Il Masters di Singapore si preannunciava come un torneo particolarmente equilibrato e incerto, e i risultati l’hanno confermato. Qualche dato in proposito. Nei round robin nessuna giocatrice è riuscita a chiudere imbattuta, e d’altra parte nessuna partecipante ha perso tutte le partite. Quindi ognuna ha vinto almeno un match e una sola vittoria ha fatto la differenza tra passaggio del turno ed eliminazione, così come tra primo e ultimo posto nel girone.
I valori al vertice molto ravvicinati sono confermati anche dal ranking WTA definitivo: Halep ha chiuso al comando con appena 40 punti di vantaggio su Muguruza, seconda. E forse ancora più rappresentativo del massimo equilibrio è il distacco tra la prima e la sesta in classifica: tra Halep e Svitolina ci sono solamente 675 punti di differenza (6175 a 5500).
Non solo: i sei principali traguardi stagionali (i quattro Slam, il Masters e il numero uno del mondo) sono stati conquistati da sei tenniste differenti (Serena, Ostapenko, Muguruza, Stephens, Wozniacki e Halep). E una settima giocatrice, Venus Williams, è stata la più costante ad alti livelli (con due finali Slam, la finale del Masters, e un’altra semifinale Slam). Dunque massima distribuzione possibile.
Con il senno di poi possiamo dire che nell’ultimo Masters l’esperienza si è rivelata importante. Quando si è a fine stagione le energie fisiche e nervose scarseggiano, e allora diventa decisivo riuscire a gestirle al meglio; ma non è facile saperlo fare all’inizio della carriera. Sono così approdate in finale le due tenniste più navigate: la 37enne Venus Williams e la 27enne Caroline Wozniacki, che insieme avevano già preso parte a un’edizione delle Finals ben otto anni fa, quella del 2009 disputata a Doha. In quel momento nessuna delle altre sei protagoniste di Singapore 2017 era nemmeno ancora entrata fra le prime duecento del mondo, e alcune non erano ancora professioniste.
Prima di ragionare sulle prestazioni delle otto finaliste, una considerazione sulle condizioni di gioco. A detta di tutte le tenniste la combinazione campo + palline è risultata particolarmente lenta, sicuramente più lenta che nelle edizioni 2016 e 2015. A questi pareri si è aggiunto quello di Martina Navratilova; intervistata da una TV inglese, è stata drastica: ha definito il campo di Singapore non solo più lento di quelli in terra battuta del Roland Garros, ma in assoluto il più lento di tutta la stagione WTA. A suo avviso una scelta estrema, ed eccessiva, in contraddizione con l’idea che si associa normalmente al tennis indoor.
Inevitabilmente ci sono state ricadute sul gioco: occorreva spingere tantissimo per ottenere vincenti, e quasi non era possibile appoggiarsi alla potenza avversaria per generare velocità, visto che il campo assorbiva molto e restituiva pochissimo in termini di energia. Per cercare di ovviare a queste difficoltà rimanevano principalmente due scelte: aumentare in autonomia la potenza del colpo (ma non tutte le tenniste hanno la struttura fisica per farlo) oppure cercare una posizione in campo particolarmente aggressiva per anticipare maggiormente la palla, arrivando al vincente togliendo tempo all’avversaria. In generale il campo di Singapore ha favorito i recuperi difensivi e una lunghezza media del palleggio superiore a quanto accade di solito nella WTA.
a pagina 2: le eliminate del gruppo bianco Jelena Ostapenko e Garbiñe Muguruza