dal nostro inviato a Indian Wells
[9] R. Federer b. [5] R. Nadal 6-2 6-3
Non è stata l’epica battaglia della Rod Laver Arena, e non avrebbe potuto esserlo. Non c’è stato il pathos per il risultato, che dopo i primi 10-15 minuti è sempre stato saldamente in mano allo svizzero, ma di bel tennis se n’è visto tanto. L’urlo dei 15.000 e più dell’Indian Wells Tennis Garden, dall’ingresso in campo dei giocatori al consueto rito del lancio delle palline in tribuna, ha sancito una grande giornata di tennis, l’ennesima siglata dai due campioni che hanno cambiato volto a questo sport. La vittoria di Federer alla fine è stata nettissima, come era capitato solamente in qualche occasione al chiuso di un palasport, ed anche cinque anni fa in questo torneo, in un match disputato con poco più di 10 gradi sul termometro. Oggi di gradi ce n’erano molti di più, ma l’uomo che sembra aver trovato il modo di, se non proprio sconfiggere, quantomeno ingannare il tempo ha regalato l’ennesima magia che ha riportato tutti quanti a quella piovosa giornata del 2012.
Nessuna cortesia, nessuna scaramuccia, si parte subito con l’acceleratore a tavoletta. Dopo tutto Federer aveva detto che “i match 2 su 3 sono sprint, quelli 3 su 5 sono maratone”. Lo svizzero schizza dai blocchi di partenza presentandosi con un diritto ed un rovescio dal sapore… moderno, perché è da quest’anno che ha iniziato a giocare in maniera così spregiudicata contro Nadal. Il maiorchino risponde con un ace di seconda per il 40-30, ma poi si incarta con tre errori consecutivi che omaggiano Federer del primo break. Un omaggio di cui Roger davvero non ha bisogno, perché il suo tennis si è presentato in campo con il vestito della festa in questo pomeriggio californiano: servizio puntuale e preciso, risposte aggressive, e quello splendido rovescio coperto che gli ha dato il suo diciottesimo Slam solo poche settimane fa. Con una prima vincente annulla la palla dell’immediato controbreak ed i due seguenti rovesci lo mandano 2-0. La twittosfera ricorda che questi due game, sommati agli ultimi cinque della finale di Melbourne, fanno sette giochi consecutivi per Federer contro Rafa. Statistica di poco conto, perché quello che conta è il tennis super-aggressivo messo in mostra dal giocatore Nike in verde e la perenne difficoltà del giocatore Nike in giallo.
Nadal, che durante la sessione di riscaldamento sul Practice Court 2 (tenutasi fianco a fianco con il suo rivale odierno ed eterno) si era particolarmente concentrato sui colpi violenti da fondocampo con meno rotazione e più velocità, appiattisce il diritto che lo ha tradito nel primo game (e che lo aveva inguaiato il giorno prima contro Verdasco) ed alza il ritmo degli scambi. Ma quella parabola sinistra sul rovescio di Federer “che infiniti addusse dolori ai Rogeriani” (se mi si passa la citazione omerica) ora fa meno male, e quando gli scambi si allungano è proprio quella uncinata mancina a crollare per prima. Due risposte di rovescio al fulmicotone valgono il 4-1 pesante, tra le ombre che si allungano e lo stadio che si riempie per il match del torneo (finora). I riflettori sono accesi sin dall’inizio del match, nonostante manchino due ore buone al tramonto, e l’aria calda del pomeriggio risulta particolarmente invisa al nostro laptop, che reclama un reboot rifiutandosi di caricare le applicazioni richieste. Non ci sono più i 47 gradi che hanno dovuto sopportare Kyrgios e Djokovic nel match precedente, ma è pur sempre una calda giornata del deserto, priva di quel lieve velo di nubi che aveva temporaneamente rinfrescato la mattinata. C’è tempo per una SABR di Federer (non riuscita) ed un regale game di servizio (tre paurosi schemi servizio e dritto più un serve and volley) ed il primo set può andare in archivio con un 6-2 per Federer in 34 minuti.
Nadal prova ad aumentare i giri del motore sulla battuta, ma il suo avversario gli mostra che anche lui può chiedere di più al suo motore. La posizione molto arretrata del maiorchino in ribattuta è una manna dal cielo per Federer, che da sinistra lo inchioda spesso e volentieri in tribuna VIP ed in ogni caso si apre il campo magnificamente per le conclusioni vincenti sul secondo colpo, non importa se di diritto o di rovescio. Due stupendi diritti vincenti, accompagnati da una risposta vincente di rovescio danno il break allo svizzero nel secondo set, il break che segna la fuga definitiva: da lì solo tre “quindici” concessi Roger nei suoi turni di servizio, e sul 5-3, al primo match point, una risposta di rovescio all’incrocio delle righe simbolicamente chiude il capitolo 36 di questa favolosa rivalità, rinforzando la sensazione che qualcosa sia cambiato.