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Matteo Berrettini ha vinto il suo primo match in carriera in un torneo dello Slam. È un anno di prime volte, finora: solo una settimana fa coglieva il suo primo successo in un Masters 1000, nella sua Roma, prima di arrendersi contro Sascha Zverev poi finalista. A seguirlo c’è il suo primo tifoso e maestro, il papà: “Pensare che giravamo i tornei in camper…”
Un po’ sudato ma soddisfatto. Sofferto il primo set?
Matteo è partito un po’ contratto, veniva dalla partita sul Centrale di Roma contro Zverev. Poi si è sciolto e ha giocato meglio, ha servito bene e colpito bene con il dritto. Soprattutto è rimasto lì con la testa. È andato abbastanza tranquillo, ha letto meglio la risposta, tatticamente è stato intelligente.
Tu giocavi a tennis?
Gioco ancora, sono 3.2 da over 55. Giochicchio, ma mi diverto, è una passione da sempre.
Hai sempre creduto che tuo figlio potesse diventare professionista?
Da sempre è stato importante che si divertissero (anche il fratello Jacopo sta iniziando un percorso da professionista, ndr). Quando erano piccoli li portavamo in giro per tornei in camper, certo la speranza c’è sempre stata. Ma l’importante è sempre stato che fossero ragazzi a modo al di fuori del campo.
Che sacrifici sono necessari per poter far crescere un ragazzo nel tennis?
Abbastanza. Abbiamo cercato di farlo anche risparmiando, come dicevo prima affittavamo un camper e giravamo ITF o Under 14. Lo abbiamo sempre fatto con passione, anche con mia moglie, dividendoci magari quando avevano impegni diversi. Adesso sono autonomi e ce li godiamo da spettatori.
E da un punto di vista economico?
Si comincia a girare per tornei già a 8-10 anni, e a quell’età non ci sono premi in denaro. Esistono dei rimorsi spese nel giro degli ITF, Under 14 o Under 16, ma sono minimi e per averli devi essere trai migliori. Credo che 30.000/40.000 euro l’anno siano necessari.
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