Qualche giorno fa, durante il torneo di Shanghai, un reporter ha domandato a Roger Federer la sua opinione sulla stellina locale Wu Yibing, campione degli US Open junior. Più di un giudizio tecnico, allo svizzero si chiedeva un parere sul pericolo di una eccessiva pressione mediatica nei confronti del ragazzino. Il timore è legittimo: il ragazzino ha raggiunto la maggiore età proprio durante il Masters 1000 di casa, e rischia di trovarsi già sulle giovani spalle il peso tennistico delle aspettative della nazione più popolosa del mondo. Nonostante il mastodontico lavoro fatto negli ultimi quindici anni per crescere sportivamente, da quando Na Li si è ritirata alla Cina manca una vera celebrità della racchetta (che in campo maschile non c’è proprio mai stata).
Federer ha dapprima risposto che in Svizzera, da quel punto di vista, il clima è talmente tranquillo da non poter fare paragoni. Poi, uscendo a sorpresa dalla consueta natura iper-diplomatica, ha fatto un’aggiunta ben precisa: “Non ho idea di come sia la stampa qui, se permette agli atleti di lavorare o se li trasforma in stelle troppo rapidamente, come capita in certi paesi. In Francia, ad esempio, innalzano troppo presto i propri giocatori, che si sentono un po’ viziati o comunque si adagiano sugli allori e non portano a termine la propria crescita“. Dopo aver preso Andy Murray come esempio positivo, Federer ha terminato il discorso piuttosto nettamente: “Se sei abbastanza bravo, trovi il modo di uscirne” è stata la sua conclusione.
Il nome di Richard Gasquet non è stato pronunciato, ma il trentunenne di Béziers è stato il primo pensiero di tutti i presenti. Sulle copertine delle riviste all’età di nove (!) anni, Gasquet doveva rappresentare l’ideale prosecuzione della linea di discendenza del tennis patrizio: classe, gesti bianchi e tanti Slam. Una vittoria a Montecarlo da sedicenne contribuì a gonfiare la predestinazione. Richard invece non sbocciò mai e oggi è uno dei tanti ex top 10 con una bacheca piena di coppettine, alle prese con l’età che avanza. Il tema di tale effetto nefasto è stato sviscerato in lungo e in largo: soprattutto oggi, con la copertura mediatica fornita alla Next Generation, non c’è giorno in cui non si metta in guardia dal trasformare in star dei ragazzini con meno peli sul viso che punti in classifica.
A qualche giorno di distanza dalle frasi di Shanghai, Le Parisien ha chiesto una risposta al diretto interessato. Lui, unico tra tutti, ha smentito vigorosamente. “In Francia cerchiamo almeno di essere positivi. In giro c‘è sempre qualche cretino pronto a dire: Quel ragazzo non ce la farà. Dovremmo farci i complimenti piuttosto, lo sport qui va piuttosto bene direi”. E nel suo caso specifico? “Mi sarebbe piaciuto ottenere di più, ma se non sono riuscito a diventare numero 1 è stata colpa mia. Basta con le scuse, è normale che stampa e pubblico mi volessero vincente”. Nella settimana in cui scade il suo ultimo titolo, il ritorno ai vertici di Gasquet sembra sempre meno possibile. Almeno adesso sappiamo che non fu una copertina a condannarlo.