È un Andreas Seppi loquace quello che si presenta alla conferenza stampa post sconfitta. È la quarta volta ormai che il suo cammino australiano si interrompe a questo punto, a un passo dai migliori otto. Andreas meriterebbe di giocare un quarto di finale Slam, non fosse altro per la consistenza mostrata in carriera: la stagione appena passata è stata la tredicesima consecutiva finita tra i 100, otto di queste tra i 50. Sei gli ottavi Slam, tre titoli su tre superfici diverse. Lo scorso anno, fra i più duri degli ultimi tredici anni, era iniziato bene, ancora con gli ottavi di finale a Melbourne. Allora finì con Stan Wawrinka in tre tiebreak. Questa volta i set sono stati quattro, ma l’avversario ancora troppo forte.
“Non credo di poter giocare molto meglio di quanto abbia fatto nei primi due set” ci racconta Andreas. “Forse il primo set sarebbe potuto durare di meno, forse avrei dovuto tenere il break preso nel secondo, o magari riuscire ad arrivare al tiebreak. Però davvero, non ho nulla da recriminare. Negli ultimi due set lui ha giocato meglio di me: serviva bene, prendeva bene gli angoli. Io ad inizio di terzo set, quando lui è scappato 3-0, ho perso un po’ di energia”.
Finita l’analisi della partita, Ubaldo gli domanda del futuro. Le primavere aumentano, sono 34 ora, e le motivazioni potrebbero calare. “Fisicamente adesso sto bene. Durante l’anno non è sempre facile tenere questa condizione al 100%. Ci sono chiaramente periodi in cui ti senti al top. Quando però mi sento in ordine so che il tennis c’è ancora” racconta Seppi, e sugli anni di carriera rimasti rassicura: “Faccio come Lorenzi, a Tokyo 2020 ci arrivo”.
E dopo il tennis? Come sarà la vita post-agonistica di Andreas? Per ora, l’unica cosa che pare certa, è che sarà lontana dall’Italia. Andreas andrà infatti a vivere, con la moglie Michela, tra le montagne del Colorado, dove ha acquistato una casa da 5 stanze e 5 bagni e dove ha intenzione di stabilirsi. “Non credo mi mancherà l’Italia. Certamente vedrò meno la mia famiglia e i miei amici, ma ogni tanto tornerò, a volte verranno loro. A chi mi vede in Italia ad allenare dico che non succederà. Dopo il ritiro vorrei fare qualcosa di nuovo, qualcosa per cui debba tirare fuori gli attributi e reinventarmi, per cui debba metterci impegno. Per fare il maestro o il coach non dovrei imparare nuove cose. È una porta che sarà sempre aperta. Quel che so è che da grande non viaggerò tanto. Se vuoi mettere su famiglia, del resto, fare l’allenatore o seguire qualcuno è impossibile”.
Infine, quando gli si domanda se nutra la speranza di essere rimpianto una volta appesa la racchetta la chiodo, Andreas è chiaro: “Una volta finito col in tennis, stica**i, non mi interessa avere riconoscimenti. Spero chiaramente che ci saranno dei giovani che faranno meglio di me, e che quindi non debba essere necessariamente rimpianto”.