Il 23 settembre 1988 nasceva a Tandil, piccola città argentina vicino a Buenos Aires che sembra avere un rapporto speciale con il tennis, Juan Martin del Potro, uno dei giocatori in attività più amati in assoluto dai tifosi di tutto il mondo. Inizialmente la carriera di del Potro segue i binari tipici di quella di un predestinato della racchetta. Da juniores nel 2003 vince il Torneo dell’Avvenire, battendo il coetaneo croato Marin Cilic, in una sfida tra futuri campioni degli US Open. Successivamente a soli 15 anni conquista i suoi primi da professionista e nel 2006 a Vina del Mar esordisce sul tour maggiore. Dopo alcuni problemi fisici, una sorta di monito per il futuro, il talento di delpo esplode nell’estate del 2008, sotto la guida del connazionale Franco Davin, vincendo consecutivamente i primi quattro titoli ATP in carriera, un piccolo da lui detenuto. La stagione successiva è quella della consacrazione con il titolo Slam a Flushing Meadows, giunto distruggendo a suon di vincenti di dritto Nadal in semifinale e superando in un’epica battaglia lunga cinque set Federer in finale. Del Potro sembra essere una perfetta macchina da tennis, dotata di una inusuale ferocia agonistica.
Dal 2010 comincia per lui un calvario fatto di infortuni, operazioni chirurgiche, riabilitazioni e ritorni che dovrebbero essere definitivi ma che non lo sono. Il primo, al polso destro, lo costringe a saltare praticamente tutta la stagione. Torna a giocare nel 2011 e l’anno dopo ottiene la medaglia di bronzo ai giochi olimpici di Pechino. Ma già la torre di Tandil sembra aver perso parte della esplosività che lo contraddistingueva, non riuscendo ad insidiare i big four che in quegli anni si spartivano tutti i major. Nel febbraio 2014 è invece il dolore al polso sinistro a mandare la torre di Tandil di nuovo sotto i ferri e ad una lunga convalescenza. Il ritorno nel gennaio 2015 si rivela solo un fuoco di battaglia perché il polso fa ancora male e l’argentino deve di nuovo operarsi, non una ma ben due volte. Ed è in questi due anni che sboccia veramente l’amore dei tifosi per il cupo Juan Martin: campione sfortunato e martoriato dagli infortuni il quale, tuttavia, non si vuole piegare alle avversità del fato che lo vogliono lontano dai campi da tennis.
E come le migliori favole sportive, il bombardiere argentino torna e torna grande, nonostante un polso sinistro che non può più permettergli di spingere il rovescio a due mani. Dopo un incoraggiante inizio di stagione, Delpo nel 2016 trova, come in passato, la forma migliore in estate. Alle Olimpiadi di Rio, dopo una splendida vittoria su Nadal, ottiene la finale in cui mette a dura prova Murray. Proprio agli US Open, torna nei quarti di finale di un Major a tre anni di distanza, commuovendo il pubblico newyorkese. Pochi giorni dopo, il tennista di Tandil si prende in terra britannica la rivincita su Murray in Coppa Davis al termine di un’epica sfida al quinto set, contribuendo in maniera decisiva alla vittoria argentina. È solo il preludio al trionfo di Zagabria, in cui la selezione albiceleste, grazie ai suoi due punti in singolare, supera i padroni di casa della Croazia di quel Marin Cilic con cui condivide così tanto. Il resto è storia recente con una stagione 2017 condizionata da una forma fisica non sempre ottimale ma impreziosita dal solito acuto agli US Open, dove Juan Martin ha colto la semifinale, dispensando tonnellate di emozioni a tutti i tifosi del mondo. Perché ormai, nell’immaginario collettivo, ogni vittoria di delpo ha il sapore di una vittoria non solo sull’avversario di turno ma sugli ostacoli che la vita, per ragioni imperscrutabili, ci pone davanti.