Le Next Gen ATP Finals sono a metà strada, e se non un bilancio completo qualcosa può già essere formalizzato a partire delle prime due giornate di gioco. Nella gerarchia delle responsabilità nessuno è più adatto allo scopo di Sergio Palmieri, direttore della manifestazione milanese. Palmieri è stato intervistato dal giornalista polacco Tomasz Tomaszewski (Polsatsport.pl) che ci ha gentilmente concesso l’utilizzo delle immagini.
La carriera dirigenziale di Sergio Palmieri è di quelle che, esagerando ma neanche troppo, reggono le redini dell’intero movimento tennistico italiano. Direttore (tecnico) degli Internazionali BNL d’Italia, dall’ottobre 2016 è anche presidente del comitato regionale lombardo della FIT. Da quello scranno ha saputo guadagnarsi anche un ruolo di prima importanza nell’organizzazione delle Next Gen Finals, assegnate nel novembre 2016 alla sede di Milano dopo le voci che già a maggio le volevano vicine all’Italia. Il torneo meneghino al momento è un ibrido: FIT e Coni Servizi detengono la maggior parte degli oneri organizzativi, lavorando sul territorio, ma il patrocinio di ATP è consistente tanto nei contributi finanziari quanto nelle esposizioni mediatiche. Il CEO Chris Kermode è stato sin da subito il primo promotore di questa manifestazione, Ross Hutchins (Chief Player Officer di ATP da quasi due anni) è il corrispettivo di Palmieri in seno all’ATP.
In questo film dal cast piuttosto numeroso il primo ostacolo si è palesato dopo la cerimonia del sorteggio, aspramente criticata dalla stampa di mezzo mondo per presunte concessioni al sessismo. Nella difficoltà di capire di chi fossero realmente le responsabilità, è partito uno scaricabarile piuttosto grottesco culminato nella pubblicazione di un comunicato congiunto di scuse a firma ATP e Red Bull, incaricata quale sponsor principale di organizzare la cerimonia. Fa quindi molto piacere ascoltare le parole di Palmieri, che non si è nascosto dietro questo coacervo di attori. “Non posso dire che non ho colpa. Forse è stato esagerato, forse non c’è stata particolare attenzione da parte nostra e da parte dell’ATP. Noi siamo coinvolti nell’organizzazione e dobbiamo stare attenti a tutto. Abbiamo pensato che valesse la pena di assecondare l’idea di Red Bull ma dovevamo approfondire di più. Non lo abbiamo fatto, è stato un errore. Quelli che dovevano chiedere scusa l’hanno fatto e questo errore non si ripeterà“.
Il sorteggio non è stato però l’unico intoppo della manifestazione, sinora. L’incontro inaugurale di martedì (Medvedev-Khachanov) è cominciato con 30 minuti di ritardo a causa della mancata agibilità di parte delle strutture riservate al pubblico, completate e messe a norma praticamente pochi minuti prima che i due russi cominciassero il riscaldamento. “Le difficoltà sono state enormi. Siamo in un ambiente completamente vuoto (Fiere-Rho di Milano, ndr) che abbiamo dovuto riempire con tutto quello che vedete – campi da tennis, tribune, spogliatoi, ristorante – in soli 11 giorni. Non siamo arrivati prontissimi al primo giorno, ma mercoledì eravamo pronti al 100%. Un giorno di ritardo c’è stato, ma lavorare in queste condizioni prima di un evento così importante non è facile. Oltre che importante, è un evento completamente nuovo”.
Il prossimo anno l’evento dovrebbe traslocare (definitivamente, fino al 2021) al Palalido, sede designata già per la prima edizione ma al momento impossibilitata ad accogliere gli otto rampanti under 21 a causa di lavori di ristrutturazione. La strada però è stata tracciata. Esteticamente, analizzando l’impatto dell’atmosfera e delle luci, le Finals di Milano ricordano molto il “fratello maggiore” di Londra. “La coreografia è curata dagli stessi che curano le coreografie delle Finals di Londra“, precisa infatti Palmieri. Che nel garantire il successo a lungo termine dell’evento si fregia della fattiva collaborazione di ATP, vero volano di questo spirito rivoluzionario che vuole scacciare la paura (e i rischi) che il tennis rimanga uno sport vecchio, troppo ancorato alle tradizioni per potersi allineare al futuro, proponendo le tanto vituperate innovazioni.
Qualcuno, nella persona dei decani Clerici e Pietrangeli, ha sentenziato che questo “non ci fa pensare, non è tennis”. Palmieri non è preoccupato dai pareri contrari e anzi li accoglie con favore. “È normale che ci siano delle critiche perché non esistono le cose perfetta e questa certamente non lo è, anzi, qui c’è l’umiltà di capire cosa può funzionare sentendo il parere dei giocatori, degli spettatori, degli sponsor, delle televisioni. Vogliamo identificare qualcosa che possa accomunare tutti gli interpreti della manifestazione. Sono molto vicino all’età di Clerici e Pietrangeli, però a differenza di loro pur rispettando molto il passato, rispetto anche il futuro”.
Non è dato sapere quale sarà il responso finale dell’esperimento Next Gen Finals, per il quale probabilmente si dovrà attendere ancora un paio di edizioni. Al momento, pur dovendo scavalcare qualche difficoltà di troppo, agli organizzatori va dato il merito di aver presentato un prodotto credibile nel suo progetto di innovazione. Anche dovesse naufragare in ogni sua istanza, rimarrà il merito di averci provato.