Sarebbe venuto spontaneo chiamarlo un 2017 complicato, quello di Bernard Tomic: la forma fisica e mentale in declino, il ranking che sprofondava fin fuori dalle prime 150 posizioni, Tennis Australia che stufa di tendergli la mano a vuoto passava a occuparsi di suoi connazionali appena un briciolo più seri. Il dubbio era però che all’ormai venticinquenne di Stoccarda non importasse un fico secco di tutto ciò. Alle tante frasi raccolte negli anni sul suo scarso interesse verso questo sport – “Gioco per fare più soldi che posso” ammise candidamente dodici mesi fa – e sulla sua poca voglia di affrontare nel modo sportivamente giusto gli eventi, ultimamente, sembravano starsi aggiungendo i fatti.
Vistosi negato l’invito agli Australian Open dalla federazione di casa, Tomic non si era iscritto al play-off dicembrino per sudarsi la wild card insieme ad altri 15 connazionali (andata con merito ad Alex De Minaur). E la sua presenza nelle qualificazioni classiche era poi messa in ulteriore dubbio dalle voci che lo volevano partecipante a un reality show sulla falsa riga de L’isola dei famosi, con un appetitoso gettone di presenza di oltre un milione, con inizio previsto per il giorno della finale dello Slam. Invece “è completamente privo di senso” ha risposto il diretto interessato, raggiunto dai cronisti dello Herald Sun, “non ho idea di chi abbia potuto farsi venire in mente una roba simile”.
In effetti Tomic al mega-tabellone delle qualificazioni di Melbourne si è presentato, ottenendo anche un primo risultato convincente (6-1 6-3 al francese Millot) e dimostrando che di giocare a tennis per bene ha ancora intenzione, almeno fino a prova contraria o a salvadanaio riempito. Leggendo per intero l’intervista alla testata locale tuttavia, è evidente come tutto il resto del discorso rimanga validissimo: la situazione in cui il ragazzo si trova, che Lleyton Hewitt aveva definito assai preoccupante, non lo angoscia minimamente. “Non ho mai avuto bisogno dell’aiuto di Tennis Australia per ottenere nulla di quello che ho ottenuto in carriera” ha detto chiaro e tondo, “perciò per me non riceverlo adesso non è un gran problema”.
“Devo tornare a giocare con continuità e meglio di così, sarà la mia priorità per il 2018. Ho bisogno di incontri giocati”. In effetti le qualificazioni degli Australian Open potrebbero essere di aiuto per immagazzinare minuti in campo, visto che esclusa la sconfitta in due set contro Yoshihito Nishioka al Kooyong Classic l’ultimo incontro ufficiale di Tomic risale a un Challenger lo scorso novembre. Ad aggiungere buon auspicio viene il ricordo dell’ultima apparizione dell’australiano in un turno preliminare Slam, Wimbledon 2011, culminato nei quarti di finale nel tabellone principale che rimangono tuttora il suo miglior risultato in un torneo dei grandi quattro. Lui se la ricorda bene: “Lo tengo sempre a mente. So che se gioco il tennis giusto e faccio le cose giuste, arriveranno buoni momenti”.
Frasi che prese singolarmente sembrano uscire dalla bocca di qualcun altro, non certo da quella dell’ingestibile Bernie. L’apparente gusto per il paradosso però rimane, almeno nella sua valutazione dell’atroce 2017 che lo ha visto perdere ben 100 posizioni in classifica: “Per me è stato un buon anno, ci sono già passato. Un paio di anni prima sono stato numero 130 al mondo, un paio di anni dopo ero stato top 20. Per me non è una gran faccenda, devo soltanto trovare il mio giusto tempo. Ho ancora dieci anni di carriera davanti”. Forse il rapporto tra Bernard Tomic e il tennis si è finalmente aggiustato, o forse questa è soltanto una di quelle due volte al giorno in cui anche un orologio rotto segna l’ora giusta. Per scoprirlo basterà continuare a dare un’occhiata.