“Sono lieto di annunciare la presenza di tutti i top 100 maschili e femminili all’Australian Open 2018”. Se a pronunciare queste parole non è l’ultimo arrivato, ma Craig Tiley, il tournament director del major di Melbourne, c’è da credergli e farsi già prendere dall’hype. Soprattutto in considerazione di quante defezioni sta registrando il secondo semestre del 2017, con Murray, Djokovic, Wawrinka e Serena Williams – fra gli altri – fermi ai box. E poco importa se l’assolutezza di questa affermazione viene parzialmente smentita dalle voci che riguardano lo stato di salute di alcuni protagonisti, su tutti Nishikori. Il quale potrebbe rientrare dopo l’evento australiano, in occasione dell’incontro di Coppa Davis contro l’Italia.
Resta comunque la sostanza e un probabile campo di partecipazione notevolissimo. A quasi un anno di distanza da quello che è stato lo Slam più bello del 2017, impreziosito dall’esaltante comeback di Roger Federer. Vincitore contro il maggior specialista in ritorni, Rafael Nadal. Finita un’edizione, si ricomincia, consapevoli che la concorrenza è agguerrita. Perciò, gli organizzatori annunciano una serie di iniziative che ne consolidino lo status raggiunto da alcuni anni. Prima fra tutte, l’immancabile corsa al rialzo del montepremi, che toccherà i 55 milioni di dollari australiani, impennandosi del 10% rispetto a quest’anno. Conseguentemente, i vincitori dei tornei di singolare, in rigoroso regime di par condicio, intascheranno 4 milioni (2.600.000 € e rotti, al cambio attuale). Non una novità, il fenomeno del “chi offre di più”, che sta ampliando notevolmente il monetary divide fra tornei grandi e piccoli, argomento di cui Ubitennis ha ampiamente trattato nel podcast che trovate qui.
Fra le altre novità, una player hub sempre più confortevole e tecnologica. E una copertura televisiva totale dei 16 campi di gioco dell’impianto, “la più ampia fra gli Slam”, assicurano gli organizzatori, per un totale di più di 840 match trasmessi. L’occhio della telecamera si estenderà anche ai practice court e ai “dietro le quinte”. “Murray, Djokovic e Wawrinka proveranno a scalare nuovamente le classifiche, magari ispirandosi a quanto hanno fatto quest’anno Federer e Nadal. Ed è incredibile pensare che il loro ritorno sia iniziato proprio qui”, è la considerazione di Tiley. In campo femminile, occhi puntati sul ritorno di Serena Williams che, ricordiamo, era già incinta quando ha vinto gli Australian Open quest’anno. “Lei, come Venus, rappresenta un modello e una fonte di ispirazione”, chiosa il tournament director.
Nell’anno in cui si festeggia il trentennale della venue di Melbourne Park (allora Flinders Park), sembra passata un’eternità dai tempi in cui l’Australian Open veniva considerata la “gamba zoppa” degli Slam. Erano gli anni ’70, epoca in cui il torneo veniva disputato a dicembre e i big preferivano andare in vacanza o dedicarsi alla preparazione atletica in vista della stagione successiva. Il prodromo della rinascita ha luogo nel 1983, edizione vinta da Wilander, con McEnroe e Lendl fra gli iscritti. Poi, nel 1987, lo spostamento del torneo a gennaio rappresenta il turning point. I top player hanno di nuovo un motivo per partecipare. E finalmente si perpetua la speranza di avere un successore di Rod Laver e Margaret Court, gli ultimi due campionissimi ad aver conquistato il Grand Slam (allora, perché nel 1988 Steffi Graf farà altrettanto).
Il secondo passo, il più doloroso considerando l’attitudine erbivora degli aussie, fu il cambio di sede e superficie, da Kooyong a Flinders Park. Cemento al posto dell’erba. Meno fascino, ma molto più appeal agli occhi dei primi della classifica. Fra le innovazioni meno drastiche, ma sempre nel solco dell’anticipazione, la decisione di dotare il centrale di un tetto retrattile, precedendo di parecchi anni Wimbledon e lo US Open. Non tanto per proteggersi la pioggia, ma per poter consentire continuità al gioco anche nelle giornate più calde dell’estate australiana. Ad oggi, anche la Hisense e la Margaret Court Arena posso trasformarsi in stadi indoor. Nulla resta immutabile e questo vale anche per le gerarchie. “Per il 2018, ci aspettiamo che si riduca il gap fra i top player e i Next Gen”, prevede Tiley. Possibile, ma la stagione che sta per concludersi induce a una maggiore cautela nei pronostici. Sia come sia, è chiaro che l’Australian Open è già pronto.