Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport
E’ il 7 luglio del 1985 e un giovanissimo tedesco di nome Boris Becker, 17 anni e 122 giorni, conquista la sacra erba di Wimbledon diventando il più giovane vincitore di uno Slam della storia. E’ una di quelle date che restano nella storia di uno sport, uno di quei giorni in cui per la prima volta si avverte nitidamente che qualcosa è cambiato. Quel ragazzo dai capelli rossicci e il viso lentigginoso, con i suoi servizi che sembrano sassate e che gli varranno il soprannome di Bum Bum, fa irruzione nella storia per il suo primato che verrà poi superato da Michael Chang al Roland Garros del 1989 con la sua vittoria a 17 anni e 110 giorni. Ma Becker è molto più di quel semplice record legato alla precocità, vincerà sei Slam tre nella sua Wimbledon, battendo in finale Lendl nell’86 e poi Edberg nel 1’89. Farà suoi anche Us Open e Australian Open ma non riuscirà mai a sfatare il tabù del Roland Garros. Oggi, il ragazzone con le lentiggini compie 50 anni. Una vita intensa, tra discese ardite e risalite, per dirla con Battisti.
I successi sul campo e le avventure amorose, matrimoni (2) e divorzi (1 solo, ma molto costoso da Barbara Feltus, madre di Noah ed Elias, due dei suoi quattro figli), la ricchezza e la bancarotta. Tre anni da super coach di Novak Djokovic lo anno rilanciato nel mondo del grande tennis, facendogli anche assaporare, per interposta persona, la gioia del trionfo a Parigi dove Nole ha vinto nel 2016 contro Murray.
A giugno di quest’anno un tribunale inglese ha dichiarato il suo fallimento per il debito con una banca britannica, lui, che in carriera ha guadagnato 25 milioni di dollari di soli premi, immediatamente ha dichiarato di essere solvibile e che avrebbe avuto bisogno solo un di un mese per pagare. Pochi mesi dopo, la stampa tedesca ha portato a galla la vera situazione di Bum Bum: 61 milioni di euro da rifondere a ben 14 creditori. Ma il debito più grande, di circa 37 milioni è quello con Hans Dieter Cleven, che è stato manager e socio di Boris dal 1999 per una decina d’anni. Nei giorni scorsi si era addirittura parlato della possibilità che il tedesco potesse vendere gli amatissimi trofei di Wimbledon per alleggerire il debito. Voci da lui smentite.
Mai Boris potrebbe separarsi dal ricordo di queste vittorie, per lui Wimbledon è molto più di un amore: abita a 2300 passi (li ha contati lui stesso) dall’All England Club, ha dichiarato di avere il passaporto tedesco ma di non sentirsi uno di loro: «La mia casa è Londra — ha detto —, non tornerò mai più in Germania». L’ultima prova che il ragazzo di Leimen ha un’ ossessione per Wimbledon? Ha dichiarato di voler essere sepolto proprio lì (…)