Che Rafa Nadal non sia al 100% non è un segreto. I problemi al ginocchio che lo avevano condizionato alla fine della scorsa stagione non sono ancora del tutto passati e perché passino del tutto servirà ancora molto tempo. Carlos Moya, da quest’anno head coach del pluricampione Slam, intervistato dal Direttore Ubaldo Scanagatta, si è detto tuttavia molto soddisfatto di come Rafa ha reagito al problema nei primi due turni: “Il gioco espresso è buono e comunque anche il ginocchio sta reagendo bene. Non siamo ancora al 100% e abbiamo bisogno di più tempo per lavorarci in maniera efficace, dobbiamo procedere passo dopo passo, in modo da non avere problemi per la stagione. Ovviamente non ha più 20 anni, ma vuole comunque migliorarsi per amore del tennis e sa che comunque gli Slam sono gli appuntamenti più importanti”. All’uscita del main draw si era palesata nel mondo mediatico una certa insofferenza dovuta ad un tabellone ritenuto troppo ‘semplice’ rispetto a quelli dei suoi diretti avversari, in primis Roger Federer. Interrogato a proposito Carlos Moya non si è sbilanciato, tenendo a sottolineare che, al di là di tutto quello che si può dire, “Rafa ha un enorme rispetto per tutti i suoi avversari. E anche se è cosciente di essere comunque il numero 1 del mondo, è molto umile da quel punto di vista. Sappiamo che in campo farà sempre di tutto pur di poter vincere. Ora lo attende Damir Dzumhur, ma non pensiamo troppo a chi ci troveremo davanti in futuro, pensiamo match dopo match”.
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Nel prosieguo dell’intervista sono state molteplici le domande inerenti anche il tipo di rapporto che c’è tra Moya e Nadal e lo zio Toni, che da quest’anno lascia il posto di primo allenatore proprio a Moya per potersi impegnare di più con l’Accademia di Rafa Nadal. A tal proposito Moya ha sostenuto che con Toni c’è comunque un rapporto, soprattutto se Rafa ha dei dubbi particolari allora si sentono per chiarirsi, ma in generale il rapporto non è quotidiano. Se poi c’è un aspetto sul quale i due si impegnano di più rispetto ad altri, Moya ha detto che “più che altro si tratta di un ‘brainstorming’ tra di noi, parliamo di tutto, dall’aspetto mentale a quello tecnico, senza tralasciare nulla. Ogni tanto introduciamo qualcosa di diverso”.
Curioso era anche capire come Carlos Moya ha vissuto il passaggio da giocatore professionista, ex numero 1 e vincitore Slam, a coach. Moya ha sostenuto che “non è stato facile all’inizio. La cosa più importante è capire che al centro dell’attenzione non ci sei più tu ma il giocatore, devi mettere da parte il tuo ego. Ho sempre cercato di dare ai miei giocatori dei consigli giusti ed efficaci, faccio del mio meglio. Certo a vent’anni, quando arrivai in finale qui a Melbourne nel 1997 non immaginavo che sarei diventato allenatore. A quell’età non stai troppo a pensare a quel che farai della tua vita, pensi solo a giocare a tennis. Ma effettivamente sono sempre stato vicino a questo mondo e a questo sport, ho un’Accademia, sono stato Capitano in Coppa Davis, poi ho lavorato con Milos Raonic ed ora lavoro con Rafa”.