Di solito guardo le partite di tennis in televisione con i soli rumori del campo, senza commento, per cui ho pochissima conoscenza degli attuali telecronisti. Domenica scorsa però ho seguito la finale di Charleston su Supertennis con il commento affidato, se non sbaglio, ad Alessandro Nizegorodcew e Silvia Farina Elia. Li ho trovati misurati e precisi, e anche molto attenti nell’interpretare l’evoluzione tecnica e psicologica del match.
In più presentando il confronto hanno citato una statistica di cui non ero a conoscenza e che mi ha colpito molto: la partita tra Daria Kasatkina e Jelena Ostapenko è stata la prima finale WTA con in campo due teenager (entrambe sono nate nel 1997) a distanza di oltre sette anni. Occorre infatti tornare a Linz, al 18 ottobre 2009, per trovare una finale con due protagoniste sotto i 20 anni. Allora aveva vinto il torneo Yanina Wickmayer (nata il 20 ottobre 1989) su Petra Kvitova (nata l’8 marzo 1990) per 6-3, 6-4.
La prima cosa che ci dice questa statistica è risaputa, e non fa che confermare una tendenza evidente da diverse stagioni: il tennis ha spostato in avanti l’età dell’affermazione ai massimi livelli; è più difficile emergere da ragazzine, dunque che ne arrivino contemporaneamente due in una finale WTA è molto raro. Ma la questione che mi ha colpito di più è stata un’altra: oggi possiamo ripensare a quella partita di Linz non solo come a un confronto tra due promesse del tennis di allora, ma soprattutto come a un confronto tra due promesse di cui conosciamo il rendimento negli anni successivi.
In fondo è quello che ci si chiede sempre quando si seguono le giovani considerate più forti: saranno all’altezza delle aspettative? Riusciranno a sfondare davvero? Arriveranno a vincere qualcosa di importante?
Ecco in breve quale era la situazione di Wickmayer e Kvitova il giorno di quel confronto. Yanina era numero 24 del mondo, ed era reduce da un periodo straordinario: vincitrice in maggio a Estoril, aveva poi raggiunto la semifinale a Birmingham, la finale a ‘s-Hertogenbosch, e soprattutto la semifinale agli US Open. Grazie a quei risultati aveva compiuto un salto in avanti nel ranking di circa cinquanta posti.
Non solo: l’exploit di Flushing Meadows 2009 l’aveva portata all’attenzione di tutti, giornalisti e appassionati. E così si era saputo che si chiamava Yanina perché il padre era un grande fan di Maradona (aveva scelto per lei lo stesso nome di una delle figlie del “Pibe de Oro”) e che aveva avuto un percorso di affermazione particolarmente complicato. Yanina era orfana: aveva perso la mamma per un tumore quando aveva dieci anni e il padre, diventato suo coach, aveva anche dovuto misurarsi con le ristrettezze economiche nel tentativo di farle raggiungere i vertici del tennis.
A vent’anni ancora da compiere (due giorni dopo), Wickmayer era considerata una delle maggiori promesse del momento. Forse non agilissima, ma di sicuro alta e potente, con un buon servizio, un ottimo dritto e un solido rovescio, poteva sostenere scambi prolungati ad alto ritmo finendo spesso per prevalere grazie alle doti atletiche. Era veramente un’avversaria molto ostica per chiunque, e le due migliori italiane di allora, Flavia Pennetta e Francesca Schiavone, lo stavano sperimentando sulla loro pelle: contro di lei avrebbero sempre perso (0-3 Pennetta, 0-5 Schiavone, con un solo set vinto in otto confronti). Insomma, Yanina sembrava avere davanti a sé un futuro luminoso, in costante ascesa. Vincendo a Linz e raggiungendo la finale in Lussemburgo qualche giorno dopo, avrebbe accumulato altri punti decisivi per portarla nell’aprile 2010 fino al dodicesimo posto mondiale.
In quell’ottobre 2009 Petra Kvitova era meno pubblicizzata. Aveva sì vinto in gennaio a Hobart il suo primo torneo, ma non aveva avuto un’ascesa altrettanto spettacolare. In stagione forse il picco l’aveva raggiunto anche lei agli US Open, dove aveva eliminato la numero uno del mondo Dinara Safina dopo un confronto tiratissimo; ma poi a New York era stata proprio Wickmayer a fermarla negli ottavi di finale. A Linz il ranking le attribuiva il numero 55 del mondo e nel confronto diretto anche i bookmaker la consideravano sfavorita (1,71 a 2,29). Quel giorno il successo di Yanina sul campo non avrebbe fatto altro che rafforzare la previsione.
Questo era, in sintesi, il quadro di Linz 2009. Oggi naturalmente sappiamo che la realtà ha smentito quelle sensazioni, e che le carriere delle protagoniste hanno seguito un andamento divergente. Dopo il best ranking del 2010, Wickmayer non si è più confermata a quei livelli, e il rendimento è progressivamente sceso: per due-tre stagioni attorno al numero 25 del mondo, e poi oltre il cinquantesimo posto. Al contrario Kvitova sarebbe esplosa definitivamente nel 2011 con il primo Wimbledon, la vittoria a Madrid, al Masters e in altri tornei, sino al numero due del mondo.
a pagina 2: la finale di Charleston