenatore di una grande squadra di calcio, di quelle che hanno in rosa almeno una quindicina di top player, che deve scegliere ogni settimana chi dei sui giocatori far accomodare in panchina. Se non addirittura in tribuna. E deve dirglielo, a giocatori che probabilmente sarebbero titolari inamovibili in quasi tutte le altre squadre. E nel dirglielo, deve essere in grado di fare in modo che mantengano, se non addirittura aumentino, la motivazione nell’allenarsi, la fiducia nelle proprie capacità, la fiducia in lui e nel fatto che le sue scelte siano sempre orientate al bene della squadra. Ecco, questo è un esempio di uno degli ambiti in cui un personal coach lavora con un allenatore. E tra gli allenatori di calcio che si sono avvalsi di un mental coach ce ne sono di famosi, come Fabio Capello, Carlo Ancelotti e Roberto Mancini.
Da questo punto di vista, è importante evidenziare come oggi la diffusione del coaching non è solo esclusività degli sportivi di vertice, come magari era fino a qualche anno fa. A tutti i livelli ci sono infatti sportivi che si affidano ad un personal coach per migliorare le proprie prestazioni al fine di raggiungere determinati risultati in ambito sportivo: dal campione affermato che vuole arrivare a giocarsi le sue chances di medaglia ai mondiali o alle Olimpiadi o in nel torneo più importante della stagione al 100% delle proprie possibilità, all’agonista amatore, che vuole migliorare il suo record nella maratona, completare il suo primo Ironman nel triathlon o non avere più “il braccino” quando arriva al 4 pari nel terzo set. Questo perché ad ogni livello è maturata la consapevolezza che il raggiungimento della prestazione ottimale, di un atleta o di una squadra, non può basarsi solo sul bagaglio di conoscenze tecnico-tattiche e sulla preparazione fisica. È infatti ormai chiaro che corpo, mente ed emozioni sono tra loro indissolubilmente legate, e di conseguenza non è sufficiente allenare solo il fisico e la tecnica per raggiungere il top delle proprie prestazioni.
Oggi, quindi, sempre di più la preparazione non si limita a migliorare le prestazioni fisiche ed a perfezionare la tecnica esecutiva o le tattiche di gioco, ma lavora anche sull’aspetto mentale. Secondo delle ricerche svolte anni fa dalla British Psycological Society (“Concentration Skills Training in Sport” – Greenless e Moran), dopo un periodo di coaching/allenamento mentale, le performance di molti atleti sono migliorate di oltre il 50%. L’aspetto mentale della prestazione sportiva rappresenta perciò uno dei tre fattori su cui bisogna lavorare in un programma di allenamento: preparazione fisica, tecnico-tattica e mentale. Il mental coach viene chiamato ad intervenire proprio su questo fattore, con l’obiettivo di rendere la mente un potente alleato per l’atleta, in grado di aiutarlo a raggiungere delle ottime performance in gara. Il mental coach aiuta l’atleta a rendere le proprie convinzioni positive ed a rafforzarle, ad eliminare i pensieri negativi e demotivanti, a gestire la tensione pregara, ad aumentare la concentrazione e l’attenzione, a sviluppare una mentalità vincente. Qui c’è un passaggio fondamentale da sottolineare, per non lasciare dubbi su quello che fa uno sport coach. Lo sport coach aiuta l’atleta ad esprimersi al massimo delle proprie potenzialità. Non si parla di vincere, si parla di raggiungere il massimo livello di performance in un determinato momento. L’obiettivo non può essere la vittoria, perché la vittoria non dipende solo dall’atleta: a seconda dello sport, ci sono uno o più avversari da affrontare, possono esserci dei giudici che lo valutano. Insomma, la vittoria non dipende esclusivamente dalla performance, anche se ottimale, dell’atleta stesso ma anche da fattori esterni. Invece raggiungere il proprio massimo livello di performance quello sì che dipende dall’atleta e dalla sua preparazione a livello fisico, tecnico e mentale.
Chi decide di affidarsi ad un personal coach – nella vita, nel lavoro, nello sport – decide perciò di seguire un percorso che lo porta a conoscere meglio se stesso per cercare di dare il meglio di sé. “Non puoi insegnare qualcosa ad un uomo. Lo puoi solo aiutare a scoprirla dentro di sé” diceva già cinquecento anni fa il padre della scienza moderna, Galileo Galilei. Questo è un altro aspetto importante da sottolineare: il mental coach non insegna ad una persona a diventare qualcuno di diverso, la porta a fare un percorso dentro di sé per trovare quello di cui ha bisogno. Perché, come dice il padre della PNL Richard Bandler, “Le persone hanno tutte le risorse di cui hanno bisogno ma le hanno a livello inconscio, tutto ciò che dobbiamo fare è renderle disponibili dove servono.”
Questa rubrica parlerà di questo percorso e delle tappe che lo compongono. Con anche lo spazio per qualche “pillola di coaching”, per chi volesse entrarci un po’ e non solo guardarlo da fuori. Pronti a partire?
Ilvio Vidovich è collaboratore dal 2014 di Ubitennis, per cui ha seguito da inviato tornei ATP e Coppa Davis. Personal coach certificato, ha conseguito un Master in Coaching, una specializzazione in Sport Coaching e tre livelli di specializzazione internazionale in NLP (Programmazione Neuro Linguistica): NLP Practitioner, NLP Master Practitioner ed NLP Coach. È anche istruttore FIT e PTR.