Non tutti i tornei sono in crisi, per quanto le notizie dell’off season possano lasciar pensare il contrario. Tra i tornei di piccolo e medio taglio, nonostante il momento di difficoltà, c’è ancora chi guarda avanti, puntando a obiettivi sempre più prestigiosi. Stiamo parlando dell’ATP 500 di Rio de Janeiro, che da simbolo del decadente swing sudamericano ora sogna addirittura l’upgrade a Master 1000, il primo nella storia del (mezzo) continente. Si tratta di un sogno tutt’altro che campato in aria, perché le basi sarebbero state ampiamente programmate.
Il primo e più importante dei passi consisterebbe nel cambio di superficie, con il passaggio dalla terra rossa a un cemento più in linea con quel periodo dell’anno tennistico, utilizzando gli impianti tennistici costruiti per i Giochi Olimpici del 2016. Attualmente il l’ATP 500 di Rio si gioca dal 19 al 25 febbraio, in concomitanza con i 250 di Marsiglia e Delray Beach, entrambe competizioni giocate sul duro e facenti parte della preparazione al cemento americano di marzo. Anche per questo il torneo carioca fatica sempre di più a inserire nel proprio roster i migliori giocatori: “Abbiamo cercato di avere Juan Martin del Potro” ha confessato il direttore del torneo Luiz Carvalho, “ma ci ha fatto sapere che non ci sarà perché in quel momento della stagione giocherà sul cemento. Ci ha assicurato però che se dovesse cambiare la superficie nel 2019 ci sarà per certo”. L’obiettivo è quello, con buona pace della parentesi terraiola d’inverno che riceverebbe un colpo forse definitivo.
Negli ultimi giorni il presidente dell’ATP Chris Kermode ha però ribadito che il numero dei Masters 1000 non aumenterà. Perciò, per trovare il proprio posto al livello superiore, oltre agli upgrade di livello tecnico ed economico necessari la seconda città più popolata del Brasile avrà anche bisogno della sparizione di uno degli attuali nove tornei da mille punti. Il candidato migliore in questo senso sembra essere Miami, che in poche ore è passato dall’annuncio della nuova sede (lo stadio dei Dolphins) al rischio di trasloco, se non peggio: “Miami ha una grande tradizione” ha aggiunto Carvalho, “noi da parte nostra siamo concentrati solo su noi stessi, su come far crescere il nostro torneo con atleti e strutture migliori”. Nell’attesa dei mors tua, vita mea l’Open di Rio sembra aver scelto intanto di sopravvivere imitando Acapulco, reinventatosi nel 2014 con un successo addirittura superiore alle aspettative. Servirà a farsi trovare pronto, nel caso in cui arrivi un’occasione irripetibile.