dal nostro inviato a Roma
F. Fognini b. [1] A. Murray 6-2 6-4
Non capitava da dieci anni esatti. Da quando Filippo Volandri, su questo stesso campo, superò Roger Federer di fronte all’incredulo pubblico del vecchio Centrale. Ha replicato Fabio Fognini, con una prestazione sontuosa, quasi perfetta, per superare il numero uno del mondo Andy Murray in due set. È appena il sesto italiano di sempre a battere un numero uno: prima di lui Corrado Barazzutti, Panatta due volte, Gianluca Pozzi, e per l’appunto Volandri. Di contrasto Murray è il primo campione uscente dal 2008 (Nadal, sconfitto da Ferrero) ad essere eliminato all’esordio qui al Foro. Un incontro di livello stellare, giocato praticamente sempre in spinta, per martellare Murray da ogni lato del campo: sagace con il rovescio, colpito sia di potenza che in top, per variare i ritmi e non perdere campo nello scambio. Strepitoso con il dritto, con cui colleziona vincenti e investe il britannico già con la risposta, insistendo con la traiettoria a uscire per buttare Murray fuori dal campo, prima di punirlo in contropiede o lungolinea, fulmineo. Le frustate con il polso lasciano poi spazio alle carezze con il dropshot, leggerissima artiglieria pesante, con cui lascia fermo l’avversario prima dello scroscio di applausi: un copione già visto tre anni fa a Napoli, quando in Davis il ligure aveva inflitto un’altra severa lezione a Andy, per il suo secondo successo personale nei confronti diretti. Il bilancio è adesso in parità, 3-3.
“Spero mi diano il Centrale il meno possibile”, aveva detto Fognini prima del torneo, confermando il suo desiderio storico di giocare sul Pietrangeli perché più caldo e compatto. Stasera però il pubblico è stato un fattore importante anche nell’impianto principale: i cori “Fabio, Fabio” sono riecheggiati per tutto l’incontro, assieme a sfottò bonari nei confronti del numero uno scozzese (“Andy, go home!”). Boato quando sul maxischermo viene inquadrato Francesco Totti, mentre in tribuna stampa si crea un piccolo caos per spettatori abusivi che occupavano i sediolini dedicati ai giornalisti, senza indossare il necessario badge. Celere l’intervento dello staff, coordinato dal capoufficio stampa FIT Angelo Mancuso.
Un’ora e venti, e sarebbe potuta durare meno se Fognini non si fosse irrigidito nel finale, di fatto l’unico minuscolo neo di una serata magica, restituendo uno dei due break sparacchiando due dritti visibilmente figli della tensione. Gli incitamenti di Franco Davin, guru pacato ma decisivo, aiutano Fabio a tornare tranquillo due game più tardi, fino all’ultimo recupero in rete di Murray: una smorzata chirurgica e una manovra di potenza avevano annullato le uniche altre due chance di break concesse. Andy non riesce a trovare iniziativa, di certo poco brillante come già visto a Madrid, ma i meriti sono tutti di Fognini: come già visto in Spagna contro Nadal, l’azzurro sciorina grinta e qualità senza soluzione di continuità per più di un’ora, confermando un ottimo momento di forma. Chissà che l’ormai prossima paternità non lo stia aiutando a mantenere alto il morale, e di conseguenza il rendimento. Si chiude con una controversa selezione musicale, dall’ormai caratteristica “Seven Nation Army” dei White Stripes (il popopopopopopo dei Mondiali 2006) ad un anacronistico Surdato ‘nnammurato: adesso attesa per conoscere l’avversario in ottavi, il vincente tra Troicki (che ha battuto Napolitano all’esordio) e il futuro campione Sascha Zverev. “Ciao Nina, manca poco poco”, scrive con il pennarello sulla telecamera a fine partita. “Se Flavia chiama, vado” aveva detto a inizio settimana. Magari non subito.