Chi vuole guardare il bicchiere mezzo vuoto dirà adesso che le belle notizie arrivate questa settimana per il tennis italiano da Bogotà e Marrakech provengano in realtà dalla provincia del grande tennis (intesa non geograficamente, ma alludendo alla bassa competitività dei tornei in questione, sia per il loro modesto montepremi che per le relative, modeste entry list). Tuttavia, vincere non è mai facile, neanche a livelli tecnicamente non eccelsi e storie come quella di Francesca Schiavone, ribattezzata con merito da svariati anni “Leonessa” meritano di essere raccontate con la giusta enfasi, anche perchè caratterizzano la meravigliosa particolarità di questo sport.
Come sia mai possibile che la tennista milanese, che in questo 2017 non aveva mai superato un turno in un torneo WTA nè tantomeno aveva sconfitto una top 100, vinca il suo ottavo titolo -dopo Bad Gastein nel 2007, Mosca nel 2009, Barcellona e Roland Garros nel 2010, Strasburgo nel 2012, Marrakech nel 2013, Rio de Janeiro nel 2016- senza nemmeno perdere un set (tornando tra l’altro dopo due anni a vincere contro una top 20) resta un qualcosa di tecnicamente difficilissimo da spiegare, sebbene proprio la settimana scorsa avessimo, in questa rubrica, sottolineato le grandi qualità caratteriali di Francesca, la quale, ora può ambire ad entrare direttamente in tabellone a quel Roland Garros di cui è stata prima campionessa nel 2010 e poi finalista nel 2011. Quel che è sicuro è che il direttore degli Internazionali d’Italia, Sergio Palmieri, nell’annunciare proprio questa settimana che non avrebbe concesso alla Schiavone una wild-card nemmeno per le quali del Foro Italico – scelta molto discutibile in quella che è annunciata come l’ultima stagione di colei che è stata per palmares e classifica la più forte tennista italiana di tutti i tempi – abbia portato fortuna alla nostra campionessa. Che contina ad essere “affamata” di questo sport.
Ci sono altre belle notizie. Difatti, Gianluigi Quinzi, da molti considerato ormai un desaparecido del tennis nonostante abbia da poco compiuto 21 anni, ha battuto il suo primo top 100 (Donskoy) e per la prima volta si è qualificato ad un ATP 250, dove ha prima battuto un veterano del circuito da prendere sempre con le molle come Mathieu e dopo ha portato al terzo set, costringendolo a dare il massimo, un top 40 come il nostro Lorenzi: il cammino di Gianluigi resta da verificare, troppe volte ci siamo illusi, ma, se lasciato tranquillo, probabilmente potremo tornare a parlare di lui con continuità in questa rubrica che dall’inizio dell’anno scorso racconta l’andamento settimanale dei tennisti italiani nel circuito.
Anche il ritorno ai quarti di un International da parte della Errani, dopo nove mesi che Sara non vi riusciva, è una splendida notizia per una tennista che deve accumulare vittorie per ritrovare fiducia nel proprio tennis per potersi esprimere al meglio. Così come anche il rientro nel circuito di un talento incostante e quest’anno sfortunato, quello di Camila Giorgi, può definirsi positivo: se è vero che ai quarti del torneo di Biel ha sprecato un’ottima occasione per fare ancora meglio, il successo di Camila, dopo un paio di mesi nei quali ha giocato pochissimo, contro una top 30 ed ex top 10 come la Suarez Navarro, fa sperare che, se la schiena ed i relativi dolori la lasceranno stare, la tennista marchigiana possa tornare ad avere una classifica proporzionale al suo indubbio talento e non mortificante come quella attuale.
Venendo al racconto delle partite disputate dai nostri giocatori, torniamo dopo tanto tempo ad aprire con le ragazze, questa settimana davvero eccezionali. Francesca Schiavone e Sara Errani, dopo aver spesso escluso dalla loro programmazione l’International di Bogotà, piccolo torneo (226,750 $ di montepremi) su terra rossa esistente nel circuito dal 1998 e vinto da due italiane in passato, la Pennetta nel 2005 e la Vinci nel 2007, hanno deciso di tornare a parteciparvi . Una scelta motivata dalla ricerca di punti e fiducia in un tabellone non proibitivo (una sola top 30, due top 50 in tutto ed ottava testa di seria, la Sakkari, n°91 WTA).
Schiavone solo per la terza volta nella sua circa ventennale carriera professionistica si è iscritta al Claro Open, dove ha ricevuto una wild card dagli organizzatori, onorata brillantemente sul campo. Al primo turno la Leonessa, ancora a secco di successi nei tabelloni principali cosi come contro tenniste top 100 nel 2017, ha subito infranto entrambi i tabù, sconfiggendo nettamente la sesta testa di serie del tabellone, la ventiduenne romena Patricia Maria Tig, mai affrontata prima nel circuito. Contro un’avversaria che ha servito appena il 38% di prime in campo, è stato relativamente facile per la milanese prendere il possesso del gioco e compiere anche una bella rimonta dallo 0-4 del secondo set per poi chiudere in scioltezza in 85 minuti col punteggio di 6-3 6-4. Il match di secondo turno contro la slovena classe 91 Dalila Jakupovic, 142 WTA, rappresentava, per la campionessa del Roland Garros 2010, la classica prova del nove dopo aver finalmente centrato la prima vittoria nel 2017 nei tabelloni principali, anche considerando l’unico precedente risalente allo scorso inizio di febbraio a Taipei, vinto in due set dalla sua avversaria. A Bogotà non vi è stata partita con la Jakupovic capace di vincere un imbarazzante 19% di punti quando serviva la seconda: la maggiore difficoltà per Francesca è stata gestire l’interruzione di oltre 3 ore dovuta dalla pioggia, prima di chiudere 6-1 6-2 in 73 minuti.
La grande soddisfazione per Francesca, tornata nei quarti di un International Wta da inizio agosto, quando a Nanchang fu poi fermata da Risa Ozaki, è arrivata però contro la 25enne olandese Kiki bertens, testa di serie numero 1 del tabellone e soprattutto n°20 WTA, contro la quale aveva perso l’ unico precedente, nel 2013 sulla terra rossa di Roma. La circostanza che l’olandese in mattinata avesse giocato poche ore prima la sua partita di secondo turno, rinviata dal giorno prima a causa della pioggia, è solo un fattore che spiega in parte il successo, senza nulla togliere al valore ottimo della prova della milanese. Francesca, vincitrice in scioltezza del primo set in 35 minuti, ha ottenuto il break decisivo nel terzo gioco del secondo, difeso per tutto il parziale non facendo mai arrivare ai vantaggi l’avversaria, ad eccezione del settimo game, dove ha salvato una palla break. In tal modo è arrivata, a distanza di quasi due anni (Roland Garros 2015 contro Kutsnetsova, allora 18), la prima vittoria su una top 20 e la prima semifinale a distanza di più di un anno da quella di Rio, suggellata col netto punteggio di 6-1 6-4 in 1 ora e 21 minuti di partita.
Si dice che l’appetito vien mangiando ed infatti Francesca ha avuto la meglio anche su Johanna Larsson, tennista che aveva un’antipatica striscia vincente contro le nostre giocatrici (ha battuto ad agosto Vinci e Knapp, a marzo la Giorgi e proprio a Bogotà la Errani), chiusa in Colombia con un’ottima prova della nostra prima campionessa di un Grande Slam (Roland Garros 2010), brava a prodursi sia in scambi spettacolari che ad anestetizzare l’avversaria col suo tennis vario. Dopo essere riuscita ad incamerare il primo set con il punteggio di 7-5 in 57 minuti, Francesca, grazie anche ad una prova solida al servizio (55% di punti vinti quando ha giocato con la prima, 59% con la seconda), nel secondo è riuscita a risalire con carattere da 2-4 e chiudere con un filotto di 4 giochi consecutivi l’incontro, chiuso con lo score di 7-5 6-4 in 1 ora e 44 minuti, successo che le ha permesso di riconquistare l’accesso in una finale di un International WTA dopo quella del febbraio 2016 a Rio.
Nell’ultimo atto del torneo la nostra giocatrice ha trovato di fronte Laura Arruabarena-Vecino, venticinquenne spagnola al 65° posto del ranking WTA e 4° testa di serie del tabellone, contro la quale non aveva mai giocato in carriera. Francesca è partita subito forte e si è ritrovata sul 5-2, prima di subire una reazione, inutile, della spagnola, risalita sul 4-5: l’ex 4 del mondo ha chiuso il primo set dopo 44 minuti sul 6-4. Nel secondo, con l’iberica sempre più sicura delle sue possibilità, si è visto il meglio delle qualità di combattente mai doma della vincitrice nel 2010 e finalista nel 2011 del Roland Garros: sotto 3-5, ha prima annullato 3 set point nel nono gioco ed un quarto nel decimo ed infine ha chiuso la partita due giochi dopo, conquistando l’ottavo titolo in carriera col punteggio di 6-4 7-5 dopo 1 ora e 39 minuti di battaglia.
A pagina 2 il derby azzurro tra Quinzi e Lorenzi