[13] S. Stephens b. [WC] V. Azarenka 3-6 6-2 6-1 (dal nostro inviato a Miami)
Semifinale fra la ormai recuperata al grande tennis Viktoria Azarenka (28 anni, 186 WTA) e Sloane Stephens (25 anni, 12 WTA). La classifica ovviamente bugiarda della bielorussa le consente comunque di stabilire un record assoluto: è la giocatrice con ranking più basso che si sia mai qualificata per le semifinali qui a Miami. I precedenti sono tre vittorie a una per Vika, prima che diventasse mamma, tutte all’Australian Open (2013, 2014, 2015), e tutte nette, in due set, ma l’ultima affermazione a Indian Wells due settimane fa di Sloane è stata anch’essa piuttosto agevole (6-2 7-5). E a Crandon park, una brutta giornata sia dal punto di vista mentale che fisico di Azarenka consente a Stephens di centrare la prima finale in un torneo di questa categoria.
Super-aggressivo l’avvio di Vika, che approfittando anche di una Sloane un po’ fallosa, si porta sul 3-0 con due break di vantaggio. Ma anche nel momento il cui il punteggio le stadando ragione, dalla tribuna non ci sembra di vedere la giocatrice quasi impeccabile dei match precedenti, sono diverse le scelte tattiche discutibili, come per esempio alcune palle corte mal pensate e peggio eseguite. Infatti, non appena Stephens aggiusta un attimo il tiro, e sale con le percentuali, si rimette in carreggiata, si riprende i due break concessi, e siamo 3-3. Le ragazze rimangono in ogni caso abbastanza tese e contratte tutte e due, ne sono la prova, oltre ai gratuiti da fondo di Vika, un servizio che Sloane si tira letteralmente sui piedi, e una volée a campo aperto che le vola via a causa del polso spezzato e del braccio rigido. Ne consegue un altro break per Azarenka, che sale 4-3. Non una partita memorabile finora, onestamente. La bielorussa, tra un errore suo e uno di Stephens, piazza una bella combinazione in attacco chiusa da volée e smash, allunga sul 5-3, e poi brekka per la quarta volta su cinque una Sloane francamente sottotono, di nuovo fallosissima come all’inizio, 6-3 per lei, con meriti e demeriti equamente distribuiti. “Non metto dentro un servizio che sia uno!“, si lamenta Stephens con coach Kamau Murray, e in effetti ne ha ben donde.
Il quinto break subìto, su sei turni di servizio giocati, che manda Azarenka avanti 2-0 nel secondo set, è una statistica impietosa per Sloane (oltre a un terribile 31% di punti con la prima, e 38% con la seconda). Per fortuna della statunitense anche Vika non è un esempio di consistenza, alterna buone accelerazioni a gratuiti banali, perde a sua volta la battuta nel terzo game, poi Stephens riesce a tenere un servizio, e siamo 2-2. Altro break, stavolta in favore di Sloane, ormai non ha più molto senso contarli, per entrambe oggi il servizio è una rimessa in gioco e non costituisce un vantaggio, anzi. Il secondo game di battuta consecutivo tenuto da Stephens, grazie a un paio di risposte inguardabili di Azarenka, è praticamente un’impresa in questo difficile pomeriggio, e le consegna un vantaggio significativo, un 4-2 che inevitabilmente diventa 5-2 con il break puntualmente regalato da Vika (siamo a 5 break pari ora, e tre servizi tenuti per ciascuna) con errori davvero inspiegabili. Nella gara al ribasso di qualità tecnica che sta diventando il match, l’inerzia ora è dalla parte della statunitense, che riesce a chiudere 6-2, con un parziale quindi di 6-0, e il bello è che non ha dovuto fare nulla se non metterne in campo due di fila, nemmeno tutte le volte. Speriamo che almeno nel terzo set la partita diventi meno spezzettata.
Le mani sul viso di Vika, dopo una volée facilissima sparata fuori di metri, accompagnano il “facepalm” collettivo dell’intero stadio, il buon dritto di Sloane le dà il sesto break e il settimo game consecutivo, 1-0. In effetti ora Stephens è salita, nel senso che sta facendo il suo onesto gioco di contenimento e contrattacco, è Vika che per ora sta avendo una giornata tremenda praticamente in ogni aspetto del suo tennis. La racchetta senza marchio di Vika, con paintjob nero (dall’ovale mi pare una Wilson), rischia grosso un paio di volte, e sinceramente si può ben comprendere la frustrazione della bielorussa. Azarenka ogni tanto si piega per fare stretching, ma dal modo in cui si muove non sembra ci sia un problema fisico, forse un lieve indurimento muscolare, chissà. Nel frattempo, siamo al 3-0 per Sloane, 9 game di fila, che tre errori di Vika dopo diventano 10, ormai siamo anche oltre la proverbiale “rottura prolungata”, Azarenka con la testa è già in doccia da un’ora, e adesso sembra veramente sofferente anche negli spostamenti, a occhio dovrebbe essere un inizio di crampi. Il 6-1 che si concretizza pochi minuti dopo pone fine alle sofferenze sportive di mamma Vika, che può comunque essere contenta del torneo disputato. Per Sloane prima finale Premier mandatory, ingresso in top-10, una settimana memorabile finora, in attesa di affrontare Jelena Ostapenko.
“Devo solo continuare a giocare, essere più in forma-partita, in forma-torneo“, spiega Azarenka a fine match. “Non sentivo bene la palla, poi ho iniziato ad avere un piccolo fastidio a un flessore, non riuscivo a piegarmi come volevo, ma alla fine le opportunità le ho avute e le ho sprecate, lei ha meritato, è stata colpa mia. Adesso devo tornare a L0s Angeles, e vediamo cosa succederà, quando avrò novità sulla questione dell’affidamento, ve lo farò sapere. Non so dirvi altro riguardo alla mia programmazione futura, ma certamente non giocherò a livello ITF, con tutto il rispetto, l’ho già fatto e ora basta. Certo, ritengo, e l’ho detto alla riunione dell’associazione giocatori, che ci vorrebbe un periodo più lungo per tutelare le tenniste al rientro dopo una maternità“.
“All’inizio non è andata bene“, racconta Stephens, “sapevo che mi avrebbe messo in difficoltà, se arrivi in semifinale è ovvio che stai giocando bene, quello che è successo la scorsa settimana non conta. Ma sapevo che rimanendo lì, lottando, avrei avuto le mie opportunità. Certo, mi rendevo conto di stare sbagliando molto, ma non mi sembrava di aver giocato in modo così terribile, non sentivo di non essere nel match. Così sono rimasta concentrata, e le occasioni sono arrivate. Danielle Collins? Trovo che sia una storia fantastica. Ci ho giocato da under 14, ho saputo che è stata l’unica a laurearsi nella sua famiglia. L’educazione è importantissima, trovo sia bellissimo che una ragazza che arriva dai campionati di college riesca a fare bene sul tour. Sono super-felice per lei“.