Un tranquillo mercoledì di match point drammatici in quel di Cincinnati. Come spesso accade il dramma abita in casa WTA, dove anche senza l’ausilio di circostanze bizzarre gli incontri si accomodano spesso sul binario del marcato coinvolgimento emotivo. Ieri è successo di più.
Tra Makarova e Kerber è stato un match di pura resistenza. L’ha spuntata la mancina russa, che per riuscirci si è servita di mezzi non esattamente leciti. Nel terzo e decisivo set, dopo aver fallito due match point sul vantaggio di 5-3 e aver perso il vantaggio di un break, chiede un medical time out sul punteggio di 5-4. Dopo un game di zoppia in cui è quasi assente dal campo, riprende regolarmente a tirare fendenti. A tratti sembra davvero sofferente, ma un attimo dopo è lì a piazzare il vincente. Si arriva al tie-break con Kerber (comprensibilmente?) indispettita.
Sul 6-6 di un parziale parimenti drammatico la russa chiede un altro MTO, annulla un match point alla sua avversaria e chiude 13-11 alla sua ottava occasione complessiva per chiudere l’incontro. La stretta di mano è più che glaciale, e francamente non ce la sentiamo di condannare la stizza di Kerber. Che fossero crampi o un leggero fastidio, il tempismo di Makarova è stato ben più che sospetto.
Se per Kerber-Makarova siamo alle congetture, Lesia Tsurenko è stata certamente “derubata” nel derby contro Elina Svitolina. Sul punteggio di 6-1 5-4 e servizio in favore di Svitolina, la n.4 del ranking fallisce un primo match point e converte – apparentemente – il secondo. Per Tsurenko la palla è nettamente fuori ma la giocatrice non ha più challenge per accertarsene: l’arbitro si scrolla di dosso le proteste convinto della bontà della sua decisione, e conferma l’esito della partita. Svitolina va agli ottavi per continuare a cullare il sogno di n.1.
Come ha confermato la grafica televisiva, però, il colpo di Svitolina era fuori di una spanna. A incontro ormai terminato non sono valse a nulla le parole di Tsurenko, visibilmente infastidita: “Non puoi commettere errori del genere su un match point“. L’arbitro era ormai consapevole di averla fatta grossa ma ormai… il danno era fatto.