Voi direte, come può il secondo turno di un Premier Mandatory che si disputa tra una giocatrice non testa di serie (n.60 del mondo) e una wild card (n.258 del mondo) essere una partita tanto attesa, e poi confermarsi persino incertissima e vibrante sotto il profilo emozionale? La risposta è ‘Bouchard-Sharapova‘. Sin dalla prima – e per ora unica – stagione di alto livello disputata dalla canadese, quel 2014 ormai quasi sepolto da una sequela di figuracce, Eugenie si era posta un po’ come ‘l’anti-Maria’. Voleva prenderne il posto tanto sul campo quanto – e forse più – fuori, aizzando una battaglia per l’accesso alle copertine, al cuore dei fan, al dominio dei social e di tutto quanto attiene al mondo del glamour tennistico. L’occasione di rinverdire la sua posizione si è presentata con la squalifica per doping di Sharapova: Bouchard si è sistemata in testa alla fila delle accusatrici, arrivando a definire Maria “un’imbrogliona che non dovrebbe più giocare a tennis“. Va da sé che queste dichiarazioni, rese pubbliche meno di due settimane prima del torneo di Madrid, hanno contribuito a caricare di significati la sfida disputata l’otto maggio. Che è stata, in tutto e per tutto, una resa dei conti.
IL PRE-PARTITA
Di ‘pre’ nel torneo di Madrid c’è ben poco, poiché l’incontro si è disputato in occasione del secondo turno. Entrambe si sono presentate alla Caja Mágica con ben pochi risultati positivi alle spalle: Maria per essere rientrata in campo soltanto una manciata di giorni prima, nel Premier di Stoccarda, Genie per aver disputato un solo buon torneo nel 2017 (l’International di Sydney a gennaio) e poi essere incappata in una serie di sei sconfitte consecutive nel circuito maggiore, intervallate dalla partecipazione all’ITF di Indian Harbour in cui la canadese è riuscita comunque a “distinguersi” archiviando una sconfitta (con bagel) dalla numero 896 del mondo.
A Madrid l’urna riserva loro un esordio insidioso. Sharapova batte in rimonta Lucic-Baroni, che avrebbe poi incontrato nuovamente a Roma arrendendosi per un infortunio che le avrebbe impedito di prendere parte alla stagione sull’erba. Bouchard supera Cornet in tre set per tornare a vincere un incontro dopo tre mesi di digiuno. Esordi insidiosi, dicevamo, ma non abbastanza da impedire la quinta edizione del ‘Bouchova‘, fino a quel momento una rivalità senza storia in virtù delle quattro affermazioni su quattro di Maria con un solo set perso, sulla terra del Roland Garros nel 2014. E quella era la miglior Bouchard di sempre.
LA PARTITA
E. Bouchard b. [WC] M. Sharapova 7-5 2-6 6-4 (2h e 51 m)
Start ore 20:15, sotto le stelle primaverili di Madrid, e appena al quinto punto dell’incontro Maria già manda un segnale importante alla sua avversaria tirando “alla figura” un passante di rovescio che poteva certamente essere giocato in modo meno bellicoso. Ma insomma, sarà una battaglia e lo si capisce sin da subito. Anche perché Genie è presentissima in campo: corre, lotta, tiene sul rovescio, si carica. Ma si carica alla sua maniera anche Maria, ad ogni pericolo scampato (e ce ne sono parecchi sul suo servizio un po’ ballerino).
I tre set si caratterizzano per una particolarità: nessun break nei primi cinque game, bailamme totale da quel momento in poi con il tasso di rottura dei servizi che si dimostra fuori scala per ogni rilevatore, pur tarato sugli standard parecchio alti del circuito WTA dove un break non è esattamente l’evento più inusuale in una partita di tennis. Alla fine però la gestione emozionale dell’incontro è più spesso nelle mani di Bouchard, e questa invece è una novità considerando la ferrea capacità di Sharapova di navigare in acque tempestose e uscirne sana e salva. La canadese è la prima ad andare sotto, la prima a rimontare, per poi chiudere in proprio favore la prima sequenza di break e contro-break. Nel secondo set Maria rimette le cose a posto, ma lungi dall’essere sparita dall’incontro Genie ritrova cuore e testa nel terzo e intensissimo parziale, non certo immune da capovolgimenti di fronte. Sul 5-4 (e servizio) annulla una palla break delicatissima a Maria e converte il secondo match-point con un dritto di notevole cilindrata. Dopo quasi tre ore di gioco esultanza con doppio salto, stretta di mano a un paio di gradi centigradi e post su Twitter di deliziosa sfrontatezza: “Che ne dite di questo?“.
PERCHÉ PROPRIO QUESTA?
L’unico Slam che fa la sua comparsa a maggio è un pezzettino di Roland Garros, che nei match disputati negli ultimi quattro giorni del mese non ha offerto uno spettacolo memorabile (per la verità neanche dopo, missili di Ostapenko e Halep-Pliskova a parte). Bouchard-Sharapova è stato non solo il match più significativo del mese, ma probabilmente anche il più avvincente. La qualità in campo è stata superiore alle aspettative, considerando l’affrontarsi di due giocatrici, sebbene diverse, comunque piuttosto monotematiche nel loro piano di gioco. Duole notificare l’edizione non memorabile degli Internazionali d’Italia femminili, vinti dalla regina dei Premier 5 Elina Svitolina (3/5 nel 2017). Se oltre alle polemiche sullo stadio mezzo vuoto nella finale contro Halep uno dei pochi motivi di interesse è stata una conferenza della sempre apprezzabile Jelena Jankovic, beh, forse si poteva fare meglio.