Un bel giorno l’immaginifico Gianni Clerici si inventò cronista di agenzia e, con il consueto humour, la battezzò “Palle Roventi”. Fu un geniale escamotage dello scriba per raccogliere dei “pallini”, mancando l’ispirazione per un pezzo monografico portante che reggesse tutto un articolo. Senza avere un decimo dell’inarrivabile talento di Clerici – peraltro sono in buona compagnia (e almeno ne sono consapevole) – mi trovo costretto da una prima vera giornata del Foro molto debole a improvvisarmi redattore di un’altra agenzia, la ben nota “Rimbalzi Fiacchi” cominciando con sì scarsa professionalità che anziché raccontare della mia prima giornata al Foro Italico, spicco un agile salto di un paio di settimane e parlo del Roland Garros e della notizia deflagrata intorno alle 20,15 da… casa Federer.
- Roger non giocherà a Parigi.
E qui mi perdonerete se mi trovo a sottolineare, con l’infinita modestia che mi contraddistingue, che avevo detto in un podcast e scritto più volte che secondo me Roger non avrebbe mai commesso la follia di presentarsi al Roland Garros senza neppure un torneo sulla terra rossa alle spalle. Un torneo vinto una sola volta, in cinque finali (traguardo ragguardevolissimo per chiunque, salvo che per un Federer) e con la complicità di Soderling che gli sgambettò Rafa Nadal, il re della terra battuta. Ho scritto, e non ricordo più dove, che stante il lungo break post Miami, sarebbe bastato uno spagnolo ben rodato – un tipo alla Carreno Busta che è settimo nella race di quest’anno sebbene fin qui si sia giocato prevalentemente su campi veloci – a creargli dei problemi che io al suo posto avrei certamente evitato. Aveva anche spiegato, una volta e lo ricordo bene (ah magari ricordassi anche in quale occasione), che per lui dopo l’infortunio patito al ginocchio e l’artroscopia di un anno fa scivolare sulla terra rossa non sarebbe stato ideale. I medici lo avevano messo in guardia. E a Roger non serviva di più. Per un giocatore che ha discrete chances di vincere Wimbledon, visti il Murray, il Djokovic e il del Potro attuali, e che sa come Nadal sull’erba non sia lo stesso Nadal della terra rossa, la miglior preparazione non è certo sottoporsi a un Roland Garros e a qualche possibile maratona sui cinque set. Se l’obiettivo è Wimbledon giocare Parigi non aveva alcun senso. Roger non è stupido, conosce i suoi limiti. E se uno decide di riposare il proprio fisico di quasi 36enne per un paio di mesi, che senso ha buttarsi a giocare sulla superficie meno adatta alle sue caratteristiche e forse addirittura pericolosa?
Per questo nei giorni scorsi quando ancora qualcuno mi diceva di essere curioso di rivedere Federer a Parigi rispondevo sempre: “Mi stupirei davvero se compromettesse le sue chances andando al Roland Garros. Per me sarebbe un mezzo suicidio… anche se, per carità, dopo il miracolo che ha fatto nel primo Slam e nei primi due Masters 1000, Roger è capace di qualunque exploit”. Basta così. Giocherà, penso, un paio di tornei sull’erba, Stoccarda e Halle e arriverà ben più rodato per l’erba di tutti i suoi più agguerriti rivali. Poi dopo Wimbledon si rifermerà per un mesetto, vittorioso o sconfitto, per rimettersi in gioco a Flushing Meadows, altro Slam che stuzzica il suo inarrestabile appetito di SuperCampione.
- L’agenzia “Rimbalzi Fiacchi” non può ignorare che Maria Sharapova ha chiesto al vostro (poco) umile cronista se fosse sposato, “Are You married”, dopo avergli suggerito di tornare a visitare Roma con un boyfriend ora che da un paio di anni ne risulta sprovvista.
Confesso di essere arrossito e rimasto senza parole. Mi ha preso in contropiede. È stata simpatica, quasi come lo sarebbe stata più tarda un’altra delle mie tenniste predilette, Jelena Jankovic dalla voce arrochita e sensuale come quella di Kim Carnes (avete presente la hit “Bette Davis Blue eyes”? Un po’ come nei cuori e nei sensi delle donne ha fatto a lungo breccia Rod Stewart) e che ha concesso un’intervista che Carlo Carnevale diffonderà. Maria, così come Jelena, a me è stata sempre simpatica. Quando avrò occasione le dirò che mi dispiace non essere stato il suo avvocato nel gennaio 2016. E non per le parcelle che avrei potuto riscuotere (magari anche…) Ma sono certo che le avrei evitato la squalifica, assurda per come è venuta fuori… ma meritata a seguito della sciagurata difesa. E li avrà pure pagati! Oggi Maria, campionessa qui nel 2015 e quindi da allora imbattuta visto che nel 2016 non ha potuto difendere il titolo, ha rivinto con la McHale, già battuta nel 2012. Arrugginita nel primo set si è sciolta nel secondo. Con la Lucic al secondo turno in teoria non dovrebbe temere, ma dopo la rimonta della signora sposata al signor Baroni nei confronti della Safarova, Maria farà bene a non preoccuparsi se sono sposato o meno.
- Ho incontrato uno dei mitici MAC oggi. Non Mc Enroe, non Mc Millan, non McNamee… ma il suo gemello, Peter Mc Namara. Ricordate McNamara e Mc Namee? Hanno vinto un paio di volte Wimbledon (1980 su Lutz Smith e 1982 su McEnroe-Fleming) quando il doppio era evidentemente una cosa seria. Persero però da Panatta e Bertolucci in Davis…
Ai lettori il triplice quesito: quando e dove, in quale occasione? Peter è stato particolarmente festoso – che giornata oggi ragazzi, Maria, Jelena, Peter… ci manca solo che mi abbracci Angelo Binaghi (potrebbe farlo ora che Roger Federer ha annunciato che non gioca neppure a Parigi… tanto lui ha sempre tifato per Nadal)! – e mi ha raccontato che ora allena una ragazza cinese, mi ha detto un nome che finiva per Chang o Chuang (vattela-a – pesca, sono tutte uguali) “ma prima ne avevo tre, ora due mi hanno mollato” e si è messo a ridere. Ma un cinese maschio che ti faccia diventare ricco, ricchissimo non riesci a tirarlo su nemmeno te? – gli ho chiesto. E lui: “Non è possibile, sono negati e non hanno voglia… In Cina gli uomini che stanno bene sono viziati, le donne invece lavorano con uno spirito di abnegazione pazzesco. I maschi ti dicono un giorno no e l’altro sì ‘Coach oggi sono stanco, non mi va di allenarmi’. È un problema di cultura”.
Seguirà in aggiornamento sulla giornata simil Caporetto del tennis italiano, tutti k.o. … e meno male che Fognini ha potuto affrontare un altro italiano al primo turno, così almeno uno, lui, al secondo turno ce l’abbiamo. Scriverò ancora qualche flash per “Rimbalzi fiacchi”, mentre i bambini saranno tornati a casa felici di avere fatto file mostruose per procurarsi autografi di giocatori e giocatrici di cui ignoravano felicemente l’esistenza.
*I PROGRESSI DEL FORO ITALICO – La prima impressione, un anno dopo al Foro Italico, è che siano stati compiuti ancora progressi sotto il profilo dell’impatto scenico ambientale. Bravo chiunque sia stato, Coni Servizi come Federtennis. Per ora – perché non ho avuto il tempo di girare abbastanza e di accorgermi di troppe cose – i difetti che ho avuto modo di riscontrare riguardano ancora le situazioni che ho maggiormente sotto controllo, e cioè quelle dei giornalisti e della sala stampa che rispetto a gran parte dei tornei importanti che ho il privilegio di frequentare sono purtroppo deficitarie, anche se l’essere stati finalmente trasferiti, un anno fa e dopo 10 anni di lamentele ed invettive, all’interno del campo centrale è stato certamente un progresso notevole rispetto al vecchio confino al bunker.
Ma questi sono aspetti di cui Sergio Palmieri, il direttore del torneo che non ha mai capito le esigenze della stampa, si è sempre disinteressato.
*I PROGRESSI NON RIGUARDANO SALA STAMPA E GIORNALISTI . Chissenefrega se i giornalisti non hanno l’acqua da bere come in tutte le sale stampa del mondo, se hanno un paio di gabinetti promiscui senza contrassegni sulle porte delle toilette, se non esistono i telecomandi per cambiare i canali dei campi nelle paleontolitiche tv della sala stampa che hanno i comandi piazzati in modo inaccessibile sul retro dei teleschermi, se non c’è una zona “rifocillazione” riservata a diverse decine di giornalisti per sfuggire al panino dello sponsor Autogrill in una saletta posti in piedi 5 metri per 5 e ci tocca sentire dire che “si mangia meglio in Germania” quando non si ha il tempo di andare a far le code per mangiare nei posti pubblici insieme a centinaia di spettatori che hanno meno fretta, chissenefrega se il microfono per la sala interviste è uno solo e così chi ha il compito di porgerlo a chi si segnale per fare una domanda deve è costretto a strisciare per terra (gli manca solo la tuta mimetica) per non passare davanti alle telecamere, se in sala interviste dove a volte si resta bloccati per delle mezzore in attesa della star ritardataria di turno (ieri la mia promessa sposa Sharapova si è concessa 35 minuti…) non c’è lo straccio di uno schermo che consenta ai giornalisti di vedere almeno i risultati in progress, o magari quel che accade quantomeno sul centrale…non fosse mai che troppa informazione dia fastidio, idem se lungo le scale dove si fa la coda per entrare prima del cambio campo e magari ci si perde il warning a Tizio, i crampi a Caio. Che ci vorrebbe a mettere un piccolo schermo? Perché, insomma, si dovrebbe lavorare e sapere quel che accade anche in quei dieci, quindici, venti minuti che possono intercorrere fra un punteggio di 6-5 15-0 e poi tutto un game più tutto il tiebreak. Momenti di solito importanti per chi fa questo mestieraccio così sgradito a Palmieri e soci. E evitiamo di lamentarsi ancora se gli armadietti che non ci sono…beh, sì ci sono dei minuscoli portascarpe che non si chiudono. Roba che a lasciarci un computer…ne ritrovi due o tre! Ho notato che nella rassegna stampa che viene diramata e distribuita ai giornalisti non compaiono gli articoli di Ubitennis. Sarà certo dovuto ad una distrazione, collegata alla vecchia gestione, e alla quale il nuovo capo della comunicazione, Piero Valesio, certamente rimedierà. Terrà informati quei pochi, pochissimi che… non se ne fregano.
Vabbè, ma so bene che tutte queste cose a voi lettori – pur sensibilizzati dalle campagne di Ubitennis – fanno lo stesso effetto che fa a Palmieri: chissenefrega.
*Chissenefrega anche dei risultati disastrosi, più neri che azzurri dei nostri? Dovrebbe interessare a tutti invece – e perfino al presidente Binaghi _ che se l’atmosfera e la cornice del Foro Italico è sempre più bella purtroppo non il tennis italiano ne sembra sempre meno all’altezza.
Per carità fa piacere vedere dei giovani cominciare a farsi un nome, Berrettini, Napolitano, Mager, la Chiesa, e a farsi largo fra i veterani, Seppi, Errani, Vinci, però finora il bilancio è stato tragico.
I RAGAZZI – L’unico a passare il primo turno, accennavo sopra, è stato fin qui Fabio Fognini, ma a spese di un altro italiano, Berrettini, travolto dall’emozione oltre ogni dire. Poi degli altri tre italiani, Seppi con Almagro, Napolitano con Troicki e Mager con Bedene, il solo Mager è stato capace di conquistare un set… E conduceva pure 4-3 40-30 quando un improvvido fallo di piede, chiamato pure in ritardo, gli ha fatto saltare i nervi , di lì a poco, venire i crampi fino a costringerlo al ritiro. Detto e sottolineato il momento poco allegro, è vero però che a me questi tre ragazzi in prospettiva non dispiacciono. Sono bravi ragazzi, motivati, e mi paiono anche intelligenti (il che non dovrebbe guastare). Certo a pensare che hanno più o meno la stessa età di un Kyrgios o che sono più anziani di Sascha Zverev prende un po’ male, però affidiamoci al vecchio leitmotiv che…gli italiani maturano sempre più tardi. Perchè non si sa, nessuno è mai stato in grado di spiegarlo. Italiani mammoni? Quante legnate dovremo prendere e per quanto tempo prima che i soli in grado di vincere qualche bella partita avvolti nel tricolor siano rappresentanti ultra-trentenni? Sbrigatevio comincio ad avere una certà età.
LE RAGAZZE – Fra le ragazze, in attesa dell’esordio dell’ormai unica superstite Roberta Vinci, 33 anni di ancor belle speranze (“Non ho ancor deciso se e quando smetterò”), hanno perso in due set sia la Chiesa con la Tsurenko, sia la Errani con la Cornet. Una sconfitta che ci può stare, però sembra passato un secolo da quando Sara centrò qui la finale (che le è valsa la wild card …che non si è più potuta dare alla Schiavone. Inciso: divertente il balletto delle responsabilità inscenato da Binaghi che ha dato la colpa della scelta wild card a Sharapova a Palmieri …perché lui sarebbe stato d’altro avviso (uomo d’una certa etica non voleva smentirsi) spiegando “discussioni che sono tipiche di tutte le famiglie”. Ripensando ai 400.000 dollari inutili e demagogicamente mal spesi quando Binaghi li fece avere alla Schiavone nei giorni epici del trionfo al Roland Garros 2010, con un consiglio federale organizzato a Parigi e viaggio premio per i partecipanti, beh direi che la Schiavone che ha definito la scelta “Sharapova” come “Incommentabile!” dovrebbe capire che …non tutte le ciambelle riescono con il buco. A volte le cose ti girano fin troppo bene, a volte meno. Ma chi le fa girare, nel tennis italiano, è sempre la stessa persona. Che durerà a lungo su quella poltrona. Accettiamolo con civile rassegnazione. Anche perché sbaglia molto ma non tutto. Al Foro Italico sta facendo bene e gli va riconosciuto. Che poi attribuisca tutto o quasi tutto a Supertennis è sospetto: perché ha così tanto bisogno di ripeterlo a destra e manca? Non lo farà mica solo per convincere me, il promesso sposo di Maria Sharapova?