COPPA DAVIS, QUARTI DI FINALE
SPAGNA-GERMANIA 1-1 (dal nostro inviato a Valencia)
Se il tennis è una lotta all’ultimo sangue tra due avversari, uno soltanto dei quali può uscirne “vivo”, quale posto migliore di una Plaza de Toros? L’arena di Valencia, una sorta di piccolo Colosseo ancora oggi utilizzato per il rito millenario della corrida, si copre di stendardi giallorossi e di gigantografie dei migliori tennisti iberici per accogliere il quarto di finale di Coppa Davis tra Spagna e Germania. Una cornice incredibilmente suggestiva che restituisce Valencia al tennis, e viceversa, dopo la scomparsa del torneo ATP nel 2015.
Di gran lunga il più appetitoso dei quattro grandi tie del weekend (in campo due top 5 e un ranking medio dei convocati ben al di sopra della quarantesima posizione), il diciassettesimo confronto tra due nazionali plurititolate è anche uno splendido spot a favore della Davis formato classico. Quell’anello di mattoni al centro della città, con i suoi seggiolini in legno e le sue ringhiere in ferro battuto, non potrebbe mai ospitare un evento più esteso – altri campi non ce ne sono né possono essere ricavati, e lo spazio è talmente esiguo che l’intero apparato logistico per gli addetti ai lavori risiede in un palazzo a trecento metri e due semafori di distanza – ed è un peccato rendersi conto che le necessità delle final four richiederanno impianti tanto più attrezzati quando omologati.
Pensiamo ai vivi finché ci sono, in ogni caso. E i tamburi, i campanacci e le enormi bandiere “España”, che si placano soltanto durante l’inno nazionale, dimostrano che ci sono almeno ottomila tori ancora da matare, tra qui e l’ultima vera Davis.
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— Copa Davis (@CopaDavis) April 5, 2018
A. Zverev (GER) b. D. Ferrer (SPA) 6-4 6-2 6-2
Per i tedeschi era l’unica vera possibilità di arrivare quantomeno a domenica, e Alexander Zverev non li ha delusi. La voglia di rivalsa per la sconfitta in finale a Miami è stata più forte del cambio di superficie, delle dieci ore di volo e delle sei di jet lag – “Mi sveglio ogni giorno a mezzogiorno e mezza, l’incontro è alle undici, sarà interessante” aveva detto nella giornata di giovedì. Svegliato alle nove dal cane dopo che madre, compagni di squadra e capitan Kohlmann avevano tutti fallito nell’intento, il numero quattro del mondo ha ramazzato via il povero David Ferrer, superandolo in ogni area del gioco e lasciandogli appena otto giochi nei tre set dell’incontro inaugurale.
L’infiammazione al pollice della mano destra riscontrata a Pablo Carreño Busta dopo l’allenamento di mercoledì ha rimescolato le carte nel team Spagna, spingendo l’esubero David Ferrer verso la promozione a secondo singolarista. La speranza era che l’aria di casa – Javea, città natale dell’ex finalista al Roland Garros, è parte della comunità autonoma valenciana – potesse rivitalizzare le vecchie ossa del povero “Ferru”. Niente da fare: il match dura appena meno di due ore, e i pochi boati del pubblico per qualche lungo scambio vinto dal migliore scudiero del tennis iberico non mascherano le difficoltà a tutto tondo di quest’ultimo, deluso al limite del senso di colpa in conferenza stampa.
Breakkato a zero in avvio di match e mai in grado di difendere un turno di servizio per gli interi secondo e terzo set (5/15 sulle proprie palle break e percentuali di rendimento terribili), Ferrer ha provato a rimanere in scia ma non si è mai trovato in grado di farlo. Il meglio che rimane del suo match sono paradossalmente le sortite a rete dei primi game, quando già si era reso conto di star correndo da solo: Zverev ha dettato il gioco di dritto e di rovescio, rimanendo quasi fermo con i piedi, e ha avuto la pazienza di attendere sempre il momento giusto per fare male lungolinea o in contropiede, sovvertendo un pronostico non incoraggiante fatto da lui stesso nell’ultima conferenza a Key Biscayne.
Almeno finché l’incontro ha avuto un pattern riconoscibile. Perché poi, nonostante un ritmo preso quasi subito, nella baruffa di contro-break che ha portato alla conclusione sono emersi difettucci – indipendenti dalla superficie, come Zverev stesso ha ammesso in conferenza stampa. Che non hanno inficiato la terza vittoria su tre in stagione contro Ferrer ma che tra due giorni, molto probabilmente, il “boss finale” Nadal non perdonerà. Intanto però il primo punto è incassato.
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Rafael Nadal (SPA) b. Philipp Kohlschreiber (GER) 6-2 6-2 6-3
Non scopriremo mai quale fosse il piano originale di capitan Sergi Bruguera, ma la defezione di Carreño Busta ha tolto paradossalmente qualche castagna dal fuoco a lui, capitano del team iberico, e all’organizzazione che nelle ultime giornate aveva spinto inevitabilmente molto sulla convocazione di Rafael Nadal. La possibilità di farlo scendere in campo in singolare si è di fatto tramutata in necessità e lui si è fatto trovare pronto, scalpitante dopo un mese di assenza forzata per i problemi al ginocchio destro e al muscolo ileopsas.
Per l’intero primo rubber ha incitato Ferrer a gran voce balzando in piedi più volte, come se volesse già entrare a sbranare la terra rossa così invitante, ma la sua natura non è quella di guardare gli altri dalla panchina. A incrementare in un competitor estremo come Nadal la volontà di testarsi subito in partita, sulla distanza e sul terreno a lui preferiti, sono stati senza dubbio il fattore campo e un avversario abbordabile come Philipp Kohlschreiber, come da pronostico battuto con ampio scarto. Si tratta della quindicesima volta su sedici confronti tra il 2002 e oggi, il giorno di un 6-2 6-2 6-3 reso appena meno rotondo da un ace molto contestato ad annullare il primo match point.
Una grandinata di dritti vincenti, ventotto sui suoi trenta totali messi a segno nelle due ore e mezza dell’arena, segnalano oltre a un livello di gioco già ben al di sopra della soglia della sufficienza anche una iniziale parsimonia negli spostamenti: quando ha potuto, sulle palle leggere del tedesco, Nadal ha preferito giocare di braccio piuttosto che di gambe. La gente di Valencia ha apprezzato. Ad ognuno dei colpi arrotati che valeva il “quindici”, usciti dalla nuova Babolat Pure Aero gialla e arancione confezionatagli per celebrare la tripla decima della scorsa stagione, la reazione della folla si poteva sentire chiaramente a un paio di isolati di distanza.
Anche tanti errori, da una parte e dall’altra, ma con il successo che pareggia i conti al termine della prima giornata di gare Nadal garantisce a Valencia almeno un incontro domenicale. Non solo, stabilisce un altro piccolo record di cui non terrà conto (se è vero come dice che neppure si era accorto d’essere tornato numero 1 ATP all’inizio della settimana): il ventitreesimo tie di Coppa Davis vinto consecutivamente tra singolare e doppio, con il quale stacca Wayne Ferreira e l’irlandese Owen Casey. L’ultima sconfitta è roba da almanacco, risale a un doppio in Slovacchia al fianco di Albert Costa nel 2005.
“Non ho provato alcun dolore durante l’incontro” ha ripetuto più volte nel post-partita e perciò, vada come vada il doppio di domani, la sfida potenzialmente decisiva tra i numeri uno dei due team non sembra essere a rischio. E allora dopo uno Slam lasciato a metà e due Masters 1000 passati a casa, finalmente la stagione di Rafa Nadal può avere inizio per davvero. Finisce il tempo delle lacrime, inizia quello del sudore e del sangue. Tutti avvisati, Zverev per primo.
🇪🇸1️⃣🆚1️⃣🇩🇪
🙌 @RafaelNadal #DavisCup pic.twitter.com/nONCiC1zVw— Davis Cup (@DavisCup) April 6, 2018