L’amministratore delegato dell’ATP Chris Kermode, ex direttore del torneo Queen’s di Londra ed ex (piuttosto modesto) tennista professionista, ha rilasciato un’intervista a Sky Sport in Gran Bretagna, incentrata sul calendario del circuito ATP e sulla questione infortuni che ha tenuto banco in una stagione che ha visto ai box per periodi più o meno lunghi Djokovic, Murray, Wawrinka, Raonic e Nishikori.
“Credo che sia stato l’anno più strano mai visto nel circuito, e credo che la ragione vada ricercata nella pianificazione del tour fatta qualche anno fa, prima che arrivassi. È stato messo su un sistema che consente ai giocatori più anziani delle esenzioni da certi Master 1000, per cui se rispondono a tre differenti insiemi di criteri possono giocare tre Master 1000 in meno degli altri. Il risultato è stato quello voluto: far sì che i giocatori giocassero più a lungo. Però quello che non avevano previsto era come i giocatori con l’avanzare dell’età, chiaramente, diventino sempre più proni agli infortuni. Questo è il primo anno in cui abbiamo avuto un numero così consistente di giocatori di alto profilo infortunati. Se guardiamo ai dati però, gli infortuni nel circuito sono in calo del 6%.”
“Stiamo continuando a monitorare la situazione, e ora abbiamo varie equipe mediche che analizzano una mole importante di dati per capire cosa causi gli infortuni: è colpa di una mancata educazione giovanile agli infortuni e allo stretching? Si tratta del cambio di palle tra superfici diverse? O sono le superfici stesse il problema?. La maggior parte dei giocatori sostiene che il problema risieda nel cambio frequente di superfici. Potrebbe quindi magari passare la teoria per cui se si giocasse sempre sul cemento allora gli infortuni calerebbero, contrariamente alla diffusa credenza che il cemento sia la superficie più dannosa per le articolazioni. Ma in quel caso verremmo criticati perché il gioco diventerebbe troppo omogeneo e non ci sarebbero stili e velocità differenti. È un constante esercizio di equilibrismo.”
“Non credo comunque che nel circuito si stia stabilendo una cultura basata su quello che fa Roger, ossia di lunghi periodi di pausa. Lo si può fare solo se si ha 36 anni e si raggiungono finali Slam che ti permettono di restare nelle prime posizioni della classifica. Tolti pochi eletti, gli altri hanno bisogno di giocare per far punti.”
Kermode ha poi chiuso parlando del calendario del circuito e della possibilità di nuovi tornei in Africa (possibile, ma difficile da inserire), di aggiungere un 1000 (ipotesi bocciata) e dell’espansione in nuovi mercati (una priorità, ma da gestire in maniera cauta).
“Al momento stiamo analizzando l’intero circuito. Abbiamo 62 eventi in giro per il mondo, in un calendario compatto e intenso. C’è una domanda enorme, in varie regioni, di Master 1000, ATP 500 e 250, forse fin troppa rispetto a quello che possiamo umanamente offrire. Per me la chiave è nel trovare un equilibro nella natura globale del tennis, senza essere ossessionati dal rincorrere i soldi. Se lo facessimo finiremmo per concentrarci troppo in certe aree del mondo, perdendo la vocazione globale dello sport. Abbiamo bisogno di proteggere le solide basi europee e americane, continuando comunque ad esplorare nuovi mercati. L’Africa è sicuramente un continente che possiamo tenere in considerazione: un tempo avevamo tornei a Cape Town e Johannesburg. Possiamo portarli indietro? Sicuramente mi piacerebbe, ma dobbiamo capire dove potrebbero essere collocati.”
“Nell’ultimo incontro abbiamo parlato anche della possibilità di aggiungere un nuovo 1000 al calendario, ma la proposta non mi trova d’accordo. La ragione per cui i 1000 funzionano è perché i giocatori si impegnano a giocarli, e ce ne sono relativamente pochi per un periodo di tempo limitato. È difficile aggiungere un’altra settimana di quel livello ad un calendario così fitto. Se lo facessimo, con la conseguenza che poi i giocatori si ritirerebbero dal torneo per infortuni, non faremmo una gran figura. Credo che 9 sia il numero perfetto per i 1000.