I PRECEDENTI – Prima di iniziare questo Roland Garros, Simona Halep non sapeva nemmeno se sarebbe rimasta o meno numero 1, un peso che si è tolta dopo la semifinale vinta contro Muguruza. Rimane adesso il macigno più grande, quello che si porta dietro dal 2014 quando disputò, e perse contro Sharapova, la sua prima finale al Roland Garros. La rumena ci tiene in maniera a dir poco speciale allo Slam parigino: è stato infatti difficile per lei digerire la bruciante sconfitta rimediata lo scorso anno contro Ostapenko, ma grazie alla sua caparbietà è riuscita a concedersi un’altra chance dodici mesi dopo. Dall’altra parte della rete troverà Sloane Stephens, una tennista che ha già battuto cinque volte su sette precedenti, compresi i due sulla terra datati 2012 e 2014 (quest’ultimo proprio a Parigi). Riguardo a confronti diretti, l’aspetto più rilevante è che le ultime sfide risalgono all’estate dello scorso anno, periodo magico per la statunitense numero 10 del ranking. Sia a Washington che a Cincinnati Halep ha dominato nettamente la sua avversaria proprio quando quest’ultima, al rientro dall’infortunio, stava giocando il miglior tennis della sua carriera, quello che l’avrebbe portata da lì a poco a trionfare agli US Open. E anche questo è un fatto da non trascurare: Stephens il fardello della vittoria Slam se lo è tolto alla prima occasione utile e giocare senza questa pressione, nonostante la terra non sia congeniale al suo gioco, è certamente un piccolo vantaggio.
THE ROAD SO FAR – Come detto Halep è alla sua quarta finale di un torneo Slam (oltre alle due di Parigi, si aggiunge quella di quest’anno in Australia, persa contro Wozniacki). Prima di lei solo tre tenniste nell’Era Open sono state in grado di vincere uno Slam dopo tre sconfitte in finale: Kim Clijsters ci riuscì nel 2005 a New York, Jana Novotna nel 1998 a Wimbledon, mentre Chris Evert lo fece nel 1974 proprio a Parigi. Il successo della numero 1 del mondo sarebbe inoltre il secondo per il tennis femminile romeno dopo la vittoria di Virginia Ruzici nel 1978… proprio a Parigi. Insomma le ricorrenze storiche non mancano affatto, ma Simona se l’è dovuta sudare questa finale sin dal primo turno contro Alison Riske, che l’ha obbligata ad un terzo set. Le cose si erano messe male anche contro l’ex numero 1 Kerber, che nei quarti l’ha costretta a giocare per 2 ore e 14 minuti. In totale Halep è rimasta in campo quasi nove ore, ottanta minuti in più rispetto a Stephens, la quale invece ha perso solo un set (al terzo turno) lungo il cammino per la finale. A strapparglielo è stata Camila Giorgi, che nel parziale decisivo per due volte ha servito per il match, ma la statunitense, concedendo davvero pochissimo, è riuscita ad agguantare la vittoria proprio grazie al limitatissimo numero di errori gratuiti – cosa decisamente insolita per un match femminile. E come spesso accade in queste situazioni, camminare ad un passo dal baratro e riuscire a salvarsi infonde una quantità di coraggio e grinta inaspettata, che si è riversata in maniera evidente nei turni successivi: nei tre match prima della finale ha concesso solo 14 game ad avversarie di tutto rispetto come Kontaveit, Kasatkina e Keys.
L’ASPETTO MENTALE – Dando una sbirciata anche alle quote dei bookmakers, tutto lascia intendere che la favorita sia la numero 1 del mondo. Se in passato il suo tallone d’Achille era stato l’aspetto mentale, la vittoria contro Kerber, ma soprattutto quella in semifinale contro Muguruza, hanno messo in mostra notevoli passi in avanti su quel fronte. Il suo coach Darren Cahill si è concentrato molto su questo aspetto, conoscendo ormai bene l’emotività della sua allieva. Per quanto riguarda Stephens invece, aver trovato così tanta facilità nei turni precedenti la finale potrebbe anche ritorcersele contro, perché ora dovrà prestare particolare attenzione all’uscita dai blocchi, dato che si troverà di fronte un’avversaria carica al massimo, reduce da due partite che le hanno dato tanta fiducia.
HALEP: “NON SENTO LA PRESSIONE” – “Dodici mesi dopo, provo le stesse sensazioni. La stessa gioia. È un momento speciale. Centrare due finali di seguito in questo torneo, che come sapete è il mio preferito, significa molto per me. Qui mi sento a casa. Rispetto allo scorso anno però, mi sento diversa perché ho più esperienza. Sono più rilassata. Tutto quello che mi aspetto dalla partita è che io dia il massimo in campo, poi vedremo cosa accadrà. Speriamo possa andare diversamente questa volta. Stephens è una grande giocatrice, quello che ha fatto lo scorso anno è fantastico. È una tennista molto potente, ma io so cosa dovrò fare. La pressione? No, non la sento. Sento che sarà una grande sfida, e una grande opportunità. Credo nelle mie possibilità, e penso di avere il gioco necessario per vincere questa partita”.
STEPHENS: “IL SEGRETO È LA TRANQUILLITÀ” – “Io vado sempre giorno per giorno, momento dopo momento. E cerco di non mettermi troppa pressione addosso. Questo è il modo più semplice di competere, non devi pensare a troppe cose. Una finale è sempre un momento speciale, molto importante. Sono felice di esserci. Voglio godermela. Quando sei in fiducia, puoi fare qualsiasi cosa. Ma io credo che la cosa più importante sia rimanere calma, rilassata, stabile, ed evitare di andare nel panico, perché tutto ciò ti consente di superare gli ostacoli, i momenti difficili che puoi trovarti ad affrontare sul campo e che non pensavi potessero arrivare. Rimanere calma è la cosa più importante per me. Sono davvero felice dei risultati che ho raggiunto dopo essere stata ferma per undici mesi. Dietro c’è stato tanto lavoro, ma anche difficoltà, molti alti e bassi. E tante emozioni… Ho vissuto molte cose, ma adesso credo di essere maturata e ho imparato a riconoscere le opportunità quando si presentano“.