[WC] L. Siegemund b. K. Mladenovic 6-1 2-6 7-6(5)
In quest’ultima domenica di aprile ricca di appuntamenti tennistici spicca in campo femminile la finale del sesto torneo Premier della stagione, l’ormai consueto Porsche Grand Prix di Stoccarda giunto alla quarantesima edizione. Una manifestazione di ottima tradizione che si disputa nella cornice della Porsche Arena, impianto cittadino polifunzionale capace di contenere circa seimila posti a sedere. A contendersi il titolo sono Kristina ‘Kiki’ Mladenovic, 23 anni e numero 19 delle ultime classifiche WTA, e la beniamina di casa Laura Siegemund, in tabellone solo grazie ad una wild card, 6 anni di più all’anagrafe e una trentina di posizioni di ritardo nel ranking mondiale. Per la tedesca, evidentemente a proprio agio sul rosso indoor di Stoccarda, è la seconda finale consecutiva dopo quella persa dodici mesi or sono contro Angelique Kerber. Terza finale stagionale, invece, per la francese di Saint Paul sur Mer, dopo il trionfo di San Pietroburgo – il primo hurrà della carriera – e la battuta d’arresto di Acapulco. Mladenovic all’atto conclusivo ci arriva forte delle straordinarie vittorie su Kerber e Sharapova ma è altrettanto prestigioso il percorso compiuto dalla sua avversaria, brava ad estromettere contro i favori del pronostico Kuznetsova, Pliskova e Halep in rapida successione. Non ci sono precedenti tra le due giocatrici.
Si parte con Siegemund al servizio. Come era lecito attenderci per quanto visto nel corso della settimana è la tedesca ad uscire meglio dai blocchi. Arrembante, incisiva con i colpi di inizio gioco e cinica nel capitalizzare qualche concessione di troppo di una rivale nella circostanza contratta e fallosa, Laura in poco più di un quarto d’ora di gioco è già due break avanti. L’impressione è che Mladenovic in queste fasi iniziali del match fatichi a prendere i tempi giusti in balìa delle variazioni sciorinate dalla fantasiosa rivale, capace come poche altre colleghe del circus di padroneggiare rotazioni e traiettorie. Il quinto game vede finalmente Kiki muovere il punteggio dalla fastidiosa quota zero e recuperare uno dei due break di svantaggio ma è un fuoco di paglia. Siegemund, trascinata da un pubblico entusiasta, è un fiume in piena e a suon di smorzate mette in cascina un parziale che di fatto ha visto una sola giocatrice in campo. Troppo brutta infatti la transalpina per essere vera, con un bottino di 3 soli vincenti a fronte di 8 gratuiti e un linguaggio del corpo per nulla rassicurante.
Il primo positivo turno di battuta consente a Mladenovic di fare corsa di testa in apertura di secondo set. Piccola ma fondamentale iniezione di fiducia in un momento della partita che rischiava già di essere topico. Il devastante diritto della francese, fin qui assente ingiustificato, finalmente comincia ad essere un fattore e complice anche un comprensibile calo della Siegemund – impensabile potesse viaggiare senza intoppi a quella velocità di crociera – Kiki si arrampica sul 4 a 1. Due giochi interlocutori con poco da raccontare fanno quindi da preludio al secondo break del parziale che spedisce le contendenti alla terza e decisiva partita. Oltremodo imprecisa la nativa di Filderstad, ben 11 gli errori gratuiti in soli 8 giochi, per contrastare una Mladenovic adesso più ordinata e decisa a cui va il merito di aver dimenticato in fretta la partenza da incubo. Il dominio dell’una e poi dell’altra non è come spesso accade amico della qualità globale del match, troppo rapido e spezzettato per attestarsi su livelli di eccellenza.
Un pit-stop eccezionalmente lungo sembra di nuovo rimescolare le carte in tavola tanto che un paio di brutture costano a Kristina, cui teoricamente dovrebbe arridere ora l’inerzia della contesa, la perdita del servizio di apertura. Tuttavia, è questione di un attimo, un nastro a dir poco beffardo e per l’occasione francese contribuisce a ristabilire la parità. È così che dopo due set sbilanciati e scevri da pathos è giunto il momento della battaglia ad armi pari. Occorrono più di dieci minuti a Kiki per confermare il delicatissimo turno di battuta del quinto gioco e salire nel punteggio 3 giochi a 2 ma Siegemund, con coraggio e autorità, tiene il passo a tutto vantaggio dello spettacolo. Tira aria di arrivo sul filo di lana quando scoccano le due ore di gioco. Mladenovic, con il tabellone che segna quattro giochi per parte, è croce e delizia e tra prodezze ed errori concede il break che manda la teutonica, carica come una molla, a servire per il titolo. Partita in ghiaccio? Non ancora. Siegemund, a causa anche un penalty point per time violation e forse un po’ di tensione in vista della freccia rossa dell’ultimo chilometro, rimette in pista un’avversaria che dimostra di saper restare ancorata con le unghie alla partita. Tutto è dunque rinviato al jeu decisif, come già successe qui nel 1991 quando fu Anke Huber a sconfiggere Martina Navratilova. Un rovescio di pregevole fattura sigilla il 4 a 1 per la transalpina ma prima una stop-volley e poi uno schema consolidato palla corta-passante consentono a Siegemund, ormai sul cornicione, di accorciare nello score. La partita adesso è bellissima. Una risposta aggressiva spedita in corridoio da Kiki significa però match point. Allo scoccare delle due ore e mezza di gioco è quindi l’allieva di Markus Genter ad alzare le braccia al cielo, prima di scoppiare in lacrime di gioia, grazie ad un ultimo recupero in avanzamento – messo sulla riga come nella migliore delle fiabe – che ricorderà a lungo.
In definitiva una finale in crescendo per qualità ed emozioni chiusa vittoriosamente dalla Siegemund, brava a cancellare la delusione patita su questo stesso campo giusto un anno fa. Settimana estremamente positiva anche per Kristina Mladenovic nonostante l’epilogo, per lei, poco soddisfacente. Quanto messo in mostra nell’arco di tutto il torneo lascia infatti intendere che la sua rincorsa alla Top 10 può dunque continuare senza sosta. Del resto non le manca nulla.