Mi sarebbe piaciuto scrivere di una grande sorpresa italiana, e se Fognini avesse battuto Berdych lo sarebbe stata perché oggettivamente il ceco che è stato top-ten per una decina di anni, n.4 come best ranking e due volte in semifinale a Melbourne, ha un palmares e un tennis superiore soprattutto sul cemento, ma non è andata così. Fabio, gli va riconosciuto, ha lottato fino alla fine anche se non ho capito come mai abbia subito il break all’inizio di ciascun set. Distratto lui o troppo più bravo Berdych? Non credo Fabio lo abbia spiegato. Non aspettandomi dichiarazioni clamorose di sua parte ho preferito andare a incontrare le “leggende” del tennis per poter intervistare in quella stessa mezzora Ivanisevic, Hantuchova, Navratilova, Maioli, Santoro, Bahrami e altri.
Avevo scritto di ritenere l’approdo contemporaneo dei due tennisti italiani agli ottavi abbastanza fortuito – per i nomi e i ranking degli avversari battuti – e interessante storicamente solo per i 42 anni di quasi inesplicabile gap fra il 1976 e oggi. Ma chi ha la pazienza di leggermi sa che non mi ero fatto eccessive illusioni sulle prospettive di Fognini né su quelle di Seppi (per quanto queste ultime fossero meno impossibili). Così l’ultimo italiano capace di centrare i quarti qui (1991) rimane Cristiano Caratti, che seppe battere allora un Krajicek diciannovenne e ancora immaturo (l’olandese che cinque anni dopo avrebbe vinto Wimbledon era cresciuto 25 cm in pochi mesi e nei cambi di direzione era fortemente impacciato) prima di arrendersi al McEnroe junior, Patrick (10 anni più giovane di John). Ricordo bene però che McEnroe junior se ne uscì con la famosa battuta: “Beh che c’è di strano? In semifinale ci sono i soliti Becker,Lendl, Edberg e McEnroe!”. Caratti kid – così soprannominato da quel geniale inventore di soprannome che era il columnist del Boston Globe Bud Collins (suo anche il celeberrimo Pasta Kid per Paolo Bertolucci) – in quei primi mesi del ’91 fece risultati straordinari, a Key Biscayne, a Milano, battendo anche campioni come Ivan Lendl. Salì fino a n.26 del mondo grazie a una notevole agilità, a un eccellente rovescio che amava giocare quasi di controbalzo, sopperendo all’handicap di un’altezza modesta (1,75) e di un servizio incerto.
Fognini può essere soddisfatto della sua trasferta australiana: semifinale a Sydney, ottavi a Melbourne, può andare in Giappone per la Davis con un umore discreto. Infatti da n.25 dovrebbe salire a fine torneo a n.22 e a 111 punti dal ventesimo posto, il suo obiettivo dichiarato per il 2018. Raggiungerlo a breve significherebbe restare abbastanza tranquillo per il resto dell’anno. Lui e Seppi ormai restano qui, per partire venerdì alla volta del Sol Levante e del Giappone per il match del weekend 2-4 febbraio in Coppa Davis. Lorenzi, Bolelli e Fabbiano partiranno dall’Italia. Da quest’anno le squadre hanno cinque giocatori, non più 4, così i capitani possono convocare eventualmente tre singolaristi e due doppisti. Il Giappone non potrà contare su Nishikori. Italia leggermente favorita contro i vari Sugita, Daniel, Nishioka perché il punto del doppio (Bolelli-Fognini) sembra più azzurro che nipponico anche se i giapponesi hanno vinto un doppio al torneo di Tokyo, il Rakuten Open, con quel tennista neozelandese di origini irlandesi che hanno naturalizzato, Ben McLachlan e Yasutaka Uchiyama che batterono Jamie Murray e Bruno Soares, insomma una signora coppia.
Ma una volta precisato che le due sconfitte italiane non sono sorprese, e certo non lo è neppure la vittoria di Roger Federer sull’ungherese Marton Fucsovics che non aveva mai passato un turno in uno Slam, così come non lo è il fatto che Roger abbia centrato i quarti di finale per la quattordicesima volta, vorrei dire che sono sorpreso soltanto fino a un certo punto per la sconfitta di Novak Djokovic con Chung. Mi sorprende che abbia perso in tre set, questo sì, visto che qua oltre a vincere sei volte il torneo non gli era mai successo da 2007, quando aveva 19 anni. Chung aveva domato entrambi i fratelli Zverev (geniale il nostro Davide Orioli nel definirlo “giustizverev” nel suo straordinario bagel) e insomma uno che dà 6-0 al quinto a Sascha Zverev i numeri ce li ha di sicuro. Tuttavia i bookmaker pagavano una sua vittoria a 4 e mezzo. Insomma consideravano fortemente favorito Djokovic anche se Nole non aveva troppo impressionato contro Ramos Vinolas.
La vera sorpresa semmai è trovare nei quarti contro Chung n.58 del mondo – e due anni fa era n.51, ma ha avuto un sacco di infortuni – il n.97, un americano del Tennessee che si era fatto notare per aver approfittato della condizione incerta di Stan Wawrinka ma ancor più per quel nome di battesimo inconsueto: Tennys (Sandgren). Ne verrà fuori un semifinalista assolutamente… outsider. Super-inatteso. Anche se Chung da noi si era fatto conoscere per aver vinto il torneo Next-Gen a Milano. Chung ha impressionato per la straordinaria agilità. Sembra fatto di gomma. E quel lettore che ha ironizzato spiritosamente in un post “Djokovic stasera ha scoperto cosa significava tre anni fa giocare contro… un Djokovic”, ha ragione perché davvero il tennis di Chung ricorda da vicino quello del suo idolo.
Chung ha avuto problemi fisici per due anni, però li ha superati alla grande, a giudicare da come si muove adesso. E’ capace di riprendere tutto e di più. Ha giocato dei passanti incrociati di dritto in corsa assolutamente spettacolari e straordinari. Anche se Nole ha detto di aver sentito nuovamente male al gomito, e perciò di avere servito male, la verità è che ha perso scambi di oltre 20 palleggi, quindi quando l’incidenza del servizio era certamente sfumata. Dubbi sul suo futuro sussistono. Non come quelli per Murray, ma quasi. Il miope ragazzone coreano che gioca con gli occhiali bianchi e parla un inglese molto stentato, pratica nel suo Paese (70 milioni di abitanti fra Nord e Sud) il quinto sport per popolarità, dopo football, basket, volleyball, e ora – nell’imminenza delle Olimpiadi – il pattinaggio su ghiaccio. “Il tennis è quinto ma magari stasera guadagnerà qualche posizione” ci ha detto sorridendo Hyeon che, però, sul complesso discorso delle due Coree unite dallo sport ha preferito glissare. “Non parla abbastanza bene l’inglese” ha spiegato il media p.r. dell’Atp. Di Chung ho scritto qualcosa a Milano, di Sandgren invece proprio nulla.
Sandgren ha sorpreso in cinque set Thiem – sotto gli occhi della Mladenovic – dimostrandosi bello solido di testa perché aveva avuto match point nel quarto set… eppure al quinto ha giocato come se l’avesse dimenticato. Mi dicono i colleghi americani di conoscerlo pochissimo. Ma che si sarebbe distinto per prese di posizioni di estrema destra, molto più a destra di Isner e Querrey. Mi dovete scusare ma sono troppo stanco per documentarmi maggiormente sul suo conto. Magari lo farà qualcuno della redazione italiana… mi auguro.
Fra le donne ha rischiato grosso la Kerber con la Hsieh, mentre ha dominato Halep su Osaka. Stanotte mi intriga il match Nadal-Cilic, anche se non è detto che Dimitrov faccia una passeggiata contro Edmund.
Mi chiedo, nel vedere nei quarti dell’Aus Open Chung e Edmund che cosa passi per la testa a Gianluigi Quinzi: nel 2013 lui batté senza perdere un set Edmund in semifinale e Chung in finale. E loro due sono nei quarti. In quel torneo c’erano anche Zverev, Kyrgios, Coric e Kokkinakis. Oggi Quinzi è n.334 del mondo e si starà mordendo le dita. Che peccato. L’ultima volta che Novak aveva perso tre set a zero qui era stato nel 2007. Il ragazzo coreano che aveva vinto il torneo Next Gen a Milano ha detto: “Novak era il mio idolo… ho cercato di copiarlo”. In Oriente quando si tratta di copiare sono dei veri fenomeni.