dal nostro inviato a Parigi
Come sempre, e nonostante la stagione del tennis sia agli sgoccioli, benritrovati a bordocampo (con un paio di giorni di ritardo). Siamo nello splendido palazzetto dello sport di Bercy, nel 12e arrondissement di Parigi, dietro la stazione di Gare de Lyon. L’impianto è notevolissimo, massiccio, coperto di erba sulle pareti inclinate esterne, e contiene tre campi da tennis indoor, il centrale, l’1 e il 2. Molto elegante la scelta cromatica di quest’anno, tutto nero nei corridoi (moquette e tendaggi), grigio scuro e verde per i “courts”, in omaggio al nuovo sponsor 2017, la Rolex.
Nello stadio principale, che offre un magnifico colpo d’occhio anche da vuoto, il primo allenamento a cui sono andato ad assistere è stato a dir poco di altissima qualità: niente di meno che una vera e propria riedizione (facevano match-play) dell’ultima finale Slam, quella dello US Open. Si stavano prendendo a pallate, infatti, il numero uno ATP Rafa Nadal e il suo avversario di New York, Kevin Anderson. L’impressione è stata che Rafa stesse approfittando della grande qualità alla battuta del suo compagno di allenamento per provare una posizione più avanzata in risposta, almeno rispetto agli ultimi tempi. Ricordiamo tutti il Nadal che a New York, ma anche a Montreal e Londra, mancava poco che facesse scansare i giudici di linea quando gli avversari erano al servizio. Scelta tattica poco comprensibile, e apertamente in disaccordo con il suo stesso team. Quando sul campo 1 di Wimbledon, mentre Gilles Muller si apriva angoli in scioltezza con lo slice e poi affondava comodo dall’altra parte, lo zio Toni e Carlos Moya gridavano a Rafa di avanzare in ribattuta a ogni punto, le urla arrivavano fino alla tribuna stampa. Sembra facile detto così, ma sono aspetti e dettagli tecnici che si deve “sentire” il giocatore per primo, a qualsiasi livello. Se Nadal non si trova a suo agio a rispondere in posizione aggressiva, c’è poco da fare o consigliare: quando le sensazioni, che può conoscere solo Rafa, saranno quelle giuste, solo allora vedremo l’evoluzione tattica in campo. Di sicuro, durante i training-match ci sta provando, come andiamo subito a vedere insieme.
A sinistra stava rispondendo a una prima palla, a destra a una seconda. Per darvi un riferimento, qui sotto vediamo la distanza tra la scritta “Paris” e la linea di fondo, è molto più vicina del solito, saranno al massimo tre metri e mezzo.
Ovviamente, stiamo parlando di posizione di partenza della risposta, nel momento del lancio di palla avversario, Rafa va in proiezione verso il campo con uno split-step in dinamica, per poi organizzare la ribattura in avanzamento. Rispetto alle ultime volte che lo avevo visto, stiamo parlando di circa 3 metri più avanti con l’esecuzione nel suo complesso, una differenza non da poco. Qui sotto, vediamo un breve video, con Rafa che nel primo punto azzecca la risposta vincente, nel secondo accorcia e viene punito dal dritto di Anderson, e nel terzo, sempre nel tentativo di anticipare il più possibile, viene “fregato” alla grande da Kevin, con l’ace esterno: palla da una parte, portiere dall’altra, come un rigore. Succede anche ai migliori ribattitori del mondo, ma rimane istruttivo osservare l’azione delle gambe e dei piedi di Rafa, con il saltello in avanti, il passo in diagonale, e l’accenno fulmineo di rotazione busto-spalle, anche se eseguito dal lato sbagliato. Bellissimo automatismo coordinativo. E soprattutto, vediamo che Nadal cerca la palla praticamente sulla riga di fondo, o pochissimo più indietro, lo scopo dell’allenamento è chiaro.
Qui sotto, apprezziamo ancora il footwork dello spagnolo in aggressione a due risposte dal lato sinistro, nel primo caso il kick esterno di Anderson gli sfugge (ma guardate quanto avanti era andato Rafa verso il colpo), nel secondo Nadal trova molto bene la palla con il dritto. Era veramente molto tempo che non lo vedevo cercare anticipi simili affrontando servizi di alto livello, e comunque la rapidità di piedi di Rafa vista da vicino rimane sempre uno spettacolo tecnico.
Sarà interessante, contro Hyeon Chung al secondo turno, vedere se Rafa implementerà in partita questo lavoro, e se sarà capace di farlo con successo. Forse memore della “lezione” di tennis subita due mesi fa a New York, coach Fernando Vicente ha pensato bene di portare il suo allievo Andrey Rublev ad assistere all’allenamento di Nadal, personalmente sono molto d’accordo, dal maiorchino a livello di lavoro e perfezionismo c’è solo da imparare.
L’atmosfera sul training court, anche dalle conversazioni con Carlos Moya, appariva rilassata. Rispetto ai tanti allenamenti di Nadal a cui ho assistito, diretti da Toni (comunque presente a Parigi), l’intensità mi è sembrata meno alta, ma sono impressioni. Rafa colpiva bene, e insomma, davanti non aveva l’ultimo arrivato al servizio, il compito era di difficoltà elevata. In attesa di verificare come il numero uno del mondo sceglierà di gestire tecnicamente la risposta, ora che il torneo entra davvero nel vivo, buon Rolex Paris Masters a tutti!